Il nuovo Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha impresso una svolta allo stile della comunicazione del governo con la nomina a portavoce di Paola Ansuini, che negli ultimi anni ha lavorato come Capo del Servizio Comunicazione per la Banca d’Italia. Il cambiamento riguarda sia ciò che si comunica e come lo si comunica. Per quanto riguarda il primo punto, durante la prima riunione del Consiglio dei ministri Draghi ha esortato a comunicare solo quando si ha appunto qualcosa da comunicare – informazioni relative a decisioni, orientamenti, posizioni dell’esecutivo –; per quanto riguarda il secondo punto, invece, appare chiaro che cambieranno rispetto al recente passato sia i mezzi della comunicazione – che avverrà attraverso canali ufficiali e istituzionali –, sia lo stile, sobrio ed essenziale. Quali sono le conseguenze per la sfera pubblica e la democrazia?
Intanto, si presuppone che una tale scelta porti a una comunicazione ‘fattuale’, che per spiegare eventi o decisioni politiche faccia ricorso a dati accuratamente verificati, allo scopo di aumentare l’autorevolezza del governo e consolidare la legittimità delle sue azioni, influendo positivamente sull’accettabilità di queste azioni per i cittadini. Si tratta di una sfida imprescindibile per garantire il consenso a decisioni talvolta impopolari ma necessarie per far fronte all’emergenza pandemica.
La comunicazione istituzionale chiara, diretta e misurata che viene annunciata in questi giorni potrebbe ridurre lo spazio per la manipolazione dell’informazione e la creazione di fake news, o perlomeno potrebbe diminuire la presa che le informazioni manipolate possono avere sul pubblico, facilitando il lavoro di chi contrasta la diffusione di fake news falsità e informazioni fuorvianti.
Negli ultimi mesi, l’informazione manipolata e fuorviante sulla pandemia di Covid-19 ha causato notevoli problemi ai decisori politici e alle autorità sanitarie nazionali e internazionali. Già un anno fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità metteva in guardia i cittadini dal rischio di ‘infodemia’.
Un’informazione istituzionale come quella annunciata dal nuovo Presidente del Consiglio contribuirebbe a migliorare la consapevolezza delle criticità e delle misure di contrasto alle emergenze per le cittadine e i cittadini che non dispongano di strumenti cognitivi adatti per identificare il sottile confine fra facta e ficta nella galassia informativa, e che non hanno le capacità tecniche e/o critiche per orientarsi nella comunicazione multimediale e digitale – in particolare minorenni, anziani, migranti, persone con un basso livello di istruzione o appartenenti a gruppi sociali marginalizzati.
Inoltre, una comunicazione istituzionale fattuale e considerata affidabile dalla grande maggioranza dei cittadini può contribuire al miglioramento del dibattito pubblico, che continuerebbe a svolgersi anche attraverso l’uso di social media, ma potrebbe modificarsi in maniera sostanziale e andare al di là della guerra (in)civile delle opinioni. Attori politici ragionevoli che volessero partecipare al dibattito pubblico dovrebbero articolare le loro posizioni sulla base della valutazione di atti e fatti oggettivi, confrontandosi con interlocutori istituzionali chiari e univoci.
L’utilizzo non massivo di social media da parte del governo (presumibilmente anche dalle ministre e dai ministri) potrebbe contribuire a limitare le interferenze che rendono le informazioni più difficili da reperire e da scremare nel flusso costante dei post, tweet e delle dirette. Si potrebbe, quindi, eliminare quel fastidioso ‘rumore di sottofondo’ e dare più tempo per la ricezione ed elaborazione delle informazioni rilevanti, per permetterne una maggiore comprensione ed elaborazione critica.
La presenza di un canale di comunicazione ufficiale e autorevole potrebbe quindi costituire un baluardo rispetto al brulicare di narrative e di giudizi polarizzanti, personalistici e spesso offensivi, che hanno caratterizzato l’arena politica italiana negli ultimi anni. La tendenza alla manipolazione dell’informazione è stata favorita da una delegittimazione delle competenze, dalla politica dell’odio e del risentimento che porta a considerare l’avversario politico come nemico da combattere con ogni mezzo e dalla personalizzazione e spettacolarizzazione della politica.
Anche il tempo delle decisioni politiche potrebbe decomprimersi, permettendo di elaborare una progettualità lungimirante, agganciata agli obiettivi programmatici del governo e svincolata dalla viralità e dai like momentanei, mirata a costruire un consenso solido (ancorché critico) nell’opinione pubblica.
Tuttavia, alle speranze per il cambio di rotta annunciato al momento dell’insediamento del governo Draghi si accompagnano dei timori che, allo stato attuale delle cose, non appaiono affatto infondati. Innanzitutto, il nuovo governo avrà davanti un pubblico abituato alla politica spettacolarizzata, sensazionalistica e informata dalla sloganistica e dallo storytelling. Cosa faranno i followers quando il leader/tecnico – e le persone che collaboreranno con lui – vorrà sottrarsi alla gara a chi prende più like e retweet?
Ma soprattutto, cosa faranno i leader politici, così avvezzi a sfruttare ogni occasione di visibilità sui social e in televisione? Resteranno silenti in attesa delle sobrie e circostanziate dichiarazioni ufficiali del governo, oppure cercheranno di riempire il vuoto comunicativo istituzionale con valanghe di opinioni, più o meno ragionevoli?
Infine, una sfida non trascurabile per chi vorrà proporre una nuova comunicazione politica sarà quella di convincere le cittadine e i cittadini che la fattualità abbia ancora un valore e conferisca autorità e legittimità. In un contesto politico che sempre più spesso viene presentato da filosofi ed esperti della comunicazione come prodotto e cassa di risonanza della post-verità, affidarsi ciecamente alla presunta sete di verità e sobrietà del pubblico potrebbe portare con sé un rischio letale.
[Le autrici hanno recentemente curato il volume Democracy and Fake News: Information Manipulation and Post-Truth Politics, London, Routledge, 2021, accessibile gratuitamente a questo link]
enzo de biasi dice
Mario Draghi parla troppo di frequente. Egli deve intervenire unicamente quando l’atto di Governo è in Gazzetta Ufficiale. Siamo stufi di giornalisti retro scenisti e di comunicatori del NULLA, non servono nè gli uni nè gli altri.