L’elevata partecipazione è stata sicuramente la più grande sorpresa di questo referendum. Nessuno aveva previsto che quasi 2 elettori su 3 si sarebbero recati alle urne, un risultato nemmeno lontanamente sfiorato dai referendum che hanno avuto luogo dopo l’inizio della c.d. Seconda Repubblica. Una mobilitazione degna delle elezioni politiche. Che questa sia il frutto dolce dell’agre campagna elettorale o dell’importanza data dagli elettori alle tematiche costituzionali non è dato sapere.
Possiamo però chiederci quanto gli elettori abbiano seguito le indicazioni dei propri partiti e quale elettorato sia rimasto maggiormente fedele alle indicazioni di voto che i leader non hanno di certo lesinato. Come hanno votato 100 elettori che nel 2013 avevano votato il Pd, il Movimento 5 stelle, il Pdl o la coalizione di Monti? Chi ha ceduto più elettori all’astensione?
Utilizzando il metodo di Goodman a livello di sezione elettorale è possibile stimare (con un certo margine di errore) come hanno votato al referendum gli elettori dei vari partiti alle precedenti elezioni. Ho applicato questo metodo a due città del Nord (Torino e Genova) a due del Centro (Bologna e Firenze) e a due del Sud (Napoli e Palermo). Purtroppo le due città più popolose, Milano e Roma, non hanno ancora reso disponibili i dati disaggregati a livello di sezione, rendendo impossibile l’analisi dei flussi.
Come era prevedibile, Renzi ha ottenuto i risultati migliori al centro, nella “zona rossa”: a Bologna e Firenze, infatti, rispettivamente il 69 e il 79% degli elettori che alle politiche del 2013 avevano votato Pd, ha seguito le indicazioni di voto del (nuovo) segretario ed ha votato “sì”. Un risultato altrettanto buono è stato ottenuto solo a Palermo (70%), mentre il braccio di ferro ingaggiato da Renzi con il sindaco De Magistris sembra non aver pagato in termini di consensi: a Napoli solo 5 elettori su 10 del Pd hanno votato “sì”. I maggiori livelli di astensione tra gli elettori del Pd sono stati registrati a Genova (10,4%), Napoli (8,8%) e Bologna (7,8%).
Gli elettori del Movimento 5 stelle hanno invece dimostrato il proprio marmoreo attaccamento alle direttive del partito. Solo a Firenze una quota significativa di elettori (13,9%) ha votato “sì”. In tutte le altre città, la quota di elettori che ha votato “sì” è nulla o trascurabile, mentre quella di elettori che hanno votato conformemente alle indicazioni del partito (come detto, Firenze a parte) è ovunque superiore all’80%. I pentastellati fiorentini si sono rivelati particolarmente disobbedienti: se 14 elettori su 100 hanno votato “sì”, ben 21 hanno deciso di non recarsi alle urne e solo 65 hanno seguito le indicazioni (fin troppo chiare) del partito. Al contrario, al Sud (Napoli e Palermo) la quasi totalità dei grillini ha votato “no” senza se e senza ma e, soprattutto, senza alcun cedimento verso l’astensione. Nelle altre tre città analizzate, dall’11 al 17% degli elettori del Movimento ha deciso di non recarsi alle urne.
Nonostante Berlusconi si intesti ora il merito della vittoria, il suo elettorato non ha, ancora una volta, dimostrato di essere particolarmente obbediente: in nessuna delle città considerate l’anziano leader del centrodestra è riuscito a convincere più di 6 elettori su 10 (a Torino solo 4). In alcuni casi (Genova, Bologna, Firenze) più del 40% dell’elettorato berlusconiano del 2013 ha preferito votare in conformità alle indicazioni di Renzi. È proprio tra l’elettorato berlusconiano, infine, che si registrano i maggiori livelli di non-voto, con punte superiori al 30% nelle due città del Sud.
L’elettorato della coalizione centrista di Monti si è trovato spiazzato, ma compatto. Spiazzato in quanto l’ex Presidente del Consiglio ha dichiarato il suo “no” alla riforma, mentre i partiti che lo hanno sostenuto nel 2013 l’hanno in larga parte appoggiata. Compatto perché questo elettorato, se si esclude il caso di Palermo, ha, per la quasi totalità (più di 9 elettori su 10), votato a favore della riforma, con bassissimi cedimenti vero il “no” (dal 2,4% di Bologna al 9,9% di Firenze) e verso l’astensione (nulla).
Quali conclusioni è possibile trarre dall’analisi di questi dati? Primo, che l’elettorato del Movimento 5 stelle, per quanto “giovane”, è estremamente fidelizzato ed ha seguito le chiare indicazioni del proprio partito. Secondo, che il rapporto di forze tre i renziani e le minoranze interne al partito sembra attestarsi sul 2 a 1: due elettori sono stati pronti a seguire le indicazioni del premier-segretario, mentre uno ha votato in difformità. Terzo, che Berlusconi sta cavalcando un successo non suo e che questa sicurezza nell’attribuirsi una vittoria schiacciante ma incerta potrebbe costargli cara se cedesse a chi gli chiede a gran voce di indire primarie per la scelta del leader della coalizione di centrodestra.
Come hanno votato al referendum 100 elettori che nel 2013 avevano votato Pd, M5s, Pdl o coalizione centrista?
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