Era da un pezzo che qualche voce dissonante avvertiva che il ‘cortotermismo’ a cui si era rassegnata la politica, sostenuta da una teoria economica ‘mainstream’ che si interessava prevalentemente di modelli di previsione a breve termine, avrebbe generato crisi dovute all’incapacità di leggere i trend di medio-lungo periodo, sia in campo politico sia in quello economico. In un tale contesto, quando la crisi scoppia, tutti sono disposti a sostenere che era imprevedibile, che era sorprendente, che si trattava di un ‘cigno nero’, salvo scoprire col senno di poi che c’erano state molte avvisaglie e che si sarebbe potuto attrezzare l’economia se non proprio ad evitare la crisi, almeno a contenerla meglio. [Per saperne di più…]
Varia
L’interminabile guerra civile di Nicola Lagioia
Nell’articolo Mattarella, Fenoglio e la Liberazione («La Stampa» del 23 aprile), Nicola Lagioia scrive che rischia di diventare divisiva una data, il 25 aprile, simbolo della rigenerazione dell’Italia, e della ritrovata consapevolezza della dignità umana, nel rifiuto di ogni sopraffazione totalitaria e di ogni razzismo. «Abbiamo assistito troppe volte al triste spettacolo offerto da chi ha affermato di non sentirsi a proprio agio con questa ricorrenza, di non riuscire a festeggiarla. La scusa dichiarata è il timore di finire sotto l’ombrello della sinistra. Di fatto, si tratta invece dell’incapacità di definirsi con fermezza antifascisti. Ma dirsi antifascisti e dirsi italiani, oggi, è o dovrebbe essere la stessa cosa».
Cambiamento e guerra
Evocare a gran voce il cambiamento è molto popolare. Tutti lo esaltano, tutti a pontificare che è necessario cambiare per evolversi, per fare qualcosa di nuovo, tracciare nuovi sentieri del proprio vivere e magari della storia. Nella realtà pragmatica, al di fuori dei proclami, le cose stanno diversamente: il cambiamento è vissuto sempre come un virus destabilizzante, capace di sovvertire gli equilibri in un modo talmente radicale da non lasciare spazio alle cose di prima, alle posizioni acquisite, alle gerarchie esistenti. Chi esalta il cambiamento in genere lo teme e ne evoca l’avvento unicamente a titolo scaramantico, sperando così di sfuggire ad un nemico che si nomina per tenerlo lontano.
Il patrimonio della destra: nascondere con cura
[Editoriale di «Paradoxa» 1/2022, “Le parole della destra”, a cura di Dino Cofrancesco]
Il nostro non è solo il paese in cui fioriscono i limoni, come si legge nel Wilhelm Meister: ancora più imponente è la produzione delle retoriche e dei luoghi comuni in tutte le stagioni della nostra storia nazionale. Tra i topoi più diffusi c’è quello che ‘la destra non ha cultura’, che gli elettori dei suoi partiti non leggono o leggono poco (e certo non li si incontra spesso nelle Librerie Feltrinelli), che il suo rapporto con gli intellettuali è inesistente se non conflittuale.
Informatica democratica by design
Un tribunale spagnolo ha rifiutato di pubblicare il codice sorgente del software che approva le richieste di sussidi per combattere la povertà, a fronte dei rincari dell’energia, aggiungendo che la divulgazione del codice di questo programma rappresenta un pericolo per la sicurezza pubblica e la sicurezza nazionale. Si, avete letto bene. L’algoritmo che assegna i sussidi è una questione di sicurezza nazionale.
Finis Europae? L’UE e la guerra
La guerra russo-ucraina impone che ci si interroghi sul futuro dell’UE. L’integrazione europea è stata inizialmente ‘funzionale’, gli Stati mettevano assieme sforzi in ambiti socio-economici limitati, senza preoccuparsi della valenza politica di queste sinergie. Del resto non poteva esserci una valenza politica, perché la Guerra Fredda riduceva la sovranità internazionale europea, consegnava il problema della sicurezza continentale all’equilibro tra i due blocchi e agli Americani la garanzia dell’Europa occidentale.
Il tè dei simili
Il fato inesorabile delle consuetudini umane tende a tradurre ogni emergenza in una chiamata alle armi (simboliche) della retorica. Una curiosa reazione chimica produce aggregazioni ideologiche che il più delle volte non hanno attinenza con la vita reale ma sul pulpito profetico della definizione dei ‘migliori’, dei ‘giusti’, dei profeti a prezzo di sconto, possono premiare con visibilità e consenso. La sua caratteristica è reggere ad ogni sollecitazione fino a quando non cambia il catalizzatore. A quel punto tutto si disgrega immediatamente per ricomporsi in forme che possono anche contraddire le precedenti.