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Se tuo figlio lavora a Sydney, la colpa non è di quell’africano che raccoglie verdure per pochi euro

23 Luglio 2018 di Mauro Gallegati 2 commenti

Quando le cose vanno male ci isoliamo per paura di perdere ciò che abbiamo. Ma – come nell’ideogramma cinese – la parola crisi è composta da due parti: pericolo ed opportunità. Questo non è il momento di chiudere porti e frontiere, semmai è quello di aprire il cervello e guardare al futuro.

Secondo il Rapporto OCSE sulle migrazioni, il ‘pericolo’ che corre l’Italia oggi non è quello degli immigrati, quanto dei nostri giovani che si vedono costretti ad emigrare e ipotecano negativamente il futuro. Le tabelle OCSE sono assai ricche e forniscono dati spesso contrari al comune sentire con meno migranti arrivati in Italia via mare (-34%), nuovi permessi di soggiorno (-4%) e immigrati disoccupati (-1%), mentre aumentato i richiedenti asilo, nel biennio 2016-2017. Ma, nello stesso periodo, gli italiani che hanno sono andati a studiare o a lavorare all’estero sono aumentati dell’11 per cento e ammontano ufficiosamente tra le 125mila e le 300mila persone. Altre fonti confermano per le Marche un andamento simile, mentre le analisi della Banca d’Italia «documentano che nell’ultimo decennio l’incidenza dei laureati sulla popolazione è salita in linea con la media del Paese, riflettendo la crescente propensione a intraprendere e completare gli studi universitari; la domanda di lavoro delle imprese, però, si connota per la ricerca di livelli di capitale umano meno elevati rispetto alla media dell’EU». Cioè non c’è lavoro e i nostri giovani devono emigrare, magari rifiutando un lavoro in nero in qualche campo di pomodori a ben 5€ l’ora. Proprio vero: gli immigrati ci rubano il lavoro!

La vera emergenza non è l’invasione degli stranieri ma l’emigrazione dei nostri giovani di tutte le classi sociali: dai semplici diplomati ai super-specializzati. Dall’inizio della crisi il numero degli italiani residenti all’estero ha conosciuto un incremento del 60 per cento superando ormai i cinque milioni. Secondo l’organizzazione Migrantes: «La fascia d’età tra i 18 e i 34 anni è quella in più rapido incremento, con un balzo del 23 per cento tra il 2016 e il 2017». Questi anni saranno ricordati non come quelli dell’emergenza immigrati o dei taxi del mare, ma della nuova emigrazione – stavolta dei giovani – dopo quelle del 1880-1900 e del 1950-1960.

Quando c’è emigrazione, il paese da cui provengono le persone diventa più povero. Quanto avviene da noi oggi è ancora più grave perché ci invecchiamo come nazione e perdiamo gli investimenti in istruzione fatti sui giovani che vanno all’estero. Occorre un cambio di passo, una visione di medio-lungo periodo, che ovviamente non è chiudere i porti, ma evitare la fuga dei giovani italiani. C’è però del vero – devo ammettere – in una frase che personalmente mi ripulsa: «aiutiamoli nel loro paese». Facciamolo a cominciare dai nostri ragazzi. Aiutiamo le imprese a creare lavoro nei servizi avanzati e insegniamo ai giovani ad inventarsi un lavoro se non ce ne è abbastanza – in attesa di ciò che tutto il mondo, meno un partito di governo italiano, chiama reddito di base o di cittadinanza.

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Commenti

  1. mauro gallegati dice

    25 Luglio 2018 alle 11:53

    c’è chi crede ai numeri – anche se arabi – e chi alle narrazioni di Salvini-DiMaio

    Rispondi
  2. Dino Cofrancesco dice

    24 Luglio 2018 alle 9:03

    Insomma il problema migrantes è un’invenzione di Salvini. Continuiamo cosi e la strana coppia Lega/5Stelle supererà il 60%dei voti che le vengono attribuiti ora…D’altra parte si sa che le masse sono cieche e irrazionali e poco disposte a seguire i consigli dei saggi(Non lo fecero nel 1948 quando per colpa loro non potemmo godere della democrazia progressiva promessa dal Fronte popolare).

    Rispondi

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