Da un anno a questa parte ricorrono con frequenza nel dibattito politico e culturale formule come ‘dittatura sanitaria’ o ‘sanitocrazia’, ‘totalitarismo soft’, ‘democrazia paternalistica’ e simili. Ricorre meno nelle parole dei politici, da quando è nato l’esecutivo guidato da Mario Draghi, perché partiti come Lega e Forza Italia hanno assunto responsabilità di governo e il principio di realtà. Continua tra opinionisti, commentatori e intellettuali, a destra come a sinistra. Si scomodano fascismo e comunismo, con cui dovrebbe far rima il brutto neologismo ‘lockdownismo’. È un uso distorto della storia.
Proprio questo primo mese di governo Draghi dovrebbe aver chiarito una volta per tutte un dato di fatto: da questa crisi pandemica si può uscire solo in un modo, seguendo un’unica via, che è obbligata per qualunque Paese, soprattutto se democrazia di medie o piccole dimensioni come l’Italia. Draghi è stato chiamato per sostituire Conte e il governo giallorosso al fine di realizzare un programma di breve periodo e concentrato su due urgenze: salute e lavoro.
Sin dal primo Consiglio dei ministri sono state precisate le priorità: riscrivere il Recovery Plan e definire le procedure di gestione dei fondi, strutturare un nuovo e più efficace piano vaccinale di massa, riapertura permanente delle scuole, la transizione ecologica «non in contrasto con l’urgenza di creare e difendere il lavoro» e, appunto, la ripresa economica e dell’occupazione.
Ebbene, con il decreto del 12 marzo 2021 anche il governo Draghi si è dovuto piegare all’Ananke del momento, ossia alla Necessità incontrovertibile, immodificabile, rappresentata da quell’evento imponderabile fino all’inizio del 2020, forse non ancora del tutto compreso e razionalmente elaborato, che si chiama Pandemia. Non è certo chiaro a tutta una schiera di sedicenti intellettuali, ma indiscutibili opinionisti, proprio perché innalzano quotidianamente la Doxa, la leggera e fragile opinione, al rango che non gli compete, ossia quello di Epistème, la pesante e infrangibile verità.
In altre parole, anche dal discorso con cui Draghi ha accompagnato il nuovo decreto legge contenente «disposizioni urgenti in materia di contenimento e prevenzione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19», in revisione della circolare di 6 giorni prima e del Dpcm del 2 marzo, si è capito una cosa, dura e puntuta come la roccia: finché non hai messo in sicurezza la salute, dunque la vita delle persone, non puoi avviare un serio, concreto, efficace ed efficiente piano di rilancio dell’economia, di tutte le attività produttive, dal settore industriale a quello dei servizi.
Un rilancio che è quanto mai urgente e necessario, senz’alcuna ombra di dubbio (in media annua, nel 2020 c’è stato un calo dell’occupazione «senza precedenti», dice l’Istat: -456 mila posti di lavoro, pari al -2,0%). Si trova però costretto a venir posticipato, avviato sempre e comunque dopo, e soltanto dopo, aver ridotto drasticamente la diffusione del virus, nonché trovato il modo di tener sotto controllo in modo stabile la sua contagiosità, impedendo che si verifichino nuove ondate. Dunque necessario sì, il rilancio, ma secondariamente. Purtroppo. È tragico.
Tema antico quello della necessità. Proprio la tragedia aveva nell’Ananke la vera protagonista. Essa è la forza precedente, sovrastante e sottostante alle divinità. Stante Ananke, le cose devono essere quel che devono essere. Niente e nessuno si può sottrarre al suo imperio. Dal febbraio 2020 l’Ananke del mondo si chiama Pandemia. In altre parole, tornando al nostro tema, comunque tu possa invertire l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Modifica pure la composizione della maggioranza politica al governo, avrai sempre un percorso obbligato: chiudere per ridurre le possibilità di contagio e abbassare il numero dei ricoverati, alleggerendo la pressione sulle strutture ospedaliere. Nel frattempo somministrare il maggior numero possibile di vaccini in modo da immunizzare la più parte della popolazione adulta. Stretta è la soglia e altrettanto la via.
Siamo immersi in una situazione che non ammette scorciatoie o inversioni di marcia, per cui chi entra al governo come ‘aperturista’ un attimo dopo si ritrova ‘rigorista’, adottando, anche suo malgrado, provvedimenti che contemplano la chiusura delle scuole, di attività ed esercizi commerciali, nonché misure restrittive rispetto alle libertà fondamentali di movimento, circolazione e associazione. Il problema è quello e non ammette molte soluzioni alternative, obbligando ad una sequenza di passaggi che hanno l’aspro sapore di una logica ferrea, drammaticamente stringente.
Sin dagli esordi si poteva intuire che la crisi pandemica avrebbe messo a nudo la diversa capacità organizzativa delle compagini statali, portando al pettine tutti i nodi accumulati nei decenni precedenti. Purtroppo, l’Italia ne aveva molti, troppi, e tutti lo sapevamo. Speravamo non capitasse mai una crisi di tale portata. È invece arrivata, dopo molti decenni fortunati e fortunosi.
Adesso tocca riparare le tante falle di una nave ridotta a colabrodo (vedi sistemi sanitari pubblici nazionali non più coordinati e definanziati; divario Nord-Sud; sistema produttivo troppo sbilanciato su un’economia di servizi; niente grande industria autoctona; ecc.; problemi che investono anche molti altri Stati europei: in tal senso si veda la questione di non avere un vaccino prodotto direttamente da aziende di Paesi Ue). Stiamo pagando inerzie e parassitismi di vario genere su cui ci siamo cullati (italiani, europei) per troppo tempo. Adesso è arrivato il conto. Va pagato, ahinoi.
Ci vuole serietà, tanta serietà. Severità e asciuttezza di pensiero e d’azione, corrispondenti alla serietà e severità imposte non di rado dall’esistenza umana, in sé drammatica e che talora si fa tragica, senza alternative, incastrata in un’unica e stretta via. A queste virtù richiamava Benedetto Croce. Di queste virtù (da vir, uomo nel senso di coraggioso, che eccelle e si distingue per la forza del carattere), di una machiavelliana virilità abbiamo un grande, urgente bisogno.
Franca F. dice
Analisi lucida e pienamente condivisibile.perfetta!