Se gli eventi di Capitol Hill mostrano qualcosa di inedito, lo fanno nel rivelare il livello estremo di contraddizione e tendenza all’isteria della contemporaneità. Sono convinto che da quei fatti non venga un reale pericolo per la democrazia, che non sia già compreso nel suo stesso DNA. Democrazia, così come la abbiamo accettata nella società occidentale, più o meno. In cui si verificano periodicamente manifestazioni e rivolte per i motivi più svariati e purtroppo anche nei modi più violenti. Cui fa fronte l’ordine costituito a difesa e garanzia, si suppone, del popolo. L’assedio o assalto, così i termini della comunicazione riescono a dare gloria anche alla imbecillità di qualche centinaio di facinorosi, ha certamente tra le sue cause una incredibile superficialità della sicurezza che dovrebbe tutelare il Campidoglio della più potente tra le democrazie occidentali. Qualcosa di meglio delle famose oche di una storia ormai antica.
I rivoltosi di Capitol Hill sono tutt’altro che dei rivoluzionari. La loro esistenza è consacrata dagli stessi che si scagliano sui social, gridando al disastro epocale perché magari la giornata è andata storta. Il grande problema è la inconsistenza del processo di opinione del nostro tempo. Frutto di una miscellanea eterogenea che privilegia il click, fondamento del mercato pubblicitario, per il quale si dice qualunque cosa e il suo contrario subito dopo.
Quelli di Capitol Hill sono esattamente la versione amplificata degli imbecilli social di Umberto Eco. Ad un certo punto allucinano di portare a termine il loro disegno da grandi uomini (nei loro deliri), cavalcando leitmotiv aberranti che in America non sono certo novità. Basta pensare a quanto florido è stato, ed è in parte ancora, una cosuccia come il Ku Klux Klan, associazione criminale di cui, nei fatti, è tollerata la esistenza.
Il trumpismo ha sicuramente rinforzato questa illusione, in modi neanche tanto occulti. I morti, i feriti, i danni ci sono stati. Ma per valutarne la scala di impatto dobbiamo riportarci a ciò che questo mix di suprematisti ariani vichinghi avevano in mente. Loro si sono immaginati una rivoluzione da ottobre inoltrato. Si sono immaginati di ribaltare l’America. È di tutta evidenza che la loro sollevazione non ha nulla a che vedere con un possibile golpe o similari. Ha più a che fare con un desiderio di devastazione generalizzato.
Ciò che ne è derivato in termini di danneggiamenti e vittime è in buona parte responsabilità di chi non lo ha saputo prevedere e prevenire. E non era certo impossibile. La reale dimensione storica di questa manifestazione paradossale è inversamente proporzionale alla volontà di contrasto che ha incontrato in quelle ore cruciali in cui era possibile prevedere che non sarebbe andato tutto liscio. I rivoltosi di Capitol Hill sono una massa di spostati pericolosi che in America sono ubiquitari e spesso armati fino ai denti, le cui stramberie sono state tollerate oltre il livello di piena. Ed è successo.
Una invasione di campo violenta, grottesca, che ha posto Washington sotto una luce tra il tragico e il ridicolo. Ma le analisi le faranno i politologi. A me interessa il vichingo formato Simpson. Jake Angeli, dal nome che sembra una parodia malriuscita dei più illustri criminali italoamericani anni venti, non è il nuovo Robespierre, vomitato da un mix di aberrazione social e una America profonda solo nell’ignoranza.
Non è l’eversivo naif e sovraeccitato che agita le istanze di una classe dimenticata dalla intellighenzia americana come il martello di Thor. Jake Angeli è un furbone. Conosce molto bene la logica dei social, la insipienza della comunicazione attuale che in apparenza condanna ma in realtà esalta. Un esempio è l’associazione della parola ‘sciamano’ a questa replica da baraccone di Bravehearth. Jake Angeli sapeva bene di non poter ribaltare alcunché, sapeva bene ciò che sarebbe seguito e sapeva bene che l’intruppamento, figlio del vuoto social e delle sue ‘leggende’, lo avrebbe eletto a personaggio del mese, facendogli la grazia della fama, interviste, articoli e quant’altro. A Jake Angeli basta e avanza.
La cosa che mi diverte è vedere fior di intellettuali che si scervellano nell’interpretare questo o quel gesto, questa o quella parola, magari anche i suoi tatuaggi di quart’ordine. Secondo me il vichingo in ecopelliccia se la ride bellamente, già satollo di una gloria cui mai avrebbe potuto aspirare se non per la debolezza endemica di una società contemporanea totalmente inadeguata. Società che è il vero, drammatico problema, come dimostra ogni giorno la gestione frastagliata all’esasperazione dell’emergenza Covid. Società che dalla sua labile bolla comunicativa denuncia una distanza abissale dalla realtà, che finisce per assumere le forme più aberranti per riprendersi il primato dell’azione, fosse anche quella dei figuranti di Capitol Hill.
Dino Cofrancesco dice
Dedicare un articolo a un idiota come Jake Angeli è un (malinconico) segno dei tempi. Il vero problema è capire perché una buona metà degli americani ha votato per Trump e non saranno certo le categorie del divertente terrorista ideologico Umberto Eco (quello dell’Ur-Faschismus) a farcelo capire.