Da anni – o forse da sempre – la democrazia liberale è considerata un regime in crisi. Il suo essere plurale e aperta la rende facilmente bersaglio di interpretazioni critiche e di profezie nefaste circa la sua prossima fine. È tuttavia vero che esiste un malessere attuale, contemporaneo, delle democrazie occidentali. È prima di tutto una crisi di accountability: il gap tra le aspettative del demos e le risposte del kratos tende ad aumentare da diversi decenni. I sintomi di questo malessere sono numerosi. Nel mio volume recente (Demopatìa. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico, edito da Rubbettino), ne ho isolati alcuni: calo tendenziale della fiducia nei partiti, nei politici di professione e nelle istituzioni rappresentative; riduzione della partecipazione elettorale; aumento della volatilità elettorale; incremento del numero dei partiti; nascita e morte (politica) repentina di innumerevoli nuovi partiti; intensificazione dell’uso dei referendum ad hoc; riduzione della durata media in carica dei governi; diffusione di stile e atteggiamento populisti. Tutti questi sintomi indicano una democrazia indebolita (specie sul suo versante liberale), con un demos partecipe a intermittenza, apatico e perennemente insoddisfatto, sempre più spesso mosso da quelle che chiamo le tre ‘i’: istinti, istanti e immaginario. E che sostituisce il cosiddetto ‘voto di opinione’ con il ‘voto di impulso’, una quarta ‘i’. [Leggi di più…]