Torna una vecchia storia che circola nella politica italiana dall’Ottocento: ci vorrebbe un partito moderato di centro, ovviamente costruito ad hoc (e sempre ex novo). Piuttosto che di moderatismo, sarebbe meglio parlare di ragionevolezza e di riformismo, perché in sé essere moderati finisce per risultare un po’ equivoco.
La gente si unisce in politica attorno a dei progetti realistici e ragionevoli quando capisce che gli utopismi non servono a niente, così come i massimalismi. Si tratta però di creare come premessa rivolte intellettuali che devono servire per costringere le forze politiche che operano sul campo a sottrarsi al fascino poco discreto di quelli che pensano che non solo il razionale, ma anche l’irrazionale siano reali, senza capire che deve essere il reale a risultare razionale.
L’eterna rincorsa di una ‘terza forza’ non ha mai portato bene. È molto meglio lavorare per riportare sulla terra le due forze che tradizionalmente si disputano il campo politico, cioè i progressisti e i conservatori, per impedire ai primi di diventare rivoluzionari immaginari e ai secondi reazionari senz’anima.
Oggi c’è poca solidarietà fra coloro che potrebbero cooperare per riportare sui piedi una politica che sta camminando sulle mani, perché si tratta di impegni che non pagano in termini di popolarità e di accesso alla grande ribalta mediatica. Eppure i sistemi politici sono in equilibrio e possono sviluppare energie positive quando almeno la maggior parte degli attori che si contendono l’arena pubblica convengono intorno alla ricerca di ragionevolezza da porre alla base delle riforme. Perché una società è, come si diceva una volta della Chiesa, semper reformanda, se vuole rispondere alle sfide dei tempi. C’è però bisogno di stabilire un confronto maturo per cercare le intese necessarie, non una guerriglia continua fra gladiatori degli slogan.
Ora varrebbe la pena di riflettere se non sia meglio che coloro che hanno ruoli di responsabilità e che ancora hanno un senso di servizio verso il bene comune si impegnassero per migliorare e, diciamolo pure, per convertire le organizzazioni politiche e sociali di qualche significato che sono già in campo, piuttosto che per contribuire alla ricerca sterile di creare il partito degli ottimi e dei puri.
Ci vuole tanta umiltà, ancor più pazienza e una buona corazza per lasciarsi scivolare addosso le contumelie che arriveranno da coloro che hanno costruito le loro fortune con le utopie e i massimalismi. Credo però sia una battaglia che vale la pena di essere combattuta.
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