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Il bilancio di quattro bilanci

17 Gennaio 2022 di Antonio Malaschini Lascia un commento

«Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova». Che cosa avrebbe detto Agatha Christie di un quarto indizio? Forse che siamo davanti ad una realtà oramai consolidata.

È il caso delle procedure seguite negli ultimi quattro anni per approvare il bilancio dello Stato, non da uno ma da tre diversi governi. Che hanno visto fortemente ridursi (eufemismo) lo spazio dell’esame parlamentare attraverso il combinato disposto di ritardi nella presentazione, inserimento fin dall’inizio di norme contrastanti con le regole di contabilità, limitati spazi di contenuti e finanziari lasciati ai parlamentari, corposi maxi emendamenti presentati all’ultimo momento, reiterate richieste di fiducia sui maxi, sostanziale istituzione di un monocameralismo di fatto.

Cominciamo dall’inizio: bilancio per il 2019, governo Conte 1.

Il bilancio viene presentato alla Camera abbastanza in termini (il 31 ottobre 2018, rispetto al previsto 20 ottobre). La Camera lo approva con fiducia il 7 dicembre. Per tutto il periodo di esame presso la Camera, e per più di dieci giorni nel corso dell’esame in Senato, si svolge una serrata trattativa con la Commissione Europea principalmente sui limiti del deficit: tutti sanno che il testo presentato dovrà essere profondamente cambiato. E a conclusione del confronto europeo, il 18 dicembre il Governo presenta infatti in Senato un maxi emendamento di 270 pagine e 650 commi, che recepisce i termini dell’accordo in sede europea. Senza che l’esame si concluda in Commissione Bilancio, l’aula di Palazzo Madama approva con fiducia il maxi emendamento il 23 dicembre. Trasmesso alla Camera il bilancio viene approvato in terza lettura con fiducia, al fine di evitare l’esercizio provvisorio, il 30 dicembre. Torneremo più avanti sulla decisione della Corte Costituzionale relativa ad un ricorso avverso la procedura seguita.

Bilancio per il 2020, governo Conte 2.

Il bilancio viene questa volta presentato in Senato il 2 novembre 2019 e, dopo forti ritardi in Commissione a causa di difficili trattative politiche, è approvato in Assemblea solo il 16 dicembre grazie ad un maxi emendamento su cui il Governo pone la fiducia. Trasmesso alla Camera, la Commissione Bilancio lo esamina dal 18 al 21 dicembre ed il 24 ha luogo in Assemblea un nuovo voto di fiducia, su un testo non modificato rispetto a quello trasmesso dal Senato. Anche stavolta ricorso alla Corte Costituzionale, di cui poi tratteremo.

Bilancio per il 2021, ancora governo Conte 2.

Il Consiglio dei Ministri approva il 20 ottobre, incredibilmente in termini, il disegno di legge di bilancio: il giorno successivo viene anche illustrato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio. Il 17 novembre, circa un mese dopo, un comunicato della Presidenza dà notizia che il giorno precedente il Consiglio dei Ministri «ha definitivamente approvato» il bilancio, introducendo quindi la bizzarra distinzione tra «approvazione», quella del 20 ottobre, e la «approvazione definitiva» del 16 novembre. Il provvedimento viene quindi presentato alla Camera il 18 novembre e votato dall’Assemblea di Montecitorio, con il classico maxi emendamento con fiducia, addirittura il 27 dicembre. Tre giorni dopo, il 30 dicembre, il Senato non può che confermare nello stesso modo il testo Camera, per evitare anche stavolta l’esercizio provvisorio.

Il quarto indizio: bilancio per il 2022, governo Draghi.

Il disegno di legge è approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 ottobre, ma presentato in Senato solo l’11 novembre. Questa volta la Commissione Senato ne protrae l’esame fino al 21 dicembre. Il maxi emendamento su cui il Governo porrà la fiducia viene approvato dall’Assemblea di Palazzo Madama il 24 dicembre. Il 30 dicembre Montecitorio concluderà l’iter, ancora una volta con l’apposizione della fiducia sul maxi.

Prima di proseguire è forse bene un ripasso delle norme che, per quanto di nostro interesse, disciplinano l’esame del bilancio.

In primo luogo la Costituzione, che all’articolo 81 prevede l’approvazione del bilancio entro il 31 dicembre. In base alla legge 196/2009 il disegno di legge di bilancio dovrebbe poi essere presentato entro il 20 ottobre di ogni anno: come abbiamo visto, ciò non è quasi mai accaduto. Venendo ai Regolamenti Parlamentari, se il bilancio viene presentato in Senato l’esame deve concludersi entro complessivi 40 giorni; se proviene dalla Camera entro 35 giorni. La sessione di bilancio alla Camera dovrebbe addirittura non superare i 30 giorni tra Commissioni ed Aula. Tempi comunque adeguati per un ragionevole esame parlamentare. Mai rispettati.

Per quanto riguarda i contenuti, la legge 196/2009 prescrive ancora che il bilancio non possa contenere disposizioni di carattere organizzatorio ed ordinamentale o interventi di natura localistica. I Regolamenti attribuiscono ai Presidenti delle Camere un ampio potere di stralcio per garantire il rispetto di queste norme. Si consiglia l’attenta lettura dei testi del bilancio come entrati e usciti dal Parlamento per vedere come «incerta», anche qui è un eufemismo, ne sia l’applicazione.

Giunti a questo punto dovremmo esaminare le due ordinanze con le quali la Corte Costituzionale ha «chiarito» al momento il suo pensiero sulla legittimità di queste procedure. Ed eventualmente vedere se possono essere ipotizzate prassi e norme che interrompano un processo che vede ormai crearsi vere e proprie consuetudini che umiliano il Parlamento, non garantiscono il Governo, aumentano il distacco tra i cittadini e le Istituzioni rappresentative. Cose queste che vedremo in una prossima puntata…

bilancio

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