Larghe frazioni dell’opinione pubblica occidentale, supportate – negli sfondi valoriali delle proprie ispirazioni di giudizio – dalla dottrina critica della cosiddetta esportazione della democrazia, sono venute allineandosi nella confortevole, inerte agevolezza del rifiuto delle ingerenze, quand’anche umanitarie, esperibili nei contesti lacerati di comunità nazionali ancora estranee alla pratica democratica.
Qualche riflessione su globalizzazione e meritocrazia
Occorre interrogarci sulla società italiana all’altezza del consueto bivio che separa i pensieri degli apocalittici dai sentieri degli integrati.
Sembra utile rimarcare, sul punto, il rilievo sociale e politico che viene assumendo – proprio sulla scorta dei fenomeni rappresentati – la specifica forma di fatalismo rinunciatario che affetta intere moltitudini di nostri connazionali dinanzi agli esiti di precarietà del globalismo economico ed al declino della società meritocratica.
Precarietà e declino che paiono costituire, in speculare simmetria, la scaturigine particolare di quel malinteso internazionalismo, impermeabile al sentimento della nazionalità, produttivo del – talora distratto, talaltra entusiasta – compiacimento borghese di fronte ai processi di affermazione del globalismo economico e della corporativizzazione della società.