Non importa spendere molte parole per mostrare come l’avvio di questo terzo decennio di XXI secolo non stia dando segnali incoraggianti nel mondo relativamente ai diritti delle donne. Basti accennare a come siano state e siano soprattutto le donne a subire i più duri contraccolpi economico-sociali innescati dalla pandemia Covid 19. Un pietoso velo di silenzio poi su quanto succede in Afghanistan, a partire dall’agosto 2021 con la restaurazione del regime dei Talebani, nella continua escalation di negazione dei più elementari diritti civili delle donne, della possibilità che possano ricevere una istruzione e di brutali violenze nei loro confronti.
Pensare a Pasolini
Il 5 marzo 1922 nasceva a Bologna Pier Paolo Pasolini. Numerose sono le iniziative che a livello nazionale e internazionale, già a partire dallo scorso anno, sono state, sono e si apprestano a essere messe in campo nel corso di tutto il 2022 per ricordare il centenario della nascita di uno dei più grandi esponenti della cultura italiana del Novecento. Immaginando per un momento qualcuno che incontri per la prima volta il nome di Pasolini, sicuramente avrebbe difficoltà a capire immediatamente (anche sulla base del semplice, esterno richiamo ai titoli dei convegni e delle iniziative in suo ricordo) a quale specifico settore della cultura egli sia ascrivibile.
La grande illusione dal passato al presente (e le macerie della politica)
The Great Illusion (1910), di Normann Angell, rappresenta senza dubbio uno dei più grandi successi editoriali dei primi decenni del XX secolo. Tradotto in una ventina di lingue europee ed extraeuropee negli anni immediatamente successivi alla prima edizione, nel libro veniva dato spazio alle ragioni della assoluta antieconomicità per tutti di una eventuale guerra futura, in considerazione dell’incomparabile sviluppo e della forte interdipendenza economica e finanziaria che, a partire dall’ultimo scorcio del XIX secolo, vedeva ora come scenario il mondo intero. Occorreva inoltre considerare le deflagranti conseguenze a ogni livello di una guerra a causa della disponibilità di nuovi armamenti e mezzi di distruzione, del tutto incomparabili con qualsiasi epoca passata.
Quale ‘Buon Governo’ per l’Europa del futuro?
Dopo quasi sette secoli, l’affresco di Ambrogio Lorenzetti sulla Allegoria del Buon Governo del Palazzo pubblico di Siena conserva un incredibile fascino, non solo dal punto di vista della storia dell’arte (e dell’emozione che esso è stato ed è in grado di suscitare attraverso i secoli), ma anche per gli interrogativi che più prosaicamente pone a livello politico a qualche osservatore che voglia seguirne l’intento didascalico proiettandolo sul presente-futuro.
L’armonica idea, espressa magistralmente da Lorenzetti, della Sapienza che ispira la Giustizia (equanime dispensatrice di premi ma anche di duri castighi), a sua volta ispiratrice della Concordia fra i cittadini e della istituzione del buon governo della città politica, è andata definitivamente in frantumi? [Per saperne di più…]
L’eredità tradita di Roberto Ruffilli
In una giornata di primavera di trentatré anni fa, il 16 aprile 1988, le Brigate rosse assassinavano Roberto Ruffilli, Professore della Facoltà di Scienze politiche di Bologna, Senatore della Democrazia Cristiana e membro della Commissione parlamentare Bozzi per le riforme istituzionali.
Il comunicato dei terroristi in cui veniva rivendicata la sua uccisione, si apriva con affermazioni che ancora oggi fanno rabbrividire nella loro spietata lucidità. Vi si affermava di aver «giustiziato» Roberto Ruffilli in quanto «uno dei migliori quadri politici della DC, l’uomo chiave del rinnovamento» e di un progetto che aspirava ad aprire una nuova fase costituente e la riformulazione delle regole del gioco, nell’ambito di un processo di razionalizzazione dei poteri dello Stato. Inoltre, l’accusa delle accuse, che veniva posta in risalto dai suoi assassini, era quella secondo la quale Ruffilli aveva saputo «concretamente ricucire», intorno a questo progetto, «tutto l’arco delle forze politiche, comprese le opposizioni istituzionali». [Per saperne di più…]
Un «nuovo Rinascimento» dei diritti delle donne?
Da quando un ex Presidente del Consiglio e ora Senatore della Repubblica ha recentemente indicato l’Arabia Saudita come possibile culla e artefice di un «nuovo Rinascimento», quest’ultima espressione è divenuta assai in voga nel dibattito politico di casa nostra. Al di là delle voci critiche, che si sono levate da più parti sul fatto che si possa promuovere a nuovo faro di rinascita un regime che non è certo campione dello Stato di diritto e che, tanto per fare un esempio, nega alle donne i più elementari diritti civili e politici, penso che proprio il ruolo di totale subordinazione della donna in quel paese avrebbe dovuto far scattare, in un mondo ideale e civile, un moto unanime di indignazione da parte di tutte le donne e in primis di quelle donne che, indipendentemente dai loro schieramenti politici di appartenenza, siedono negli scranni parlamentari del nostro paese. [Per saperne di più…]
L’altro trasformismo: quello che immaginava le riforme
Nel bel mezzo della crisi politica in cui siamo precipitati (e che la maggioranza dei cittadini ritiene inspiegabile sotto il profilo della semplice ragionevolezza, nella temperie della pandemia e dei suoi drammatici contraccolpi economico-sociali) capita spesso di sentir risuonare l’anatema del trasformismo, quale atavico male italiano. Illustri commentatori politici e più o meno noti esponenti dei partiti, fanno a gara nel mettere alla berlina questo vizio, indicato quale vera e propria patologia del sistema politico italiano.
Qualche firma importante si preoccupa anche di spiegare, dalla tribuna dei vari media, che l’atto di nascita del trasformismo è da rintracciarsi fin dai primi decenni di vita dell’Italia liberale e specificamente nella politica inaugurata dal primo Presidente del Consiglio/leader della Sinistra storica, Agostino Depretis, a cavallo degli anni ottanta del XIX secolo. Da quel preciso momento prende dunque l’avvio quel duraturo, vero e proprio filo rosso della politica italiana, male endemico della stessa, sempre destinato a riemergere con forza, nelle sue nefaste conseguenze, particolarmente nei momenti di più grave crisi, dall’Italia liberale all’Italia repubblicana. [Per saperne di più…]