Per Hegel la filosofia è «il proprio tempo appreso col pensiero». L’aumento della povertà e dell’insicurezza, la diminuzione delle libertà e il dilagare dei conflitti sono sfide rispetto alle quali i filosofi sanno dare prospettive e risposte. Queste le questioni centrali che hanno fatto la storia dei quattordici Congressi Internazionali di Filosofia (1900-1968) e dei successivi dieci Congressi Mondiali di Filosofia (1973-2018). In previsione del XXV Congresso Mondiale di Filosofia (che si terrà a Roma, nella Città Universitaria della Sapienza, dall’1 all’8 agosto), due filosofi dell’Università di Bari «Aldo Moro», Paolo Ponzio e Luca Maria Scarantino (che è anche il presidente del XXV Congresso Mondiale di Filosofia), hanno organizzato a Barletta, dal 23 al 24 maggio 2024, lo International Philosophy Summit Conviviality and Dialogue among People. Per dare un’idea della direzione proposta, riporto alcuni estratti dal comunicato finale congiunto, la Barletta Declaration on Philosophy and Interculturality, che è stata accolta tra i documenti del G7 2024 [The Barletta Declaration on Philosophy and Interculturality].
Guardando allo stato attuale della filosofia, non si può negare che la filosofia accademica in Europa e nel mondo anglosassone sia ancora fortemente eurocentrica, con l’aggravante che l’eurocentrismo continua a essere replicato in altre parti del mondo come risultato dell’espansione europea, della colonizzazione e della globalizzazione. Spetta alle università determinare i canoni e i programmi di insegnamento e definire le agende della ricerca, cosa che si traduce nell’inclusione di alcuni argomenti, figure e narrazioni a esclusione di altri. Le università si sono gradualmente rese conto del problema, riconoscendo la necessità di ampliare il canone e diversificare i curricula, ma permangono importanti ostacoli culturali, strutturali e istituzionali che impediscono di superarli, ostacoli che derivano da squilibri e asimmetrie nei sistemi universitari e da vincoli sociali, politici, economici e ideologici. Non possiamo però più permetterci di perdere questioni e prospettive importanti. Ancora oggi, i contributi delle donne filosofe e le filosofie femministe sono molto spesso assenti nei programmi dei corsi di studi. Inoltre, il dominio dell’inglese come lingua accademica internazionale ha portato a una svalutazione del fare filosofia nelle lingue nazionali e a un effettivo restringimento del discorso filosofico, in termini di risorse concettuali, contenuti, metodi e prospettive. Prendere sul serio la diversità delle lingue è fondamentale per realizzare un autentico dialogo filosofico multilaterale.
Il pianeta sta affrontando enormi sfide ambientali, sociali, politiche e tecnologiche che minacciano il futuro di tutte le forme di vita. Sono sfide che richiedono uno sforzo coordinato da parte di tutti i Paesi e di tutte le comunità per rispondere in modo efficace e impegnarsi reciprocamente in un dibattito costruttivo e aperto, basato su un’autentica conoscenza dei punti di vista degli altri. Di qui l’urgenza dell’adozione di una prospettiva interculturale, che affronti da subito i problemi dell’esclusione e della mancanza di diversità.
La Barletta Declaration propone cinque punti d’azione:
- Impegnarsi concretamente per estendere l’educazione filosofica e umanistica, soprattutto tra le giovani generazioni, ponendo l’accento sulla continuità tra l’istruzione secondaria e terziaria e sull’impatto della filosofia nella società.
- Garantire che i confini nazionali non ostacolino la convivialità, il dialogo interculturale e lo scambio accademico.
- Rispettare e salvaguardare la libertà accademica, eliminare la censura, l’intimidazione e la persecuzione e per migliorare e facilitare la crescita, la mobilità e lo scambio accademico.
- Facilitare l’impegno all’interno della comunità accademica globale delle comunità che in diversi Paesi soffrono per svantaggi strutturali e materiali.
- Promuovere reti accademiche di filosofi attraverso azioni a più livelli, tra le quali: (a) sostenere le istituzioni filosofiche esistenti nelle università e negli enti di ricerca; (b) promuovere il dialogo filosofico tra le diverse regioni del mondo; (c) aumentare ed estendere lo scambio di studenti e ricercatori, con particolare attenzione alla mobilità sud-sud, est-ovest e nord-sud; (d) sostenere la diffusione e la comunicazione della ricerca filosofica attraverso iniziative accademiche e altre iniziative di sensibilizzazione; (e) prevedere incontri di filosofi nei prossimi G7/G20 in connessione con i Congressi Mondiali di Filosofia.
Giuseppe Ginepro dice
Cari tutti, ringrazio l’autore per l’acuta analisi delle questioni più attuali che si pongono e per la filosofia e per tutti i popoli nel nostro tempo. Riflettere sulle sfide del mondo non può che farci intravvedere un varco d’accesso, a quella fertile comprensione del presente che nasce da un’ottica lungimirante.
Ma quali orizzonti scorgiamo, in questa visione di lungo periodo? Il contesto del dialogo interculturale,
quanto meno rappresentato e rafforzato dai punti 2, 5b e 5c della Barletta declaration, provoca alcune suggestioni che credo essere di grande rilievo.
Non siamo solo in rotta di collisione con alcuni cambiamenti sociali, ambientali, economici e politici. L’atmosfera di una ‘policrisi’ attiva piuttosto un ritmo serrato tra flussi e riflussi di una sistemica molteplicità di rivoluzioni, dalla transizione digitale a quella ecologica, che già ibridano e trasformano il nostro vivere quotidiano.
Sebbene krisis si presenti come un bivio da cui non si può sfuggire, le forze della storia sembrano ancora ossificarsi nella sterminata pianura del pensiero eurocentrista, dando le spalle all’oceano dell’interculturalità che fermenta nel subcontinente indiano, nel continente africano, nell’Asia di cui la Repubblica Popolare ha rialzato le speranze.
Navigando verso il Pacifico ci accorgiamo come si avvicendino fenomeni culturale vivacissimi, quando altrove permangono nebbie fitte e venti discordanti. Le brezze oceaniche potrebbero trasformarsi in approdi di fortuna, se la cartografia di questi nuovi orizzonti resa di scarsa diffusione nella nostra Europa. Ce ne rendiamo conto, con apprensione o con entusiasmo, senza ricondurre il fenomeno alle sue radici.
Dalle prime file europee non possiamo estraniarci dal cammino verso una nuova coscienza. Qui si deve aprire una parentesi dedicata all’emergere di un pensiero che apre il campo della nostra prospettiva storica e ermeneutica.
Il celebre filosofo Zhuangzi immaginava di abbandonare l’individualismo metodologico di una visione ristretta come quella eurocentrica, per guadagnarne una universale in cui ci si potesse finalmente ritrovare ‘dimentichi’ di quella parzialità che si esigeva per sé nella condizione individuale. Questo moto riconosce la limitatezza per immergersi nell’universale. Zhuangzi tentava di guidarci oltre i consueti confini, per poi raggiungerli e cancellarli, offrendoci un mondo senza frontiere.
Non tanto fisico della relatività, come avrebbe avuto a dire Carlo Rovelli, Zhuangzi era uno scienziato della vita. Nato nel 403 a.C., è stato annoverato tra i filosofi più illustri della tradizione cinese.
Dietro alle spalle del ‘maestro’ per eccezione, Confucio, nato nel 551 a.C., sembra spostarsi in secondo piano nelle più attuali riflessioni sul pensiero non occidentale. Zhuangzi, tra i fondatori del Taoismo, potrebbe cambiare i trend filosofici del secolo.
Anne Cheng, sinologa d’eccellenza, ci dice di lui che fu tra i più decisi oppositori di linguisti ante litteram come il suo stesso maestro Hui Shi. Il linguaggio aveva un ‘al di là’ per Zhuangzi, e questo non può altro che essere l’azione come Wittgenstein ben sapeva. Se Zhuangzi era poco attento a parole vuote egli era fortemente concentrato sul prorompente ruolo delle preganti parole dell’ermeneutica del soggetto umano. Sul loro profondo significato egli costruiva un progetto concreto, un modo di essere, ed un modo d’agire.
Zhuangzi ci domandava un lavoro sullo spirito, sulla coscienza e sulla ri-comprensione del mondo.
Non chiudendo questa parentesi che spero possa risolversi ed ampliarsi in ulteriori applicazioni, concludo con alcuni auspici.
Roma si trasformerà ancora una volta in una arena del pensiero, in occasione del Congresso mondiale di filosofia. Il mio augurio è che tutti i pensatori di buona volontà possano allora riunirsi per dedicare attenzione a quei varchi oltre le frontiere che separano i popoli del mondo, che dal concerto d’Europa risorga il concerto delle nazioni. Il tempo scorre in fretta, si avviano ormai le riflessioni.