Francamente non saprei dire come si intende computare in Italia la scansione delle repubbliche. Ma il richiamo fatto dalla presidente Meloni sull’avvento della ‘Terza Repubblica’, inteso come promessa e come programma, non è che evochi cose particolarmente liete. Almeno dal punto di vista storico. Viene subito in mente, infatti, la Troisième Republique francese, nata nel 1870 dopo la sconfitta di Sedan e passata alla storia per l’instabilità dei governi, la preoccupante sequenza di scandali finanziari ed anche una cospicua ventata di antisemitismo che caratterizzarono il lungo lasso di tempo fino alla Repubblica fantoccio di Vichy, sotto il tallone dei nazisti.
Lasciamo stare, però, la storia ed atteniamoci alla cronaca politica: dopo mesi di dichiarazioni e di bozze più o meno segrete, ma svolazzanti sulle scrivanie delle redazioni, una stesura ufficiale del famoso disegno di legge sul premierato, che sembra aver ipnotizzato tutta la Destra, Renzi e un po’ di costituzionalisti, ha trovato spazio tra le dichiarazioni ufficiali della presidente Meloni, premier eletto dal popolo in coming.
Non si può, ovviamente giurare che si tratti della versione definitiva, ma i capisaldi sono chiari: si introduce nell’ordinamento un istituto che non c’entra molto con quel che già c’è, perché prefigura l’elezione diretta del capo del governo, trascinato a quel ruolo dalla coalizione vincente. Al destino del ‘premier’ eletto, peraltro, è legato quello della legislatura in base alla clausola simul stabunt, simul cadent: ove mai venisse approvata una mozione di sfiducia al capo del governo, andrebbero a casa tutti. Insomma: il modello guarda, più o meno, ai Comuni e alle Regioni. Non possiamo dire che prenda ispirazione da altri ordinamenti democratici fuori dal confine nazionale perché l’unica esperienza di premierato elettivo che si ricordi è quella israeliana, peraltro spazzata via con delusione dopo solo tre votazioni. Però, per qualche ragione non pienamente comprensibile, si distoglie l’attenzione da alcuni aspetti di tutta evidenza: il premierato più noto, quello inglese, per esempio, non mette affatto nel conto di eleggere il capo del governo direttamente, ma gli basta che sia il capo del partito di maggioranza uscito dalle urne, proprio per evitare che, in caso di cortocircuito interno alla maggioranza, si debba far ricorso al voto anticipato, evento sempre traumatico per un Paese.
Ma si tace anche sullo squilibrio che la modifica apporterebbe all’impianto costituzionale, a cominciare dal rapporto con il Capo dello Stato, scelto dai grandi elettori parlamentari e designati dai consigli regionali, mentre il premier sarebbe eletto dal popolo, dotandosi di una legittimazione diretta. Il che sconvolge l’assetto attuale dell’ordine costituzionale senza spiegare perché.
Nel dettaglio registriamo una modalità inedita di costituzionalizzazione della legge elettorale, definita nell’art.3 con l’indicazione di un premio di maggioranza del 55% dei seggi alle coalizioni collegate al candidato Presidente del Consiglio risultanti vincenti (non si sa, però, a partire da quale base: si presume che il disegno di legge abbia valutato le pronunce della Corte Costituzionale in materia di soglia utile). Inoltre l’art.4 (lett. A) prende in considerazione la ‘non fiducia’ del Parlamento al Presidente eletto, stabilendo che questi debba essere reincaricato dal Capo dello Stato e in caso di reiterata assenza di consenso scatterebbe lo scioglimento anticipato. Tuttavia non sempre la cessazione della carica del presidente eletto determinerebbe le elezioni anticipate: la lettera B) dell’art. 4 prevede che il Presidente della repubblica possa conferire l’incarico ad altra persona purché parlamentare eletto nella stessa coalizione del Presidente del Consiglio eletto. Un invito ad organizzare trame intestine?
La ragione sufficiente della riforma risiederebbe nel leit motiv: ‘dobbiamo rafforzare il governo e i poteri del primo ministro’. Bene. Ma non si comprende perché non si opti per qualcosa di meno impattante con il quadro ordinamentale. Per esempio, si potrebbe mantenere la regola già sperimentata nel famigerato ‘Porcellum’ italiano sottoforma di indicazione a Presidente del Consiglio del Capo dell’alleanza che raccoglieva la maggioranza nelle urne. Ancora: si potrebbe discutere della prerogativa del Capo del Governo di proporre al Presidente della Repubblica la rimozione del Ministro non più idoneo a svolgere il suo ruolo nell’Esecutivo. Si potrebbe, inoltre, adottare la sfiducia ‘costruttiva’ per rafforzare la tenuta delle legislature sostituendo subito il capo di governo privo di maggioranza parlamentare con uno che invece ce l’ha. Oltretutto, parliamoci chiaro: dopo aver generosamente tagliato il numero dei parlamentari, si è rafforzato l’effetto maggioritario della legge elettorale, offrendo al governo una tutela aggiuntiva: maggioranza attuale docet.
Insomma: il mistero del premierato elettivo gira intorno alla parola ipnotica ‘precarietà politica’ che, guarda caso, proprio la presidente Meloni non dovrebbe conoscere. Se i problemi sono di tenuta coalizionale, suggeriremmo di puntare sulla sfiducia costruttiva. Basta e avanza. Ma, per favore, non facciamo altri danni irrimediabili alla Costituzione.
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