Negli ultimi anni la educazione civica ha conosciuto un revival nel discorso pubblico, ciò che ha incluso l’approvazione di una legge, varata anche sulla spinta di una proposta di iniziativa popolare promossa dall’associazione dei comuni. Il tema è accattivante a sinistra come a destra, specialmente in un mondo in cui la forza dei legami sociali si è indebolita e la nostalgia per i tempi andati si fa sentire. Personalmente, tuttavia, ho molti dubbi sul modo in cui il tema viene trattato. E questo non perché, magari perché sono nato e vivo a Roma, mi è impossibile riconoscere nei comuni dei maestri di civismo; ma perché sull’argomento ho condotto una ricerca qualche mese fa e penso quindi di poter dire la mia con un aggancio con la realtà che, duole dirlo, spesso manca.
«Attività di interesse generale»: si poteva fare di più
Molti interventi, anche in questo spazio di discussione, hanno messo in rilievo gli aspetti positivi della riforma del terzo settore. Non contestando le valutazioni positive, ritengo opportuno mettere invece in evidenza quella che mi pare la principale criticità della legge.
Mi riferisco al mancato sviluppo di uno degli elementi di maggiore innovazione del testo della riforma, quello che definisce le organizzazioni di terzo settore, oltre che per i tradizionali requisiti formali, per il fatto di svolgere attività di interesse generale. Questo principio, contenuto nell’art. 1 del decreto legislativo del 2016, si ricollega direttamente al principio di sussidiarietà fissato nell’art. 118 della Costituzione, il quale riconosce il valore costituzionale alle attività di interesse generale portate avanti dai cittadini e non alle forme in cui ciò avviene. [Leggi di più…]