Poco dopo il suo insediamento al Viminale, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha perentoriamente comunicato, via social network, la necessità di un ‘censimento dei Rom’. L’opposizione – o, meglio, ciò che resta dell’opposizione (di sinistra?) – ha prontamente ribattuto al Ministro richiamando la Carta fondamentale dei diritti dell’uomo e del cittadino, la Costituzione e le leggi razziali.
Per ragionare, con un po’ di calma, sulla proposta di Salvini, è meglio iniziare dal principio. Che cos’è un censimento? Un censimento è uno strumento attraverso il quale lo stato raccoglie, a cadenza decennale, dati aggiornati sulla propria popolazione e sulle abitazioni. Genere, età, caratteristiche demografiche del nucleo familiare e situazione abitativa.
A cosa serve un censimento? Gli scopi del censimento sono fissati nel DPR n. 276 del 22 maggio 2001. L’articolo 2 recita: «1. Il censimento generale della popolazione: a) fornisce informazioni sulle principali caratteristiche strutturali della popolazione; b) determina la popolazione legale; c) fornisce dati e informazioni per l’aggiornamento e la revisione delle anagrafi comunali della popolazione residente».
Grazie al censimento lo stato e chi lo amministra vengono a conoscenza di alcune informazioni fondamentali per la buona gestione della cosa pubblica. Ad esempio, ottenere dati sulla situazione abitativa delle famiglie potrebbe (e sottolineo potrebbe) portare a programmare interventi pubblici laddove ve ne fosse maggiore bisogno. I dati censuari, inoltre, vengono confrontati con quelli delle anagrafi cittadine al non secondario scopo di stabilire con il massimo della precisione possibile l’ammontare della popolazione residente anche in relazione a quanto stabilito dagli articoli 56 e 57 della Costituzione (che, lo ricordo, stabilisce che i seggi spettanti ad ogni circoscrizione per l’elezione della Camera dei Deputati e ad ogni Regione per l’elezione del Senato della Repubblica vadano assegnati sulla base della numerosità della popolazione così come rilevata dall’ultimo censimento).
Il censimento è quindi uno strumento importante per garantire diritti e amministrare al meglio lo stato. Il valore aggiunto che può portare in termini di informazione implica però che tutti debbano essere censiti, proprio tutti. E senza alcun timore. Vedere il censimento come un’azione repressiva dello stato presuppone una concezione hobbesiana dello stato che l’avvento dell’era dei diritti (e dell’amato welfare state) avrebbe dovuto vedere superata da un pezzo.
Le parole del Ministro Salvini facevano ovviamente l’occhiolino alla parte peggiore del nostro paese, quella che vorrebbe vedere talune minoranze inserite in liste di prescrizione e ostracizzate. La parte migliore di questo paese, che nonostante tutto resiste e fa il possibile per mantenere dritto il timone del pensiero libero dai condizionamenti del sensazionalismo da social network, avrebbe invece dovuto comprendere che censire anche chi non viene o non vuole essere censito è il migliore strumento per proteggere e dare diritti agli ultimi, a chi, ovunque vi sia scarsa presenza dello stato, soffre la dispersione scolastica e vede calpestati i propri diritti fondamentali come il diritto ad una casa, alla salute e all’istruzione.
Così facendo l’opposizione (di sinistra?) ha dimenticato ancora una volta gli ultimi a favore dei penultimi. Ed è invece proprio per proteggere questi ultimi, spesso indifesi e con scarsissime possibilità di autodeterminazione, che una sinistra forte e fondata sulle solide basi dello stato di diritto dovrebbe chiedere a gran voce che tutti, ma proprio tutti, siano censiti.
Dino Cofrancesco dice
Bravissima! Condivido anche le virgole