La storia della comunicazione, come si sa, procede per aggiunte, non già per sostituzioni. Questo vuol dire che il diffondersi delle tecnologie comunicative non elimina l’uso di precedenti canali o strumenti, sebbene, inevitabilmente, finisca per ridimensionare il loro spazio d’azione. Non smettiamo certo di parlare se vogliamo rivolgerci a qualcuno, sebbene ora siamo in grado di comunicare con lui (o con lei) anche attraverso WhatsApp.
Tutto ciò vale anche per le forme comunicative utilizzate nel campo dell’educazione e della formazione. Per questo sono diffusi da tempo, e sono ormai modalità consolidate di apprendimento, percorsi di eLearning che reimpostano la didattica tradizionale, stimolano in altro modo, rispetto a quelli del passato, le capacità dei nostri ragazzi e si integrano con i dispositivi che essi usano quotidianamente. A queste nuove proposte d’insegnamento, alle opportunità che esse offrono e ai rischi che ci fanno affrontare «Paradoxa» ha dedicato un bel fascicolo (anno XII, numero 3, luglio/settembre 2018), dedicato appunto al tema Scuola e digitale.
Ora, tra le tante conseguenze ed emergenze legate all’esperienza del coronavirus, vi è anche quella che riguarda la didattica. Dato che il Governo ha chiuso le scuole, il rischio di vedere ridimensionate le possibilità di svolgere correttamente i programmi è qualcosa di reale.
Non è possibile, però, abbandonare a se stessi i ragazzi a casa, esposti a un uso indiscriminato di smartphone, tablet e video. E dunque bisogna fare di necessità virtù. Bisogna cogliere l’occasione. Bisogna rispondere all’emergenza mettendo in opera forme di didattica a distanza, gestite dalle scuole, e magari coinvolgere anche i genitori nei percorsi di apprendimento dei loro figli.
Ben lo sanno molti dirigenti scolastici, i quali da tempo si sono attrezzati per l’emergenza. D’altronde il panorama italiano, per quanto riguarda la sperimentazione delle forme di didattica innovativa, è molto variegato. Diversi Istituti hanno già organizzato classi virtuali, o stanno svolgendo lavori di gruppo e ricerche per via telematica, altri saranno indotti a farlo.
Vi sono poi istituzioni private che hanno messo gratuitamente a disposizione del Ministero dell’Istruzione le loro piattaforme e i loro corsi online, dedicati specificamente agli studenti del primo e del secondo ciclo. Penso alla Fondazione Golinelli di Bologna. E tutto ciò in molti casi può coinvolgere, come dicevo, anche i genitori, sperimentando nuove forme di alleanza tra scuola e famiglia.
Certo: tutto ciò costringe a un cambiamento non solo nelle forme della didattica, ma soprattutto nelle modalità di apprendimento a cui gli studenti sono chiamati. Su questi temi la riflessione psicopedagogica è già avanzata. Così com’è ben presente, anche, la consapevolezza dei rischi che tale mutamento può comportare.
I rischi sono legati al fatto di lasciare bambini e ragazzi da soli, senza orientamento e guida, di fronte ai dispositivi digitali (così come la precedente generazione era stata lasciata sola davanti alla televisione). Sono quelli connessi alla scarsa consapevolezza del fatto che le piattaforme e i dispositivi di cui parlo veicolano valori, indirizzando comportamenti, richiedono o rendono possibili azioni anche discutibili.
Bisogna dunque cogliere l’occasione che ci è offerta dalla situazione che stiamo vivendo anche per promuovere, accanto alla didattica digitale, pure le competenze necessarie per interagire in maniera proficua con i mondi in cui essa si svolge. Si tratta di un passaggio che non possiamo evitare.
Tutto questo, come dicevo all’inizio, è tuttavia un’aggiunta, non già una sostituzione. Lo dico per tranquillizzare coloro che temono rivoluzioni dalle conseguenze incontrollabili. Si tratta invece, semplicemente, di avere il coraggio di ampliare alcune capacità che tutti noi abbiamo.
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