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Giustizialisti buoni e garantisti cattivi: a ognuno il suo (e qualcosina di più)

22 Aprile 2024 di Gianfranco Pasquino 1 commento

«C’è un tempo per essere giustizialista e c’è un tempo per essere garantista». Sto con l’Ecclesiaste, ma aggiungo: «ci sono casi che richiedono giustizialismo e casi che meritano garantismo». E, allora, bisogna sapere distinguere e riuscire a convincere gli altri che la mia distinzione ha valore.

Partirò con la notazione che il garantismo a campo largo è fatto apposta per salvare tutti i propri compagni di merende al prezzo, ritenuto largamente sopportabile, spesso fatto pagare ad altri, di lasciare esenti da qualsiasi intrusione della legge anche i compagni delle altrui merende. Da un lato, questo garantismo comunica la possibilità della tolleranza/immunità per comportamenti probabilmente scorretti, spinti in una zona grigia nella quale è meglio non guardare, fino a dare l’idea di un permissivismo/lassismo che si diffonde a permeare la società, l’economia, la cultura giungendo a troppe manifestazioni di religiosità. Dall’altro, inevitabilmente, difficile dire quanto consapevolmente, questo garantismo erode l’autorità dello Stato e delle istituzioni. Le loro procedure e le loro regole possono essere violate senza conseguenze. Sono elastiche. Possono essere interpretate con notevole discrezionalità che talvolta sfiora l’arbitrio.

Nel giustizialismo si trovano, invece, coloro che danno un’interpretazione inflessibile e immutabile dei principi fondamentali che regolano i rapporti fra le persone e fra quelle persone e le istituzioni. La legge eguale per tutti, ‘giustizialmente’ interpretata, colpisce malamente tutti coloro che sono diseguali per una varietà di elementi sempre esistenti, in particolare, per assenza di risorse economiche, culturali, di visibilità – ‘troppa’ che potrebbe giustificare il dare loro una lezione; ‘poca’ che potrebbe consentire un trattamento esagerato senza che vada agli onori/disonori della cronaca –, di relazioni sociali. Chi viene lasciato solo è più esposto ai rigori della legge.

Trattare i diseguali in maniera diseguale richiede un legislatore in grado d’individuare almeno le più importanti fattispecie di diseguaglianza disturbante e delineare i trattamenti specifici. Vale la pena tentare tenendo a bada gli sconfinamenti garantisti e le esagerazioni giustizialiste. Tuttavia, nell’ottica di un sistema politico, che può anche essere sovranazionale come l’Unione Europea, c’è un elemento che richiede maggiore attenzione e più approfondita considerazione di altri: il potere, più precisamente il potere politico. Non che il potere economico, il potere sociale, il potere culturale, il potere religioso non si accompagnino anch’essi alla probabilità di elargire favoritismi, ma solo il potere politico è in grado di incidere su tutti i cittadini. Solo il potere politico si estende e si spande su tutto il sistema politico intervenendo anche nei confronti degli altri poteri, assegnando vantaggi e/o sottraendo risorse.

Chi ha più potere ha, volente o nolente, più responsabilità. Deve accettare più responsabilità, politiche, sociali, giudiziarie. Nessuno dei suoi comportamenti scorretti può essere condonato. Con il potere politico può meglio difendersi dai giudici e dai giustizialisti. Con quel potere politico può anche, a (in)determinate condizioni, continuare nel reato. No, i detentori di potere politico, di governo e di rappresentanza, non sono cittadini come gli altri. Pertanto, non debbono essere trattati come cittadini qualsiasi – i quali, peraltro, sono un insieme molto variegato. Il potere politico non deve essere usato per giustificare l’irresponsabilità, per sfuggire dalle responsabilità. Non è giustizialismo esigere che chi occupa cariche politiche le liberi per difendersi senza sfruttare quel plus che il potere politico inevitabilmente comporta. Si può esigerlo; si può farlo.

Articolo Gianfranco Pasquino - immagine

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Commenti

  1. Franco Chiarenza dice

    23 Aprile 2024 alle 23:10

    Tutto vero. Ma come evitare che la magistratura schierata metta fuori gioco chi fa politica anche soltanto con un “atto dovuto” come l’iscrizione nel registro degli indagati? Quando in una società l’esposizione mediatica conta più del diritto il rischio diventa reale. Per distinguere tra giustizialismo buono e cattivo ci vorrebbe una magistratura al di sopra di ogni sospetto; che non c’è.

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