Una misura di incertezza è nell’ordine delle cose alla vigilia delle elezioni per il rinnovo del Parlamento nazionale: l’appello al voto è sempre una competizione, e se fossimo certi del successo di questo e dell’insuccesso di quello basterebbe ricorrere a una simulazione per l’attribuzione dei seggi. Ma qui si esagera in incertezza (e non solo in Italia, intendiamoci, se ci guardiamo intorno).
Intanto, non sappiamo ancora, a legislatura ormai praticamente conclusa, quando si voterà, e francamente più si rinvia la data delle urne più si prolunga quella che ormai è una agonia del vigente mandato. Ma v’è ben altro. Si è messo in piedi un sistema elettorale scombiccherato che mostra le sue crepe e inefficienze prima ancora della sua iniziale (e fors’anche ultima) applicazione, tanto che si vuole ricorrere in extremis a qualche aggiustamento. Abbiamo un sistema partitico che si fa ormai fatica a definire sistema, tanto è sbrindellato e centrifugo, nonostante tentativi di accomodamento e alleanze compromissorie di cui gli stessi promotori sono tutt’altro che convinti, mentre già ci si esercita in ipotesi post-elettorali che sono il contrario dei propositi che si sottopongono al giudizio degli elettori, dall’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi alla convergenza tra Lega e Cinque Stelle, e così avanti.
Quanto al governo, ogni giorno promette una pioggia di milioni e miliardi a favore di questa o quella categoria, di questo o quel mirabolante progetto, mentre tutti parlano di riduzione di tasse, gabelle e altro. Non risulta che il calcolo dei mezzi, operato in casa o in Europa, dia alcuna certezza in merito a tali promesse.
Intendiamoci. Non siamo così ingenui da ignorare che le promesse fanno parte del gioco specie avvicinandosi una campagna elettorale. Ma v’è un punto del quale avere consapevolezza. Uno dei compiti fondamentali delle istituzioni politiche e dei suoi soggetti individuali e collettivi consiste nel conferire sicurezza, certezza e prevedibilità ai cittadini. Costoro vivono, decidono, agiscono entro il quadro di attendibilità che l’autorità politica assicura alla loro esistenza, alle loro decisioni, alle loro azioni. Questo è il fondamento del concetto di sovranità politica.
Beninteso, tale certezza non può essere assoluta: molte, spesso troppe sono le variabili, anche internazionali, che intervengono nelle vicende storiche di una comunità, nazionale o sovranazionale. Ma un grado comunque significativo di attendibilità istituzionale è nelle aspettative dei cittadini. Orbene, tale livello di certezza è ormai chiaramente sceso molto in basso nel caso italiano: il crescente astensionismo elettorale ne è un indicatore preciso.
Sia chiaro. Chi ha pratica di analisi comparata sa bene che, ad esempio negli Stati Uniti, a lungo l’astensione è stata considerata indicatore di stabilità e certezza, nel senso che, vincessero i repubblicani o i democratici, e quale che fosse l’ampiezza della partecipazione al voto, la linea del governo centrale, specie in politica estera (cruciale per una potenza imperiale) avrebbe mantenuto una sua fondamentale coerenza, anche se da qualche tempo l’astensionismo è letto in termini assai più problematici. Nel caso italiano, viceversa, abbiamo vissuto una esperienza di presenza alle urne che solo recentemente si è attenuata molto fortemente, e certo non solo per riluttanza verso questo o quel partito, ma per insoddisfazione e diffidenza verso tutte le formazioni politiche, vecchie ma anche nuove.
Insomma, il crescente astensionismo elettorale è un indicatore preciso di disincanto. I cittadini si distaccano dalla politica e dal regime che la esprime. L’interrogativo successivo, molto inquietante, diventa il seguente: di fronte ad una qualche sfida di grande portata, esogena o endogena, che in questi tempi assai complessi non può essere esclusa, quanti cittadini saranno disposti a difendere una democrazia come questa che l’Italia sta da un pezzo sperimentando, e che non appare disponibile, capace e destinata a correggere i suoi errori e le sue pochezze, le sue precarietà strutturali e funzionali?
Gianfranco Pasquino dice
infatti, sull’astensionismo Paradoxa si è già interrogata, abilmente -> Aux urnes, citoyens vedere fascicolo
La redazione dice
Caro Curatore, grazie del richiamo. Gran bel fascicolo, quello! http://www.novaspes.org/paradoxa/scheda.asp?id=488