Il Movimento Cinque Stelle ha rappresentato una sorta di tsunami per la politica italiana. È stato un potente collettore della protesta, dell’insoddisfazione, della ribellione contro la ‘casta’. Già la Lega Nord a suo tempo e poi, con maggiore successo e capillarità, Forza Italia, riuscirono a raccogliere in parte la voglia di ‘nuovo’ e di rinnovamento radicale della classe politica del nostro paese. Ma, con i suoi ‘vaffa’, Grillo è stato, più di molti altri, capace di creare un vero Movimento al suo seguito. Che ha ricordato, per certi versi, l’‘Uomo Qualunque’ ai tempi del suo maggiore successo.
Solo che, come molti osservatori hanno sottolineato, una cosa è stare all’opposizione, lanciando in continuazione slogan di protesta, un’altra è, con tutta evidenza, assumere responsabilità di governo. Quest’ultimo passo è stato esiziale per i grillini. Perché, dopo un periodo iniziale, ha in parte trasformato anch’essi, almeno agli occhi di molti dei loro seguaci, in una nuova sorta di ‘casta’. E, di fronte alla necessità di prendere scelte e decisioni, ha inevitabilmente fatto emergere le molteplici contraddizioni interne delle base del Movimento, in cui convivono i più diversi e spesso contraddittori orientamenti, legati solo da un generico sentimento di protesta e di disaffezione.
È da questi ed altri elementi che nasce il declino dei consensi verso il M5S che si è manifestato in questi ultimi mesi. Dopo il grande successo alle elezioni politiche del 2008, una volta ottenute (almeno in parte) le leve del potere, i grillini hanno visto progressivamente erodersi il loro seguito elettorale, sia nei sondaggi, sia in varie elezioni locali (l’Umbria in primo luogo). Ciò che ha ulteriormente accentuato le rivalità e i conflitti interni (la vicenda della recente consultazione di Rousseau ne è una prova lampante) è la messa in discussione del loro capo politico Di Maio.
Sembra un declino inarrestabile. Tanto che sono in diversi a sostenere che questi mesi rappresentano in realtà l’inizio della fine per il M5S. Ma i grillini sono realmente sulla via del tramonto? Naturalmente, nessuno può prevedere con esattezza il futuro. E si sono viste in passato ‘rimonte’ di forze politiche date già per sconfitte per sempre.
Oggi, tuttavia, secondo gran parte degli italiani, il M5S è davvero finito. Il 54% (di un campione rappresentativo dell’elettorato, interrogato da Eumetra MR nei giorni scorsi per conto della trasmissione Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro su Rete4) non ha dubbi al riguardo. Il 29% ritiene invece che i grillini supereranno la crisi, mentre il 17% (vale a dire quasi uno su cinque) resta in dubbio al riguardo.
Anche se il 54% costituisce la maggioranza, si tratta ‘solo’ di poco di più della metà dell’elettorato. E gli altri? Per quali motivi ritengono che il M5S possa risalire la china attuale? Per capirlo è utile esaminare brevemente la natura sociale e politica dei rispondenti alle diverse opzioni.
Sono meno propensi a ritenere che il M5S possa risalire la china attuale i residenti al Sud e le persone con più bassi titoli di studio. Che sono le caratteristiche prevalenti dell’elettorato grillino. Ciò viene confermato anche dalla distribuzione secondo l’intenzione di voto. Tanto che, tra chi dichiara di optare ancora per il M5S, solo il 9% ne prevede la prossima fine. Il che mostra l’esistenza di un diffuso attaccamento al partito tra i (residui) votanti per il M5S. Mentre tra gli elettori delle altre forze politiche si registra il dato opposto: la grandissima parte dei votanti per Forza Italia o (ancor più) per la Lega o FdI prevede un rapido declino dei grillini.
Nella base elettorale del Pd si registra una situazione intermedia. È vero che il 57% dei democratici prevede la fine prossima del M5S. Ma è vero anche che è tra costoro che si rilevano accentuazioni relativamente maggiori di chi ritiene il contrario e, specialmente, si manifesta la gran parte delle risposte dubbiose, dei ‘non so’,
Il fatto è che una parte non irrilevante della base (e anche dei vertici) del Pd vede i grillini come una sorta di ‘cugini’, una specie di costola che condivide in parte obiettivi e strategie e con la quale è auspicabile un’alleanza. Cosi come una quota consistente di grillini (compreso probabilmente Grillo, ma non Di Maio) individua il M5S come l’alleato ‘naturale’. E spera quindi che sopravviva alla crisi attuale, magari integrandosi, in un futuro, con lo stesso Pd.
In definitiva, se, come abbiamo visto, la maggioranza degli elettori preconizza (e in parte auspica) la fine prossima dei M5S, permane una quota significativa di elettorato che ipotizza (e, ancora una volta, auspica) lo scenario opposto e che è costituita sostanzialmente dagli stessi elettori grillini e da una parte dei votanti per il Pd, alla ricerca di una collaborazione ancora più solida.
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