Dagli anni di Tangentopoli, e per molto tempo, l’autorappresentazione prevalente nel nostro Paese, il racconto egemone di ciò che esso era o credeva di essere, ha avuto a che fare con la corruzione. I soggetti negativi, in questo discorso, erano evidentemente i protagonisti degli scandali che alimentavano (e alimentano) le cronache: funzionari pubblici, imprenditori, faccendieri, politici. La cosiddetta antipolitica non è altro, in fondo, che una versione di questa rappresentazione diffusa che attribuisce gran parte dei guai del Paese a una minoranza di corrotti, identificata più o meno in blocco con il ceto politico: spazzato via questo, è il sottinteso neppure troppo nascosto, tutto o quasi tornerebbe a posto.