Occorre davvero una bella dose di ottimismo per pensare che nell’anno che verrà, 2024, in cui ricorrerà il terzo centenario della nascita di Kant, si daranno nel mondo condizioni tali da poter celebrare i pilastri cardine del suo pensiero politico, come una eredità antesignana di un passato-presente-futuro che, in occidente e altrove, a essi risulti effettivamente e progressivamente ispirato. Basti pensare all’obiettivo e ai princìpi fondamentali che egli pone nel suo scritto universalmente più noto, Per la pace perpetua (1795), precursore di ogni progetto mirante a istituzionalizzare la pace al di là della mera cornice degli Stati sovrani. I tre celebri articoli «definitivi per la pace perpetua fra gli Stati» oggi meno che mai sembrano godere di buona salute; innanzitutto il principio secondo il quale «il diritto internazionale deve fondarsi sopra una federazione di liberi Stati» (articolo secondo), né tantomeno che si debba dar vita a un «diritto cosmopolitico» (articolo terzo). Del resto, nemmeno l’articolo primo, che vede nello Stato di diritto – per quanto attiene l’assetto istituzionale interno ai singoli Stati che andranno a far parte della federazione di cui sopra – il presupposto necessario degli articoli successivi, sembra più realtà consolidata e non soggetta a qualche turbamento all’interno degli stessi Paesi occidentali e persino in alcuni Stati membri della Unione Europea.
Un pensatore battuto dalla realtà storica del nostro presente e da relegare nei lidi di utopia? Certo se poi si considerano eventi verificatisi in anni recenti, alcuni potrebbero essere persino assunti a emblema di un suo totale scacco e volontà di cancellarne l’eredità e addirittura di porla sotto accusa nel segno di ben altri ‘valori’ da portare alla ribalta. Così, per esempio, qualche anno fa – fine 2018 – alcuni giornali in Europa dedicarono poche righe alla notizia che a Kaliningrad – l’antica prussiana Kőnigsberg, città natale di Kant e in cui egli risiedette per tutta la vita, divenuta enclave russa dopo la seconda guerra mondiale – la statua di Kant era stata imbrattata di vernice rossa e che analogo trattamento era stato riservato alla sua tomba. In vari luoghi della città erano stati poi diffusi volantini che proprio non sopportavano che venisse reso omaggio a un pensatore tedesco e riportavano scritte quali: «Vergogna ai traditori! Vergogna a Kant! Gloria al Rus!» e ancora «Il nome di un tedesco non imbratterà il suolo russo!».
L’affaire specificamente in questione era l’eventuale intitolazione dell’aeroporto di Kaliningrad a Kant, come alcuni avevano osato proporre, pare con successo in termini di effettive adesioni di cittadini a tale ipotesi. La successiva, accettata intitolazione alla zarina Elisabetta Romanova, figlia di Pietro il Grande, doveva rassicurare presto non solo gli autori dell’atto vandalico di cui sopra, ma in primo luogo il Capo di stato maggiore della flotta russa del Baltico che non aveva lesinato accuse contro Kant in un infiammato discorso di fronte ai suoi marinai e alla popolazione, appioppandogli definizioni quali: Kant «traditore della patria», Kant «uno scribacchino, autore di diversi libri incomprensibili che tutti quanti i qui presenti non hanno mai letto né mai leggeranno!». Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Putin e alti gradi del suo governo portarono poi più volte alla ribalta Kaliningrad come luogo da cui sarebbe possibile far partire in un battibaleno il terrore verso l’Occidente e colpire pressoché contemporaneamente attraverso il lancio di nuovi, potentissimi missili tutte le più importanti capitali occidentali. Altro che Kant e la sua Pace perpetua, si potrebbe facilmente commentare. E non mancano certo altri esempi, più o meno recenti, in giro per il mondo che ‘arricchiscono’ ogni giorno di più l’attuale drammatico scenario globale di guerre, in una costante escalation di devastazioni, di morti, di terrore.
Ritornando a Kant, è vero dunque che gli articoli definitivi della sua Pace perpetua, in cui si disegna un mondo futuro popolato di Stati di diritto capaci di far sorgere una libera federazione fra Stati e di dar vita a un diritto cosmopolitico e a istituzioni forti garanti della pace, suonano oggi secondo una prospettiva tale da situare questo progetto sulla stessa linea fantascientifica della saga di Star Trek, saga dal duraturo e planetario successo in cui la federazione interstellare ha sempre la meglio e comunque è in grado di parare i colpi di ogni mira imperiale. Ma da grande pensatore politico qual è, Kant è perfettamente conscio delle difficoltà del percorso che potrà condurre gli Stati a far propri gli articoli definitivi di cui sopra e così egli indica con precisione e prioritariamente sei «articoli preliminari per la pace perpetua tra gli Stati». Sono articoli che, nel loro insieme, tracciano un percorso il quale, una volta compiuto, potrà condurre alla pace secondo i princìpi posti negli articoli definitivi. Si tratta di un lento itinerario di cui egli delinea sei diverse tappe.
Peccato che, reinterpretando Kant alla luce del presente, nell’imminenza del terzo centenario della sua nascita, e semplicemente secondo le indicazioni che egli riteneva prioritarie e realistiche per qualsiasi processo di una pace che non significhi soltanto mera tregua fra guerre, non si possa fare a meno di sottolineare quanto anch’ esse risultino ancora assai lontan in questi primi decenni del XXI secolo e lungi dall’aver trovato effettiva applicazione. Eppure risulta difficile pensare che non ci sarebbe largo consenso fra cittadini nati sotto diversi cieli e latitudini per condividere, per esempio, i preliminari articoli kantiani seguenti:
- Nessun trattato di pace può considerarsi tale, se è fatto con la tacita riserva di pretesti per una guerra futura.
- Nessuno Stato deve intromettersi con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato.
- Nessuno Stato in guerra con un altro deve permettersi atti di ostilità, che renderebbero impossibile la reciproca fiducia nella pace futura…
Ma forse da qualche parte mi si obietterà che la mia è una visione largamente ‘occidentalocentrica’ e che Kant davvero può/deve attendere…
GIANLUCA SADUN BORDONI dice
Dal momento che sto riflettendo su questo da tempo, mi permetto di comunicare l’ultimo mio lavoro, in uscita presso De Gruyter:
Cosmopolitanism and Political Realism: Kant’s Double Legacy and Contemporary Political Challenge
Lo invio volentieri e lo discuto con gli amici di Paradoxa.
Di prossima pubblicazione poi un libro sulal guerra, di cui discuteremo (spero)
Dino Cofrancesco dice
Nessuno Stato deve intromettersi con la forza nella costituzione e nel governo di un altro Stato.
E’ la politica seguita dalla Casa Bianca in Medio Oriente e in altre zone del mondo