Hanno destato molte polemiche le affermazioni di alcuni esponenti del mondo politico, i quali chiedono alla comunità scientifica di fornire certezze inconfutabili circa il modo più efficace di affrontare la pandemia dovuta al coronavirus. La richiesta è poi stata ripetuta, in modo ancora più deciso, da numerosi conduttori degli innumerevoli talk show televisivi che in questo periodo si occupano dei danni causati dal virus. Nessuna meraviglia, giacché politici e conduttori televisivi hanno, della scienza, una visione molto simile a quella dell’uomo della strada. Si pensa, in altri termini, che la scienza stessa costituisca il paradigma del sapere e, in quanto tale, sia in grado di fornirci in tempi rapidissimi – hic et nunc – soluzioni definitive ogni volta che problemi gravi colpiscono l’umanità. [Per saperne di più…]
La scienza incerta
«Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare a una più affusolata. Per trasformare lo scafo della loro nave essi fanno uso di travi alla deriva assieme a travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose. Questo è il destino degli scienziati».
La metafora ha grande potere suggestivo ed è di Otto Neurath, economista e sociologo che fu, negli anni ’20 del secolo scorso, uno dei fondatori del Circolo di Vienna. Tale Circolo fu la fucina del neopositivismo logico, e cioè di quella corrente di pensiero che considera la riflessione sul metodo scientifico il compito principale – per non dire l’unico – della filosofia.
Carl Schmitt e i limiti della democrazia
Assistere alle mattane dell’indecente dibattito politico italiano e leggere al contempo – del tutto fortuitamente – alcuni scritti di Carl Schmitt può causare una sorta di ‘cortocircuito mentale’. Me ne sono accorto alcune sere fa quando, dopo aver visto l’ennesimo comizio travestito da talk show, con scene da trattoria di quart’ordine, sparate di ogni tipo e battute da caserma, ho incrociato alcune frasi del grande filosofo del diritto e della politica tedesco.
L’attenzione per Schmitt, nonostante la sua adesione al nazismo, non è mai venuta meno tra politologi, filosofi e giuristi. Troppo geniale e innovativo il suo pensiero per permettersi il lusso di trascurarlo. Né si sono fatti irretire dal paradigma del ‘politically correct’ parecchi intellettuali di sinistra che gli hanno dedicato articoli e libri, mettendone in luce l’assoluta originalità.
Liberalismo e utopia
Si può certamente ammettere che lo scopo ultimo della ricerca (scientifica e non) è il raggiungimento della verità. Ma, naturalmente, noi sappiamo che ‘tendere’ alla verità non significa raggiungerla. William James, infatti, afferma che il ‘vero assoluto’ è soltanto il limite ideale verso cui noi crediamo che le nostre teorie stiano attualmente convergendo, il che comporta attribuire alle verità da esse identificate un carattere semplicemente relativo. Questo significa che la verità è «qualcosa di essenzialmente legato al modo con cui un momento della nostra esperienza può condurci verso altri momenti a cui sarà valsa la pena di essere condotti».
Considerazioni di questo tipo costituiscono in effetti le premesse necessarie per adottare una visione fallibilista e ipotetica dell’idea di ‘utopia’. Come accade nella scienza, anche nella vita quotidiana ipotesi e congetture sono lo sfondo sempre incerto e mutevole a partire dal quale si sviluppano le nostre azioni, e la dimensione del possibile rappresenta la chiave che ci consente di intrattenere un rapporto con la realtà circostante. La razionalità, più che in termini di assolutezza, va vista come la capacità di capire come gli eventi potrebbero essersi svolti nel passato – o potrebbero svolgersi nel futuro – in conseguenza del nostro privilegiare un certo comportamento piuttosto che un altro.
Patti sulla scienza e apprendisti stregoni
Ha suscitato molto scalpore il fatto che Beppe Grillo abbia firmato, in compagnia di Matteo Renzi e altri, un «Patto trasversale» in cui viene accolta e promossa la fondamentale distinzione tra scienza da un lato e pseudo-scienza dall’altro. Sorpresa e scalpore sono naturalmente dovuti al fatto che, con tale mossa, il comico genovese ha in pratica rovesciato le sue precedenti posizioni.
Questa volta, infatti, ammette che la scienza è un valore poiché fornisce conoscenze affidabili sul mondo. Tali conoscenze, inoltre, ci consentono di conseguire vantaggi e di evitare pericoli, anche se non sempre ci riescono in modo pieno.
Sembrerebbe, questo, un ritorno al semplice buon senso e nulla più. Eppure la notizia è deflagrata con molto rumore, come se le parole sopra riportate fossero indice di una grande scoperta. È dunque lecito chiedersi perché ciò accada. [Per saperne di più…]
Il metodo scientifico è l’unico antidoto per le bufale mediatiche
Uno dei maggiori insegnamenti dell’epistemologia popperiana è che, nella scienza, occorre sempre essere aperti alla possibilità che le proprie tesi vengano falsificate. Esiste la verità ma occorre anche rendersi conto che essa va conquistata con fatica e, soprattutto, che la pretesa di averla raggiunta una volta per tutte è un’illusione, come del resto dimostra la storia della scienza stessa.
Sulla base di tali premesse alcuni filosofi della scienza del ’900 hanno affermato che il ‘metodo scientifico’ non esiste, nel senso che il processo della scoperta si svolgerebbe con procedure per lo più irrazionali o, addirittura, ‘anarchiche’ come sostenne Paul Feyerabend.
Intendiamoci, lo stesso Popper è in parte responsabile di questi esiti, giacché fu proprio lui, pur tra molti tentennamenti, a ipotizzare l’inesistenza del metodo scientifico. Eppure anche il suo falsificazionismo è un metodo, che egli intendeva contrapporre al verificazionismo del neopositivismo logico. Tuttavia alcuni suoi allievi trassero dal suo insegnamento conseguenze estreme. È il caso di Kuhn, dello stesso Feyerabend e di molti altri. [Per saperne di più…]
La diffusione di un clima anti-scientifico
È un dato di fatto che, nel corso degli ultimi decenni, siamo passati dalla fiducia pressoché illimitata nelle conquiste della scienza a un clima generalizzato di diffidenza e di sospetto, che spesso si traduce in veri e propri atteggiamenti anti-scientifici. A una fiducia totale nelle capacità e nelle scoperte della scienza, si è insomma sostituito un atteggiamento di diffidenza più o mena aperta, che porta a prendere in considerazione soltanto gli aspetti negativi dello sviluppo scientifico. A cosa si deve un simile mutamento di atteggiamento culturale?
Notiamo allora che per scientismo si intende quell’atteggiamento, tipico dei positivisti degli ultimi due secoli, secondo il quale soltanto in ambito scientifico si ottiene vera conoscenza, mentre tutti gli altri campi del sapere umano debbono appunto assumere la scienza quale punto di riferimento imprescindibile. L’anti-scienza, viceversa, è riconducibile all’atteggiamento per cui il progresso scientifico viene considerato come minaccia sia a una corretta organizzazione della società, sia a uno sviluppo armonico – e, quindi, non unilaterale – dell’individuo. [Per saperne di più…]