Come ha scritto Amanda Terkel per l’Huffington Post, «For Many Women, It Wasn’t Just About Defeating Donald Trump. It Was About Electing Hillary Clinton» (vedi link). Ci sono americane che hanno votato Hillary Clinton con piena convinzione che meritasse di essere la prima donna Presidente. Probabilmente sono proprio loro le elettrici rimaste maggiormente deluse dal risultato. Oggi devono prendere atto che non sarà Clinton a tagliare il traguardo e questo dispiace perché, nel tempo, la candidata è stata per queste donne un simbolo della battaglia per le pari opportunità. Su questi temi Clinton si è sempre esposta con forza e coerenza, a differenza di altre leader che sono arrivate al potere senza mai troppo preoccuparsene, come notoriamente fece Margaret Thatcher.
Chiunque abbia sentito Hillary Clinton parlare dei diritti delle donne non può non riconoscerle accenti di sincerità. Il suo discorso di concessione ad Obama nel 2008 è rimasto famoso soprattutto per il passaggio del famoso soffitto di cristallo da infrangere. E, d’altra parte, è naturale che una come lei, che ha conosciuto tutte le sfumature del sessismo e del pregiudizio di genere, abbia sviluppato un’autentica sensibilità rispetto alle discriminazioni di genere in politica. Da First lady fu attaccata per il suo voler partecipare alle decisioni dell’amministrazione del marito. Passò per un’ambiziosa invadente che non voleva stare entro i confini di un ruolo cerimoniale. Per anni e anni è stata nel mirino dei media per il suo aspetto fisico. Acconciatura, risata, rughe : tutto passato al vaglio di uno scrutinio spietato. Nel 2008, candidatasi alla primarie, fu sotto il fuoco di una linea di attacco che la rappresentava come dura, fredda e calcolatrice. Insomma, se si volesse stilare un campionario degli stereotipi attivabili a spese delle donne che fanno politica, Clinton ne ha sperimentati parecchi. Tuttavia, non ha ceduto e, almeno per questo, le va riconosciuto che ha offerto un esempio di determinazione e resistenza fuori del comune.
Ma, alla fin fine, quanto ha pesato il fattore genere sulle scelte di voto? Insomma, al di là del gruppo che davvero la voleva «Madame President», le donne hanno sostenuto o no Hillary Clinton? Oggi ci si chiede se, in quanto donna, non avrebbe potuto far meglio tra elettrici. In realtà, il punto da chiarire è che l’identità di genere ci dà un’indicazione sul voto solo nella misura in cui si può affermare che esiste un «gender gap», ovvero le donne americane votano di più per il partito Democratico che per quello Repubblicano. Anche stavolta ne abbiamo avuto conferma, come ci mostrano i dati del Pew Research Center (vedi link). Infatti, il gap è risultato tra i più ampi dagli anni Settanta, benchè non di tanto superiore a quello di precedenti elezioni. In pratica, non c’è grande differenza tra Clinton e Obama, preferiti dalle donne in misura più o meno analoga.
L’identità di genere agisce in concomitanza con altri fattori. Soprattutto in un contesto polarizzato è naturale che gli elettori votino per i candidati dei loro partiti indipendentemente dal sesso. E, anche all’interno dello stesso partito, ci sono possono essere diversi elementi di valutazione che entrano in gioco. Ad esempio, tra i fans di Obama e di Sanders ci sono stati notoriamente tanti giovani, comprese molte ragazze. Alla luce di tutto ciò, il fatto che una cospicua parte delle donne americane non abbia votato Clinton risulta comprensibile. Dalle prime analisi del voto pare che all’appello della candidata siano mancate soprattutto le elettrici bianche meno istruite. Evidentemente un gruppo che non si è fatto impressionare dal linguaggio politicamente scorretto di Trump e lo ha votato sulla base di altre motivazioni. Ma va ricordato che, anche in elezioni precedenti, le donne bianche avevano preferito i candidati Repubblicani (per maggiori dati suggerisco la lettura di questo post. In sintesi, era poco probabile che la candidata Democratica Clinton potesse fare il pieno di questi voti.
Insomma, si dovrà ancora aspettare prima di vedere una donna Presidente degli Stati Uniti. Tuttavia, il lavoro delle apripista non è mai inutile. La candidatura di Clinton ha reso più normale agli occhi dell’opinione pubblica la prospettiva di una donna « comandante in capo ». Contribuendo a rendere sperabilmente un po’ più semplice il compito di quelle che si candideranno dopo di lei.
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