La Laudato si’ anticipa di pochi mesi la Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la quale venne lanciata l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che era peraltro il risultato di un lavoro prolungatosi per diversi anni. La prima è datata 24 maggio 2015; la seconda fu adottata il 25 settembre. Colpisce, a maggior ragione, la corrispondenza pressoché letterale fra i due testi su un punto davvero cruciale, che indica insieme un metodo e una direzione. L’enciclica punta a un’ecologia integrale che comprenda la dimensione ambientale, quella economica e quella sociale, nella consapevolezza che «tutto è intimamente relazionato» (§ 137). E uno sviluppo sostenibile e integrale è esplicitamente indicato come l’obiettivo da raggiungere fin dai primi paragrafi. La Risoluzione cambia l’ordine e lascia intatta la sostanza, proponendo a tutti (e non solo agli Stati) l’impegno a «raggiungere lo sviluppo sostenibile nelle sue tre dimensioni – economica, sociale e ambientale – in maniera equilibrata e interconnessa». Aggiungendo subito la promessa che «nessuno verrà lasciato indietro» (§§ 2 e 4).
Che cosa significa riconoscere l’esistenza di una sfida sociale insieme a quella ambientale e a quella economica? La domanda può essere scomposta in due diverse questioni, che riguardano rispettivamente i contenuti di tale sfida e il suo rapporto con le altre due. La prospettiva delineata nella Laudato si’ intercetta entrambi gli aspetti della filosofia appunto sociale individuati da Joel Feinberg: quello dei concetti che esprimono ideali (a partire da libertà, giustizia, uguaglianza) e quello dei termini che svolgono una funzione-chiave nell’enunciazione di principi normativi (come danno, beneficio, mancanza, bisogno, pretesa, diritto). Così facendo, essa suggerisce due considerazioni che offrono una chiave di lettura anche della prospettiva ampia sulla sostenibilità scelta dall’Agenda 2030 e, allo stesso tempo, uno spunto per ripensare il ruolo dell’economia.
È illusoria l’idea che si possa risanare la nostra relazione con la natura senza risanare «tutte le relazioni umane fondamentali» e dunque senza includere pienamente in questa azione terapeutica «la dimensione sociale dell’essere umano» (alla quale il papa aggiunge quella trascendente). Su quest’ultima convergono i vettori dell’etica, della cultura e della spiritualità: la crisi ecologica è l’espressione di una crisi più profonda che investe nella modernità questi elementi essenziali dell’esistenza umana e non ci sono due crisi separate, «bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (§§ 119 e 139). Per questo occorre prima di tutto cercare di raddrizzare i pilastri delle relazioni umane e dell’antropologia che è la vera «radice» di una crisi che distorce lo sviluppo della scienza e della tecnica, i meccanismi dell’economia, le responsabilità della politica. A questa radice è significativamente dedicato il terzo capitolo dell’enciclica, che introduce alla risposta dell’ecologia integrale.
La seconda e forse più importante considerazione nasce dalla constatazione di questa sporgenza della dimensione sociale e della sua filigrana etica e culturale. L’economia è una parte e non il tutto del sociale così inteso, così come lo sono i comportamenti e il modo di intendere la realtà (§ 139). Alla perdita dell’orientamento al bene comune, che riduce l’economia al solo affanno per l’utile e la politica all’ossessione per il potere (§ 198), solo per fare un esempio, non si può pensare di rispondere esclusivamente per vie interne all’economia, restando così prigionieri, magari in buona fede e a fin di bene, dell’ideologia della sua egemonia. Ci sono e ci saranno sempre modi diversi e ugualmente razionali di organizzare le relazioni economiche e a sceglierli saranno sempre uomini e donne che costruiscono anche in questo modo il senso e i fini della loro identità individuale e collettiva. Abbiamo bisogno di un’altra economia, ma occorre il contributo di tutti per renderla possibile. Papa Francesco, su questo punto, non ha dubbi. È all’educazione che è intitolato l’ultimo capitolo della Laudato si’.
Dino Cofrancesco dice
«Per questo occorre prima di tutto cercare di raddrizzare i pilastri delle relazioni umane e dell’antropologia che è la vera «radice» di una crisi che distorce lo sviluppo della scienza e della tecnica, i meccanismi dell’economia, le responsabilità della politica». Davvero,’vaste programme!’, per citare le Général…