Come noto l’economia è stata spesso definita come la «triste scienza», proprio perché descriveva la fatica dell’uomo nell’ottenere le calorie giornaliere appena sufficienti per sopravvivere, tra lo Scilla del lavoro ed il Cariddi della pressione demografica. Il che non ha impedito alla ricchezza di essere distribuita in modo del tutto ineguale, secondo una legge di potenza, formulata per la prima volta nel 1896 da Pareto – per cui il 20% della popolazione possiede l’80% della ricchezza totale, ossia l’1% ne possiede il 40%. [Leggi di più…]
Sviluppo sostenibile e salvaguardia delle risorse naturali
L’Antropocene è definita come l’era dominata dall’uomo che con la sua azione ha modificato la biosfera. Era di indubbio successo economico a danno però della Natura. Una dominanza ben rappresentata dall’esplosione demografica della specie umana che è passata da 1, 6 miliardi di persone del 1900 ai 7,7 di oggi a, forse, quasi 11 a fine secolo. Ma questa prospettiva è sostenibile dalle risorse naturali? Senza scomodare la teoria di Malthus, l’esplosione demografica spinge a domandarci: siamo in troppi? L’impronta ecologica della produzione è già così forte che potrebbe farci credere che una transizione ecologica solo sia sufficiente. Anche se azzerassimo la produzione di CO2 si dovrebbero ancora affrontare enormi crisi ecologiche, dalla perdita della biodiversità alla deforestazione, dall’acidificazione degli oceani alla sovrappopolazione, dalla grave perturbazione del ciclo dell’azoto (e di altri cicli biogeochimici) alla concentrazione di ozono nell’atmosfera. La correlazione tra crescita della popolazione mondiale e sfruttamento delle risorse naturali non può essere più trascurata. [Leggi di più…]
Lavoro e transizione ecologica: spunti dalla pandemia
In gradi diversi tutti siamo soggetti al disagio psicologico provocato da questi periodi di quarantena. La pandemia Covid-19 ha portato lutti e disastri economici, ma anche elementi positivi. Si sono abbassati i reati contro le persone ed il patrimonio, alcune attività illecite si sono quasi azzerate e la produzione di beni superflui – come i nani da giardino – si è contratta, e perfino l’EU si è svegliata con il recovery fund.
Nella primavera scorsa abbiamo sperimentato il telelavoro e visto che le nostre strade ed il mare si sono popolati di animali, dai delfini, ai cinghiali, dalle meduse alle anatre. I fiumi, poi, non hanno più quel colore marrone a cui eravamo ormai abituati, ma sono tornati ad un azzurro che solo i più anziani e i daltonici gravi sostenevano di aver visto. Più in generale, si è assistito ad una notevole riduzione del tasso di inquinamento. Quasi a confermare quello che in realtà già si conosceva, che cioè la produzione spesso avviene a spese della Natura, cioè di noi stessi. [Leggi di più…]
Sviluppo sostenibile: un’illusione?
La sostenibilità – qualsiasi cosa voglia dire – gode oggi di grande popolarità. C’è chi vuole inserirla in Costituzione, chi spera che risvegli le coscienze e contribuisca a mutare, tramite anche le scelte dei consumatori, il modo di produzione, chi crede – i più scettici – che sia solo una moda temporanea.
Il riferimento d’obbligo è il Rapporto Brundtland del 1987 che definisce come sostenibile quello sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità di quelli delle generazioni future. E qui sorgono già 3 ordini di problemi.
Se tuo figlio lavora a Sydney, la colpa non è di quell’africano che raccoglie verdure per pochi euro
Quando le cose vanno male ci isoliamo per paura di perdere ciò che abbiamo. Ma – come nell’ideogramma cinese – la parola crisi è composta da due parti: pericolo ed opportunità. Questo non è il momento di chiudere porti e frontiere, semmai è quello di aprire il cervello e guardare al futuro.
Secondo il Rapporto OCSE sulle migrazioni, il ‘pericolo’ che corre l’Italia oggi non è quello degli immigrati, quanto dei nostri giovani che si vedono costretti ad emigrare e ipotecano negativamente il futuro. Le tabelle OCSE sono assai ricche e forniscono dati spesso contrari al comune sentire con meno migranti arrivati in Italia via mare (-34%), nuovi permessi di soggiorno (-4%) e immigrati disoccupati (-1%), mentre aumentato i richiedenti asilo, nel biennio 2016-2017. Ma, nello stesso periodo, gli italiani che hanno sono andati a studiare o a lavorare all’estero sono aumentati dell’11 per cento e ammontano ufficiosamente tra le 125mila e le 300mila persone. Altre fonti confermano per le Marche un andamento simile, mentre le analisi della Banca d’Italia «documentano che nell’ultimo decennio l’incidenza dei laureati sulla popolazione è salita in linea con la media del Paese, riflettendo la crescente propensione a intraprendere e completare gli studi universitari; la domanda di lavoro delle imprese, però, si connota per la ricerca di livelli di capitale umano meno elevati rispetto alla media dell’EU». Cioè non c’è lavoro e i nostri giovani devono emigrare, magari rifiutando un lavoro in nero in qualche campo di pomodori a ben 5€ l’ora. Proprio vero: gli immigrati ci rubano il lavoro! [Leggi di più…]
Isole nell’arcipelago
Nei periodi di crisi emerge – quasi istintivamente – la voglia di isolarsi dagli altri, sia per gli individui che per gli Stati. Ci si chiude per non essere contagiati dalle debolezze altrui, per il timore che i diversi ci rubino le nostre, seppur precarie, posizioni di raggiunto benessere e spesso per la paura del nuovo. Si ha bisogno di soluzioni nuove per evitare di riproporre quelle stesse politiche che ci hanno condotto nella crisi sperando che ora ce ne tirino fuori. La storia pullula di casi simili ed anche oggi – con la crisi scoppiata 10 anni fa e non ancora risolta – si ripropone. Ma la storia non è mai uguale e anche stavolta è diversa e semmai più preoccupante. Siamo oggi infatti in presenza di 2 fattori in azione congiunta: la globalizzazione e la quarta rivoluzione industriale. Stavolta è però differente perché c’è tensione tra il protezionismo che rafforza le spinte – protezioniste in economia – verso gli stati nazionali e la necessità del loro superamento dettato dalla necessità di redistribuzione del reddito e dall’ecologia, per via del cambiamento climatico indotto dall’attività dell’uomo (e di cui le migrazioni sono solo una conseguenza e un epifenomeno). [Leggi di più…]