La pandemia di Covid 19 che ha coinvolto – nonostante molti commenti di stampo provinciale in Italia – il mondo intero, ci sta ricacciando in una situazione di grave crisi dopo la breve illusione che fosse in fase di esaurimento. Quando scrivo «il mondo intero» intendo dire proprio tutti, incluse le nazioni che avevano trionfalmente proclamato la fine di questa nuova pestilenza.
Covid e successo delle tesi anti-scientifiche
Qual è oggi il ruolo della filosofia della scienza nel più vasto panorama della filosofia contemporanea? Non v’è dubbio che la risposta a una simile domanda sarebbe stata assai più facile qualche decennio orsono rispetto ai nostri giorni. Se infatti i neopositivisti logici avevano idee ben chiare sia per quanto concerne i rapporti tra scienza e filosofia, sia a proposito del compito che la filosofia della scienza (intesa come tipica filosofia di) è chiamata a svolgere nei confronti della filosofia senza ulteriori specificazioni, oggi il declino neopositivista e la parallela affermazione dei vari tipi di epistemologia post-empirista hanno sostanzialmente cambiato le carte in tavola.
Sovranità digitale
Per quanto l’espressione possa suonare strana, nel mondo si sta rapidamente diffondendo il concetto di ‘sovranità digitale’. Ciò significa che una nazione ribadisce il proprio diritto di controllare totalmente l’accesso dei suoi cittadini al web.
Ancora una volta l’antesignana di questa politica è la Repubblica Popolare Cinese. Dopo un periodo di relativa rilassatezza, seguita alle riforme economiche di Deng Xiaoping, a partire dal primo decennio degli anni Duemila il Partito comunista si è trovato ad affrontare la vastità della Rete.
Come tutti sanno, si tratta di uno spazio virtuale che è, in teoria, privo di confini e di limiti. I cittadini di qualsiasi nazione possono accedervi liberamente, ovviamente se possiedono gli strumenti per farlo. [Per saperne di più…]
La scienza incerta 2 – A proposito di Covid 19
Hanno destato molte polemiche le affermazioni di alcuni esponenti del mondo politico, i quali chiedono alla comunità scientifica di fornire certezze inconfutabili circa il modo più efficace di affrontare la pandemia dovuta al coronavirus. La richiesta è poi stata ripetuta, in modo ancora più deciso, da numerosi conduttori degli innumerevoli talk show televisivi che in questo periodo si occupano dei danni causati dal virus. Nessuna meraviglia, giacché politici e conduttori televisivi hanno, della scienza, una visione molto simile a quella dell’uomo della strada. Si pensa, in altri termini, che la scienza stessa costituisca il paradigma del sapere e, in quanto tale, sia in grado di fornirci in tempi rapidissimi – hic et nunc – soluzioni definitive ogni volta che problemi gravi colpiscono l’umanità. [Per saperne di più…]
La scienza incerta
«Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata. Per trasformare lo scafo della loro nave essi fanno uso di travi alla deriva assieme a travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose. Questo è il destino degli scienziati».
La metafora ha grande potere suggestivo ed è di Otto Neurath, economista e sociologo che fu, negli anni ’20 del secolo scorso, uno dei fondatori del Circolo di Vienna. Tale Circolo fu la fucina del neopositivismo logico, e cioè di quella corrente di pensiero che considera la riflessione sul metodo scientifico il compito principale – per non dire l’unico – della filosofia.
Carl Schmitt e i limiti della democrazia
Assistere alle mattane dell’indecente dibattito politico italiano e leggere al contempo – del tutto fortuitamente – alcuni scritti di Carl Schmitt può causare una sorta di ‘cortocircuito mentale’. Me ne sono accorto alcune sere fa quando, dopo aver visto l’ennesimo comizio travestito da talk show, con scene da trattoria di quart’ordine, sparate di ogni tipo e battute da caserma, ho incrociato alcune frasi del grande filosofo del diritto e della politica tedesco.
L’attenzione per Schmitt, nonostante la sua adesione al nazismo, non è mai venuta meno tra politologi, filosofi e giuristi. Troppo geniale e innovativo il suo pensiero per permettersi il lusso di trascurarlo. Né si sono fatti irretire dal paradigma del ‘politically correct’ parecchi intellettuali di sinistra che gli hanno dedicato articoli e libri, mettendone in luce l’assoluta originalità.
Liberalismo e utopia
Si può certamente ammettere che lo scopo ultimo della ricerca (scientifica e non) è il raggiungimento della verità. Ma, naturalmente, noi sappiamo che ‘tendere’ alla verità non significa raggiungerla. William James, infatti, afferma che il ‘vero assoluto’ è soltanto il limite ideale verso cui noi crediamo che le nostre teorie stiano attualmente convergendo, il che comporta attribuire alle verità da esse identificate un carattere semplicemente relativo. Questo significa che la verità è «qualcosa di essenzialmente legato al modo con cui un momento della nostra esperienza può condurci verso altri momenti a cui sarà valsa la pena di essere condotti».
Considerazioni di questo tipo costituiscono in effetti le premesse necessarie per adottare una visione fallibilista e ipotetica dell’idea di ‘utopia’. Come accade nella scienza, anche nella vita quotidiana ipotesi e congetture sono lo sfondo sempre incerto e mutevole a partire dal quale si sviluppano le nostre azioni, e la dimensione del possibile rappresenta la chiave che ci consente di intrattenere un rapporto con la realtà circostante. La razionalità, più che in termini di assolutezza, va vista come la capacità di capire come gli eventi potrebbero essersi svolti nel passato – o potrebbero svolgersi nel futuro – in conseguenza del nostro privilegiare un certo comportamento piuttosto che un altro.