- Sentiti l’8 maggio Marco Tarchi e Marco Valbruzzi parlare del metodo di Giovanni Sartori* (ai Lincei al convegno Segnature organizzato da Gianfranco Pasquino su Scienza politica e cultura politica: La lezione di Giovanni Sartori) per spiegare come a Sartori dobbiamo un primo, serio e benemerito approccio per l’integrazione delle scienze dell’uomo. Già nel suo Parties and Party Systems (Cambridge University Press 1976), Sartori aveva chiarito che gli stessi dati, che a quel tempo venivano ancora registrati su schede perforate IBM, erano destinati a essere trattati in modo diverso a seconda di quale scienza dell’uomo ne facesse uso e con quale linguaggio.
- In filosofia, sosteneva Sartori, si fa un uso ‘metaosservativo’ del linguaggio, messo in opera da un filosofo che a sua volta crea un mundus intelligibilis. Nella scienza politica, invece, si usa il linguaggio in modo ‘osservativo’ e descrittivo, perché si mira a raffigurare il mundus sensibilis.
- Una buona scienza politica deve essere ‘applicabile’ nel senso che deve fornire conoscenze basate su evidenze che permettano ai legislatori e agli amministratori di generare l’azione politica.
- L’applicabilità ha luogo a patto siano verificate quattro condizioni: (a) allargamento del campo di gioco (teoria, ricerca e pratica in una relazione triangolare); (b) discrimine linguistico della scienza politica dalla filosofia, con la scienza politica che deve dotarsi di un vocabolario (analisi logica dei concetti) per descrivere, non per prescrivere, come fa invece la filosofia; (c) metodo scientifico, secondo l’analisi weberiana, la scienza politica diventa per Sartori ‘la scienza del calcolo dei mezzi per raggiungere lo scopo’, mezzi materiali o strumentali che a loro volta possono essere sufficienti o insufficienti, idonei o non idonei, confliggenti con altri scopi alternativi, o infine oltrepassanti lo scopo; (d) avalutatività della scienza politica, che deve essere libera dalla commistione tra giudizi di fatto e giudizi di valore, come Sartori imparava da Bruno Leoni.
- Marco Valbruzzi proponeva diversi esempi di come il sartoriano ‘calcolo dei mezzi’ possa essere applicato al dibattito quotidiano. Per lo scopo dell’abolizione della povertà, il mezzo proposto dall’attuale governo appare non sufficiente. Non idoneo invece il vincolo di mandato, e conflittuale il taglio dei parlamentari da 950 a 600 per lo scopo di ridurre di 150 milioni per legislatura i costi della politica, visto che confligge con lo scopo della qualità della rappresentanza parlamentare. Oltrepassanti appaiono infine diversi strumenti di democrazia ‘direttista’ per lo scopo di una democrazia più partecipativa, che però vanno ben oltre e mettono in causa l’idea stessa di rappresentatività.
- Poiché ai Lincei si parlava sì di populismo, nella ben documentata relazione di Sorina Cristina Soare, ma non di migranti, può essere interessante provare a pensare cosa avrebbe detto Sartori dei mezzi messi in atto finora nel nostro paese per l’accoglienza dei migranti. Presieduta prima da Gennaro Migliore e poi da Federico Gelli, insediata il 26 marzo 2015 e operativa fino al 31 marzo 2016, la Commissione parlamentare di inchiesta della XVII legislatura sul sistema di accoglienza e di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate ha avuto nove punti focali: (1) Sistema di identificazione e prima accoglienza dei migranti, rapporti con il sistema normativo europeo; (2) Profilassi e assistenza sanitaria; (3) Il sistema dei centri, la ripartizione sul territorio nazionale e i servizi offerti per integrazione e lavoro; (4) La protezione dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) e delle altre categorie vulnerabili; (5) Affidamento dei centri, la gestione contabile e il sistema dei controlli; (6) Procedure amministrative e giurisdizionali per l’asilo; (7) Il CIE e il funzionamento del sistema dei rimpatri; (8) Analisi dei costi complessivi del sistema; (9) Risultanze delle inchieste giudiziarie: i correttivi da introdurre nel sistema.
- L’attuale governo non ha ritenuto continuare l’indagine. Eppure, su Paradoxa Forum del 9 maggio 2019 l’ambasciatore Daniele Mancini è tornato sulla questione di come interagire con la sponda Sud del Mediterraneo e, «dietro di essa, l’immenso continente africano». Devo però lasciare ai lettori il passatempo di verificare sufficienza, idoneità, conflittualità e overshooting dei mezzi adottati da questo governo rispetto a quelli adottati dal governo precedente. Provo invece ad aprire una questione di cultura politica, che si può esprimere in questi termini: come gettare le basi per la costruzione di una società riflessiva e inclusiva.
- Una società inclusiva è una società fondata sulla diversità e sull’integrazione. Una società riflessiva è una società che riflette criticamente sulla sua identità piuttosto che presupporla passivamente come un dato immutabile e irrevocabile. Una società riflessiva e inclusiva, quindi, è una società che si riconosce come inclusiva e che rende la propria identità inclusiva oggetto di riflessione critica. La globalizzazione e la crisi dell’accoglienza hanno chiarito senza possibilità di smentita l’urgenza di venire a capo della sfida rappresentata dalla costruzione di una società inclusiva e riflessiva, come dimostrano i programmi di lavoro 2014-2020 della sfida sociale 6 di Horizon 2020, incentrati sui concetti di ‘inclusione’ e ‘riflessione’ e sulla loro applicazione alla nostra società.
- Tornando ora alla richiesta sartoriana dell’applicabilità, chiediamoci a chi tocchi proporre una narrazione condivisa che ricrei nel nostro paese le condizioni di possibilità dell’accoglienza del diverso e dello straniero.
- Il Santo Padre ne parla; in questi giorni la richiede sempre più spesso. Aspettiamo un’enciclica, perché al Santo Padre tocca prescrivere, non descrivere. Francesco è filosofo, per dirla con Sartori, non è scienziato politico.
- Del resto, abbiamo già diversi spunti interessanti per una filosofia della migrazione. Donatella Di Cesare ha messo in questione il concetto stesso di territorialità (Stranieri residenti: Per una filosofia della migrazione, Bollati Boringhieri 2017), e il diritto di ospitalità è stato proposto come diritto universale nientemeno che da Kant. E sarà in effetti interessante vedere l’impatto del tricentenario kantiano nel 2024 sull’integrazione dei migranti negli ultimi tre quarti del ventunesimo secolo.
- CROSS-MIGRATION, un progetto finanziato da Horizon 2020 (per la call Reversing Inequalities 11-2016, Grant-Agreement 5627812) sta preparando tra i suoi deliverables un’agenda strategica per la ricerca e l’innovazione sulle migrazioni. È da sperare che il sartoriano calcolo dei mezzi sia di aiuto a chi vorrà metterla in pratica.
*NdR Proprio oggi, 13 maggio, ricorre l’anniversario della nascita di Giovanni Sartori.
Dino Cofrancesco dice
Ha fatto bene Riccardo Pozzo a mostrare l’attualità del pensiero politico di Giovanni Sartori. La sua polemica contro i liberal americani (fondata su ‘giudizi tecnici’ non su giudizi di valore) va ricordata ai cosmopoliti nostrani.
Scriveva Sartori: «oggi la versione vincente del multiculturalismo è una versione antipluralistica. Difatti le sue origini intellettuali sono marxiste. Prima di approdare negli Stati Uniti e di americanizzarsi, il multiculturalismo prende l’avvio da neomarxisti inglesi a loro volta fortemente influenzati da Foucault; e si afferma nei colleges, nelle Università, con la introduzione di ‘studi culturali’ la cui messa a fuoco è sulla egemonia e sulla ‘dominazione’ di una cultura su altre.».
Marco Tarchi dice
Cosa Sartori pensasse dei fenomeni migratori, lo ha scritto molto chiaramente nel suo libro “Pluralismo, multiculturalismo e estranei”, che ha suscitato freddezza da una parte del mondo scientifico e critiche anche molto aspre in altri ambienti politici e culturali, tuttora rintracciabili via internet. Ha ribadito poi la sua visione, che sottolineava fortemente i netti limiti della possibilità di accoglienza e di inclusione degli “estranei” (trasformati, in una successiva edizione del volume, in un più accettabile “stranieri”) in vari interventi e interviste e, da ultimo, nel libro “La corsa verso il nulla”. Nel tipo di società e di sistema politico a cui Sartori guardava, la rimozione del concetto di territorialità e la prescrizione del diritto di ospitalità non avevano alcuno spazio. Chi ne dubitasse, ha a disposizione la lettura dei testi citati e di molti interventi giornalistici (come l’editoriale sul concetto di xenofobia ora riportato in “Mala tempora”.