[Introduzione da «Paradoxa» 3/2018, Scuola e Digitale, a cura di Adriano Fabris. Qui la prima parte].
Ciò che fa problema, in altre parole, non è solo il fatto che si debbano insegnare le competenze necessarie per muoversi nei vari mondi digitali. È piuttosto il fatto che l’apprendimento di tali competenze sembra destinato a soppiantare quello delle conoscenze e dei contenuti che venivano tradizionalmente insegnati. Il diffondersi delle tecnologie anche in ambito didattico modifica infatti radicalmente la funzione, il valore e lo stesso significato dei contenuti che vengono appresi: fino a far pensare che, nella misura in cui tali contenuti sono sempre disponibili in rete, la loro acquisizione e il loro apprendimento da parte degli studenti siano qualcosa di superfluo. Anche in questo caso, insomma, sembrerebbe che il ‘mezzo’ finisca per risolvere in sé il ‘messaggio’: tanto per parafrasare il famoso motto di McLuhan.
Su questo punto, però, bisogna essere chiari. La didattica che mira a uno sviluppo delle competenze non può comportare la rinuncia a una didattica sui contenuti. Tutt’altro. Implica semmai uno sforzo in più da parte di tutti, studenti e insegnanti, e l’apertura di un nuovo fronte educativo per cogliere e approfondire i contenuti stessi in maniera adeguata. Tutto ciò, d’altronde, è inevitabile. Nella società della conoscenza, come oggi si è venuta a delineare grazie al sempre più diffuso utilizzo delle tecnologie emergenti, la mera acquisizione di contenuti non basta più. Questi contenuti bisogna saperli trovare, bisogna saperli vagliare e rielaborare criticamente. Ecco ciò che deve insegnare la didattica che promuove uno sviluppo delle competenze. [Per saperne di più…]