L’Intelligenza Artificiale ha poco a che spartire con la ‘intelligenza’ per come ognuno di noi la interpreta. È un modo di fare software basato su algoritmi ed elaborazioni statistiche che manca totalmente – e non potrebbe essere diversamente – di alcuni aspetti caratteristici dell’intelligenza umana, quale la capacità congiunte di astrarre e dedurre, di coinvolgere aspetti emotivi, di includere creatività, di essere cosciente di se stessa.
Con una affermazione paradossale, qualcuno ha detto che, quando una Intelligenza Artificiale sarà in grado di piangere i propri cari, allora si potrà dire realmente intelligente.
In ogni procedura informatica, da sempre, è possibile introdurre variazioni casuali, inserire variabili randomiche in procedimenti algoritmici o statistici. Questo può portare, e spesso porta, a risultati inattesi. Ma si può chiamare questa cosa ‘creatività’ ?
Qualche anno fa, in preda al dilemma di dove andare con la famiglia durante le ferie tra Natale e l’Epifania, pensai bene di scrivere del software per farmi aiutare nella scelta.
Divisi il centro-nord Italia in 7 macro blocchi e implementai una procedura che, da un blocco, poteva scegliere casualmente, generando delle coordinate geografiche, una località nello stesso blocco o in un blocco contiguo, rispettando alcuni vincoli di distanza. Un altro vincolo era che il viaggio, nel numero di notti stabilito, sarebbe partito da Milano ed avrebbe dovuto concludersi a Milano.
Una volta generate le coordinate casuali di una località ricadente all’interno di un blocco, l’algoritmo prevedeva la consultazione di un sito di prenotazioni alberghiere per scegliere, in un intorno del punto fissato, l’albergo che rispettando vincoli massimi di budget avesse il gradimento maggiore dal pubblico.
Una volta arrivati in albergo, poi, si sarebbe proceduto a chiedere al personale suggerimenti su attrazioni turistiche in zona, da non perdere. Ne uscì un itinerario meraviglioso che portò la mia famiglia a scoprire reali perle che altrimenti non avremmo mai conosciuto.
È stato un sistema artificialmente intelligente a costruire l’itinerario ed a scegliere gli alberghi ed il prodotto non era in alcun modo preordinato. Il metodo è stato indubbiamente originale e financo creativo, ma il prodotto (l’itinerario, la scelta degli alberghi) non è certo stato opera della creatività del computer. E fu solo indirettamente prodotto della creatività del programmatore (il sottoscritto). E a ben vedere, nemmeno mia, ma di una discussione tra le figlie che ipotizzarono di procedere ad un itinerario pseudocasuale ma che nulla ebbero a che vedere con il software né con l’output. Output influenzato dai criteri di scelta degli alberghi, in parte stabiliti da mia moglie (le caratteristiche di camera e colazioni) ed in parte da me (il prezzo).
La ‘creatività’ era insita nel procedimento complessivo e distribuita tra più parti. Non certo nella macchina, che non aveva né conoscenza né coscienza di quanto stava eseguendo. Non c’era in essa una volontà creativa.
Una volta programmati il procedimento e fissati i criteri di selezione degli output accettabili, lo stesso vale per qualunque attività, sia che il prodotto generato sia un itinerario, una sequenza musicale, una immagine o un testo. Ma possiamo dire che un computer ha ‘creato’ un itinerario, una musica, un quadro o una poesia?
Salvo rare eccezioni, forse anche legate a interessi di visibilità mediatica, i filosofi sono concordi nel ritenere che la differenza tra un’opera creativa ed un’opera non creativa risieda nell’intenzionalità dell’autore. Se non vi è intenzionalità da parte dell’autore, non si può parlare di creatività né di arte. Il mio computer non aveva certamente l’intenzione di farci passare un capodanno memorabile. Nemmeno sa cosa siano le ferie.
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