Non importa spendere molte parole per mostrare come l’avvio di questo terzo decennio di XXI secolo non stia dando segnali incoraggianti nel mondo relativamente ai diritti delle donne. Basti accennare a come siano state e siano soprattutto le donne a subire i più duri contraccolpi economico-sociali innescati dalla pandemia Covid 19. Un pietoso velo di silenzio poi su quanto succede in Afghanistan, a partire dall’agosto 2021 con la restaurazione del regime dei Talebani, nella continua escalation di negazione dei più elementari diritti civili delle donne, della possibilità che possano ricevere una istruzione e di brutali violenze nei loro confronti.
Varia
La guerra di Zuckerberg
Viviamo tempi di guerra. C’è la guerra in Ucraina: una guerra vicina, situata all’interno dell’Europa. È una guerra di stampo antico, finalizzata a distruggere fisicamente il nemico con l’uso sempre più massiccio di armi. È una guerra crudele, che non risparmia civili, innocenti, bambini.
L’Occidente e gli Altri. Politica tra nazioni o scontro di civiltà?
La guerra russo-ucraina ha portato molti a utilizzare la categoria Occidente, che sarebbe una comunità superiore rispetto alle nazioni che ne fanno parte, perché è la civiltà che le sussume. Così qualsiasi critica all’imperativo «Difendere l’Ucraina a tutti i costi, sconfiggere la Russia» è bollata come anti-democratica, anti-liberale e anti-occidentale.
In ricordo di Francesco D’Agostino
Francesco D’Agostino, che se ne è andato l’altro ieri, ebbe a dire, a proposito di Vittorio Mathieu, da lui incondizionatamente ammirato, quando pubblicò il suo Trattato di ontologia (2019):
E’ un’opera straordinaria (e di grande difficoltà). Quando Mathieu si presenterà davanti a S. Pietro, sarà sufficiente che gli esibisca questo suo Trattato, per vedersi spalancare le porte del Paradiso. Non scherzo affatto: esiste una santità dell’intelligenza, che troppo spesso misconosciamo (Paradoxaforum, 17 gennaio 2020)
Noi di Paradoxa e di Nova Spes ricordiamo Francesco attraverso le sue parole:
Laura Paoletti
Il Fondo librario recentemente regalato alla Fondazione Nova Spes da Francesco D’Agostino.
Quale futuro per l’economia mondiale?
Era da un pezzo che qualche voce dissonante avvertiva che il ‘cortotermismo’ a cui si era rassegnata la politica, sostenuta da una teoria economica ‘mainstream’ che si interessava prevalentemente di modelli di previsione a breve termine, avrebbe generato crisi dovute all’incapacità di leggere i trend di medio-lungo periodo, sia in campo politico sia in quello economico. In un tale contesto, quando la crisi scoppia, tutti sono disposti a sostenere che era imprevedibile, che era sorprendente, che si trattava di un ‘cigno nero’, salvo scoprire col senno di poi che c’erano state molte avvisaglie e che si sarebbe potuto attrezzare l’economia se non proprio ad evitare la crisi, almeno a contenerla meglio. [Per saperne di più…]
L’interminabile guerra civile di Nicola Lagioia
Nell’articolo Mattarella, Fenoglio e la Liberazione («La Stampa» del 23 aprile), Nicola Lagioia scrive che rischia di diventare divisiva una data, il 25 aprile, simbolo della rigenerazione dell’Italia, e della ritrovata consapevolezza della dignità umana, nel rifiuto di ogni sopraffazione totalitaria e di ogni razzismo. «Abbiamo assistito troppe volte al triste spettacolo offerto da chi ha affermato di non sentirsi a proprio agio con questa ricorrenza, di non riuscire a festeggiarla. La scusa dichiarata è il timore di finire sotto l’ombrello della sinistra. Di fatto, si tratta invece dell’incapacità di definirsi con fermezza antifascisti. Ma dirsi antifascisti e dirsi italiani, oggi, è o dovrebbe essere la stessa cosa».
Cambiamento e guerra
Evocare a gran voce il cambiamento è molto popolare. Tutti lo esaltano, tutti a pontificare che è necessario cambiare per evolversi, per fare qualcosa di nuovo, tracciare nuovi sentieri del proprio vivere e magari della storia. Nella realtà pragmatica, al di fuori dei proclami, le cose stanno diversamente: il cambiamento è vissuto sempre come un virus destabilizzante, capace di sovvertire gli equilibri in un modo talmente radicale da non lasciare spazio alle cose di prima, alle posizioni acquisite, alle gerarchie esistenti. Chi esalta il cambiamento in genere lo teme e ne evoca l’avvento unicamente a titolo scaramantico, sperando così di sfuggire ad un nemico che si nomina per tenerlo lontano.
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