L’espansione della riflessione etica dalla sfera umana all’insieme dei viventi non solo costituisce una delle dimensioni più nuove e significative del dibattito culturale, filosofico e scientifico degli ultimi decenni ma implica anche conseguenze di natura pratica, sia nei comportamenti personali, sia nelle decisioni politiche e nell’ordinamento giuridico. Per questo la ‘questione animale’, ovvero il problema di un corretto trattamento dei non umani, la ricerca di un rapporto di armonia e di rispetto nei confronti delle altre creature che abitano con noi la Terra, è ormai diventata un tema ineludibile per la nostra società. Come spiegare tale profondo mutamento?Tra le possibili ragioni, assume particolare rilevanza il fatto che la nostra società ha progressivamente focalizzato la sua attenzione su gruppi e individui discriminati (neri, donne, omosessuali, portatori di handicap, etc.) in una misura senza precedenti nella storia umana. Questo interesse generalizzato per la giustizia e per l’equità può aver contribuito a una nuova visione sociale del trattamento degli animali. Ma l’elemento ancora più importante è che è maturata una nuova consapevolezza: la maggior parte delle persone ritiene che gli animali siano esseri senzienti, capaci di avere un’ampia gamma di esperienze: dolore, paura, felicità, angoscia, che figurano in modo rilevante nella nostra preoccupazione per gli umani.
«Che cosa dire del nuovo atteggiamento verso gli animali?» – si chiedeva anni fa in Destra e sinistra Norberto Bobbio, un filosofo politico certo non sospettabile di sentimentalismo o di inclinazioni disneyane – «Dibattiti sempre più frequenti ed estesi sulla liceità della caccia, i limiti della vivisezione, la protezione di specie animali diventate sempre più rare, che cosa rappresentano se non avvisaglie di una possibile estensione del principio di eguaglianza al di là addirittura dei confini del genere umano, un’estensione fondata sulla consapevolezza che gli animali sono uguali a noi uomini, per lo meno nella capacità di soffrire?».
In tal modo veniva ripreso e riproposto, dopo due secoli, un interrogativo di J. Bentham in Introduzione ai principi della morale e della legislazione: la domanda davvero cruciale relativa agli animali non è se possono ragionare, né se possono parlare, ma se possono soffrire («can they suffer?»). Un interrogativo, occorre aggiungere, che può considerarsi all’origine di quel movimento etico, filosofico, politico che va sotto il nome di animalismo e che, negli anni 70, troverà i suoi più noti esponenti nei filosofi Peter Singer, autore di Animal Liberation, e Tom Regan, autore di The Case for Animal Rights.
E oggi? Forse per gli animali si apre anche nel nostro Paese l’accesso ai principi fondamentali della Costituzione, secondo una lettura evolutiva dell’art.9 che integri la tutela del paesaggio con la frase: «La Repubblica tutela l’ambiente e l’ecosistema, protegge le biodiversità e gli animali, promuove lo sviluppo sostenibile, anche nell’interesse delle future generazioni». Un passo storico, come è stato a ragione definito, dal momento che viene ripreso un dibattito iniziato nel 2004 con la presentazione di una serie di proposte di legge che riprendevano una lotta iniziata col primo estensore di una «Carta dei diritti degli animali», il ministro dell’Ambiente Valerio Zanone, nel lontano 1986. Nello stesso anno si era tenuto a Genova il primo Convegno Nazionale sui «diritti degli animali», organizzato dal Centro di Bioetica, a testimonianza della nuova attenzione della nostra società nei confronti della questione animale.
Riconoscere la difesa degli animali come «esseri senzienti», sarà opera del Trattato di Lisbona nel 2007 e, tuttavia, la maggior considerazione morale per gli animali non sempre è andata di pari passo con un miglioramento delle loro condizioni di vita: da qui la necessità di un’interpretazione in senso evolutivo delle leggi vigenti, a partire dalla Costituzione, inserendo una modifica che è peraltro già in vigore in altre realtà europee. La formulazione proposta, grazie ad un’altra dicitura inserita nel testo – «la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali» – sembra soddisfare anche la Lega che, presentando ben 246.000 emendamenti, aveva cercato di contrastare l’iter legislativo. Per il Carroccio ora dovrebbe esserci la garanzia che la generica tutela degli animali non vada ad intaccare attività, come la caccia e gli allevamenti, già regolamentate da specifiche leggi dello stato.
In effetti, se la formulazione è estremamente vaga, può assumere, tuttavia, un più preciso significato nella misura in cui prefigura la necessità di individuare specifici codici di doveri nelle diverse modalità di rapporti che ci legano agli animali, convenzionalmente indicati, secondo una classica tripartizione, come familiari, da reddito, selvatici. Ogni specie – se ne dovrebbe desumere – ha caratteri biologici, modalità ed esigenze di vita propri che noi umani, in quanto agenti morali, dovremmo considerare meritevoli di attenzione e tutela, anche a livello legislativo, pervenendo ad una mediazione tra interessi umani e animali, attraverso, ad esempio, un uso accorto del principio di proporzionalità.
Potremmo anche cogliere, nella formulazione, un approccio insieme umanistico e ecologico che prende in considerazione l’intero rapporto uomo/biosfera e ci dovrebbe far comprendere come l’intera nostra storia sia segnata dal rapporto con l’ambiente e con gli altri viventi. Una prospettiva che la Bioetica, intesa come etica dei viventi – secondo la formulazione originaria che ne diede, nel lontano 1927, colui che coniò il neologismo «bioetica», il filosofo e teologo tedesco Fritz Jahr – ha contribuito a sostenere e a consolidare.
Piccoli passi, si dirà, e in effetti il percorso per arrivare alla modifica dell’articolo 9 della Carta è ancora lungo. Ma ancora più lungo è il viaggio degli animali. Come conciliare i nostri standard di giustizia con i trattamenti ad essi inflitti? C’è ancora molta strada da fare. Ce lo ricorda in un suo celebre testo, Nuove frontiere della giustizia, la filosofa Martha Nussbaum, «riguardo agli animali il viaggio verso la giustizia è appena iniziato…».
gioacchino di palma dice
In adesione a quanto scritto, mi sovvengono alcune frasi scritte da Darwin:
“ … La compassione e l’empatia per il più piccolo degli animali è una delle più nobili virtù che un uomo possa ricevere in dono”.
“ … Non c’è differenza fondamentale tra l’uomo e gli animali superiori nelle loro facoltà mentali …. Gli animali inferiori, come l’uomo, provano manifesto piacere e dolore, felicità e sofferenza”.