Mettiamo subito le cose in chiaro. In tema di valori e di conseguenti diritti, mi considero pluralista, progressista, libertario, universalista e tendenzialmente cosmopolita. Matteo Salvini, che in questo campo è un po’ più sbrigativo di me, direbbe che sono uno «de sinistra» perché – aggiungo io – possiedo una visione etica della società, una certa idea di giustizia. Perciò ogni volta che si tratta di estendere dei diritti a chi non ne possiede o di tutelare chi certi diritti non riesce ad esercitarli, so da quale parte stare e chi contrastare.
Però, il mio essere di parte non si traduce in faziosità, che sta a un tiro di schioppo dall’ottusità. Progressista sì, ma a modo mio. Nel senso che non fanno per me né la stupidità di gregge né gli assembramenti ideologici. Appena sento odore di pensiero soltanto masticato, che passa di bocca in bocca senza essere minimamente e autonomamente elaborato, me ne torno in disparte o metto mano alla fondina. In questo caso, ho scelto la fondina.
Il caso in questione è quello riguardante il cosiddetto ddl Zan, ossia un disegno di legge promosso dalle forze di centrosinistra (M5s incluso) e approvato in prima lettura alla Camera dei deputati con il 57% dei voti favorevoli. Questa iniziativa parlamentare mira, stando al titolo, ad introdurre «misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Evitare la discriminazione, e ancor di più se induce alla violenza, è certamente un’operazione meritoria. Anzi, è tipicamente una battaglia progressista.
E allora dove sta il problema? Me lo sono chiesto variamente e sono arrivato alla conclusione che il problema – come spesso accade – sta nel manico, e cioè nel modo in cui questa iniziativa è stata promossa prima e propagandata poi, soprattutto grazie ai nuovi opinion leader digitali, tutti like e distintivo. Il problema vero, da cui discendono poi tutti gli altri, è che l’intero ddl Zan è inzuppato nella melassa del benpensismo: quell’ideologia un po’ frivola che non soltanto pensa sempre di fare del bene, ma che è convinta di stare sempre dalla parte del bene. Chi ne è escluso, pensa male e fa del male.
Da questo problema di fondo ne nascono due che finiscono per danneggiare la causa ‘giusta’, quella progressista, di riconoscimento e tutela dei diritti per le minoranze discriminate. Il primo sotto-problema della melassa benpensista è che, se presentata sotto questa luce, non ammette distinguo, correzioni, emendamenti o ripensamenti: o si beve quella minestra per intero o si salta fuori dalla finestra. Non a caso nella manifestazione promossa sabato scorso a Milano dai cosiddetti Sentinelli (what?), il ddl Zan veniva presentato – cito – come una «battaglia di civiltà». Il che significa, se presa alla lettera, che siamo di fronte a una «guerra di civiltà» (in miniatura s’intende) tra un gruppo di civili e alcune minoranze rozze, barbariche e incivili che non sanno riconoscere il bene, l’unico ammesso.
Sarebbe interessante sapere quale idea di civiltà hanno in mente quando ne parlano, ma sarebbe chiedere troppo. Però, mi piacerebbe vedere le loro reazioni se si trovassero a leggere l’articolo che Marcello Veneziani ha scritto domenica scorsa su «La Verità» (what?), in cui si critica il ddl Zan e altre iniziative simili per le ragioni esattamente opposte, perché con la sua eventuale approvazione «la realtà, la natura e la civiltà cedono il passo alla soggettività volubile. [Sarebbe] la fine della civiltà e dei suoi fondamenti, comunitari e naturali». Et voilà, eccoci al piccolo scontro di civiltà.
A questo si collega il secondo sotto-problema dell’intera vicenda. Nel momento stesso in cui scatta il tic benpensista, inizia il conflitto tra opposte tifoserie. Da questo punto di vista, il benpensismo è un gas nervino che immobilizza il pensiero e annebbia la vista. Appena si diffonde non sono più ammesse sfumature o stonature, e questo impedisce di vedere la realtà per quella che è e non per quella che vorremmo che fosse.
E la realtà del ddl Zan è che, dentro una giusta impalcatura progressista, si trovano infilate più o meno surrettiziamente anche alcune posture ideologiche, a partire da quelle sulla teoria gender, sulle quali non esiste consenso unanime neppure all’interno del mondo progressista, figuriamoci in quello conservatore così ben tratteggiato da Veneziani. Riconoscere questo dato di fatto sarebbe già un grande passo in avanti e riporterebbe l’intera questione sul terreno che le è più congeniale, ovvero quello di un sano conflitto tra visioni contrapposte, ma ugualmente legittime, della società e del suo sviluppo.
Bene, e adesso che si fa con il ddl Zan? Fosse per me, si dovrebbe ripartire daccapo e col piede giusto. Ad esempio, piuttosto che impuntarsi nel volere a tutti i costi tutelare le diseguaglianze (da conoscere, riconoscere, catalogare e quindi incasellare) sarebbe stato più saggio garantire le uguaglianze, con una legge che inasprisse le pene per chi compie discriminazioni lesive della dignità della persona umana per motivi di sesso, genere, etnia, religione e condizioni sociali.
Ma se per ricominciare è troppo tardi, almeno si corregga il tiro: il centrosinistra abbandoni pretese eccessive e rimandi le questioni maggiormente ideologiche a un altro momento, ad esempio quello elettorale, mentre il centrodestra eviti giochetti di strategia parlamentare fuori tempo massimo. Le possibilità di approvare una legge ‘dignitosa’, che non metta in pericolo la libertà di espressione e garantisca maggiori tutele alle persone più fragili e svantaggiate, ci sono e vanno coltivate. Non sui social, tra una Instagram story e l’altra, ma nelle aule parlamentari, dove la politica può ancora dimostrare di non essere soltanto follower dell’influencer di turno.
Marco Vitale dice
Vorrei ringraziare Marco Valbruzzi per il suo contributo limpido e onesto.
Perché siamo sempre chiamati a batterci per cause giuste soffocate da un pensiero sostanzialmente più che ideologico truffaldino?
Marco Valbruzzi dice
Caro Vitale, grazie per il messaggio. Con qualche sforzo, pare che negli ultimi giorni la “causa giusta” stia prendendo il sopravvento sulle fumisterie truffaldine. E’ già un (piccolo) passo in avanti, che speriamo induca i nostri rappresentantanti a un ravvidemento serio e operoso.
Dino Cofrancesco dice
Definire magistrale l’articolo di Valbruzzi è dir poco. Dispiace solo che a sostenere una tesi così in linea con lo spirito classico del liberalismo siano i giornali del centro-destra. Gli altri, i giornaloni, fanno parlare le Chiara Saraceno, le Michela Murgia, le Michela Marzano–peraltro in polemica con le vecchie femministe. Dicano anche loro quel che pensano del ddl Zan ma si faccia spazio ad altre voci. I quotidiani rischiano di far la fine delle Università nel 600 quando a far cultura erano ormai le Accademie e i cenacoli letterari e scientifici. Oggi l’equivalente delle Accademie sono i blog sicché è sui blog che possono leggersi riflessioni come questa di Valbruzzi. Un ciclo storico è finito e un altro se ne apre.’Speremu ben..” come si dice a Genova.
Marco Valbruzzi dice
Troppo generoso il commento di Cofrancesco, che ringrazio. C’è un punto vero che, purtroppo, nel campo del centrosinistra, non fa suscitare più la preoccupazione che suscitiva qualche decennio fa: il pluralismo delle opinioni e delle informazioni. Le tre autrici citate, assieme ad altre/i loro colleghe/i, scrivono di fatto per un unico editore. Un tempo sarebbero scattati girotondi auto-riflessivi, mentre oggi la soglia di indignazione si è abbassata. Per fortuna, (r)esistono luoghi come questo Forum.
Alessandro Campi dice
Interessante, caro Marco, sul piano del metodo (discutere ed emendare in Parlamento un testo che si ritiene imperfetto), ma ancora più interessante sarebbe stato entrare nel merito di questa proposta di legge. Primo, cosa si pensa dell’art. 1, che offre una definizione per legge di cosa debba intendersi per sesso, orientamento sessuale, genere e identità di genere (basterebbe solo questo per pretendere una riscrittura del testo). Secondo. Cosa si pensa della clausola di salvaguardia inserita nell’art. 4, che riprende la sostanza dell’art. 21 della Costituzione in tema di libertà di pensiero (una fonte minore che reitera quel che si trova scolpito nella Carta?). Terzo. Cosa si pensa della proposta di istituire un 27 maggio di ogni anno come Giornata della lotta alla transfobia, ecc. ecc. (servono queste Giornate nazionali?). Quarto. Cosa si pensa dell’invito a coinvolgere le scuole, a partire da quelle elementari, in queste campagna tese formalmente a favorire l’inclusione e la lotta alla discriminazione, ma assai discutibili dal punto di vista dell’impatto pedagogico-didattico e formativo su bambini assai giovani). Quinto. Cosa si pensa della possibilità, viste le oggettive implicazioni ‘ideologiche’ della proposta Zan, di limitarsi ad estendere la legge Mancino ai reati di discriminazione e violenza in base al sesso, se la lotta verso questi ultimi è davvero l’obiettivo della legge come dicono i suoi promotori-sostenitori.
Marco Valbruzzi dice
Grazie Alessandro. I tuoi dubbi, presentati sotto forma di interrogativo (retorico), sono gli stessi che ho io. L’art. 1 “definitorio” lo trovo decisamente problematico e in alcuni casi (vedi identità di genere; caso da manuale di conseguenze inattese di azioni mal pianificate) anche potenzialmente controproducenti. L’art. 4 di salvaguardia è la classica toppa peggiore del buco perchè sembra rendere quasi residuale (“sono fatte salve…”) la libertà di espressione e di scelta. E quando i cosiddetti diritti di terza generazione incidono su quelli di prima generazione bisognerebbe muoversi con una cautela e un rigore che qui non vedo. Sulle Giornate educative (rieducative?!) non ho mai nutrito grandi speranze, tanto meno in questo caso. Nelle scuole mi accontenterei di una educazione civica ben fatta, che ricordi a tutti, a cominciare dai più giovani, che la nostra prima parte della Costituzione prevede “Diritti e doveri dei cittadini”, e tra i doveri c’è certamente quello del rispetto della dignità delle persone, chiunque esse siano. L’educazione a questo patto di civiltà, davvero minima, sarebbe già un grande successo.
Marco Vitale dice
Vorrei ringraziare Marco Valbruzzi per il suo contributo limpido e onesto.
Perché siamo sempre chiamati a batterci per cause giuste soffocate da un pensiero sostanzialmente più che ideologico truffaldino?
Steve Camagni dice
Complimenti per il pregevole sunto Marco.
Marco Valbruzzi dice
Grazie Steve! E un caro saluto che, spero, arrivi dritto-dritto in Svizzera.
Oreste Massari dice
condivido pienamente.Bravo Marco!
oreste massari
Marco Valbruzzi dice
Caro Oreste, grazie mille! Ovviamente, non sposteremo di una virgola il dibattito, ma almeno non ci siamo girati dall’altra parte.