Paradoxaforum

  • Home
  • Contatti
  • Chi siamo
Ti trovi qui: Home / Interventi / La Bioetica nelle Società multietniche

La Bioetica nelle Società multietniche

9 Aprile 2020 di Francesco D’Agostino 2 commenti

Che l’Europa debba ormai prepararsi (e rassegnarsi!) a diventare multietnica non può creare alcun dubbio, se non in coloro che testardamente rifiutano di ragionare sugli inequivocabili dati economici, demografici, politici, religiosi e bioetici del nostro tempo.

Come però si possano costruire comunità multietniche pacificate, solidali, scevre da tensioni razziali, religiosamente tolleranti, e soprattutto bioeticamente eque, questo nessuno è ancora in grado di dire. Le dinamiche volte a costruire e consolidare un diritto alla salute aperto a una piena integrazione degli immigrati, anche le più illuminate e le più generose, si stanno rilevando faticose, equivoche, per non dire fallimentari.

Qualche rapido esempio: crea grosse difficoltà ragionare serenamente sul modello adottato nel Regno Unito, che ha favorito (con quanta consapevolezza è difficile a dirsi) il riconoscimento al proprio interno di ordinamenti giudiziari etnici e bioetici autonomi, paralleli a quello tradizionale anglosassone. In tal modo si sono di fatto avallate legalmente pratiche familiari per noi europei assolutamente inaccettabili, come quelle calibrate su modelli di carattere pesantemente paternalistico, che negano alle giovani generazioni – quelle nate nel Regno Unito! – ogni possibilità di autodeterminazione.

A sua volta Il modello francese, illuministicamente e ingenuamente convinto del primato ideologico del principio di laicità, ha favorito il crearsi di inquietanti spazi territoriali non solo etnicamente e bioeticamente differenziati, ma anche socialmente e sanitariamente inquietanti. Come percepisce immediatamente chiunque, ad es., abbandoni il centro per avventurarsi nelle ‘banlieues‘.

Né meglio sta funzionando il modello scandinavo, che ha deciso orgogliosamente di venire incontro con generosi sussidi sociali ed economici ai problemi degli immigrati, ma che alla fine è giunto a riconoscere l’impossibilità di realizzare un ragionevole equilibrio tra le esigenze crescenti delle loro comunità e gli ancor più crescenti disavanzi dei bilanci pubblici.

La realtà è che l’integrazione etnica, se è difficile a livello sociale, lo è infinitamente di più a livello etico e bioetico. Si tratta, infatti, di una dinamica multifattoriale, che nessuno è ancora riuscito ad esplorare fino in fondo e che ha al suo centro il nodo gordiano dell’identità. Un nodo che nessun algoritmo riuscirà mai a controllare, perché in esso si intrecciano esigenze antagonistiche, spirituali e materiali, individuali e collettive, radicate in una storia passata, che non è più proponibile, e proiettate in paradigmi futuribili illusori, ambigui e problematici.

La verità è che nel mondo di oggi una compiuta integrazione etnica e bioetica è tanto necessaria quanto utopica, e che ogni passo in avanti che facciamo per realizzarla si accompagna inevitabilmente a tanti passi indietro, di cui spesso non prendiamo nemmeno coscienza. La vicenda della diffusione del Coronavirus è istruttiva: se è un principio bioetico assoluto quello di garantire a tutti i malati le cure opportune, l’individuazione per ciascun malato, di ciascuna etnia, della cura più opportuna apre dibattiti laceranti e allo stato attuale non componibili.

Ecco perché gli innumerevoli progetti, gli interminabili dibattiti, i nobili auspici che hanno al loro centro le dinamiche migratorie suonano alle orecchie della maggior parte di noi quasi sempre a vuoto. Il che, naturalmente, non comporta né giustifica atteggiamenti di resa, nei confronti di quello che ormai appare chiaramente come il più complesso problema dei primi decenni del terzo millennio.

Ma è comunque giunto il tempo di assumere, nei confronti di un’ umanità che ha fatto del ‘nomadismo’ il suo tratto più caratteristico, un atteggiamento che superi gli angusti confini delle scienze umane e della stessa bioetica pensata come disciplina accademica: è indispensabile assumere un atteggiamento diverso, che si dovrebbe avere il coraggio di definire, senza timidezze, ‘sapienziale. Il nomadismo non andrebbe analizzato, come si continua a fare, studiando in primo luogo le masse, ma ragionando sugli individui, quindi anche, e soprattutto, su noi stessi.

Dobbiamo riconoscere e mettere in discussione il vuoto di identità che ci è stato trasmesso dalle generazioni che ci hanno preceduto: un vuoto che il più delle volte la maggior parte di noi non è più nemmeno in grado di riconoscere. Dobbiamo percepire come un dovere inderogabile quello di costruire, insieme ed accanto agli altri, una nuova identità umana, che sostituisca quella di oggi, così frantumata, umiliata e violentata.

Infatti, in qualunque modo si struttureranno eticamente le società multietniche di un futuro, che è già, sotto molti profili, un presente, esse non potranno che essere società ‘nuove’. E per affrontare il ‘nuovo’ nella sua imprevedibilità si richiede non solo coraggio, ma volontà di operare per il bene: una categoria, questa del bene, che le scienze umane hanno da decenni indebitamente trascurato, ma di cui devono riappropriarsi e che deve tornare a muovere, costi quello che costi, le intenzioni profonde di ciascuno di noi.

Condividi:

  • Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
  • Altro
  • Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)
  • Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)

Archiviato in: Interventi

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche su controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie

Commenti

  1. Carmelo Vigna dice

    10 Aprile 2020 alle 14:52

    D’accordo, Francesco. Il compito che il multiculturalismo ci mette innanzi è immane. Ma non possiamo non tentare di onorarlo (ne convieni anche tu). La mia modesta indicazione: mirare (di nuovo) a un accordo politico (universale, in qualche modo) sull’umano che ci è comune (come si tentò di fare, ad es., nel dopoguerra). Rispettare (e accogliere, se si vuole) quello che può arricchire “l’umano comune”; contrastare (e vietare) quello che “l’umano comune” può ferire (o distruggere). Purtroppo, l’alternativa è solo… Babele…”

    Rispondi
  2. Marco Tarchi dice

    10 Aprile 2020 alle 8:00

    Il “piccolo” problema è che la categoria del bene è, per eccellenza, di ordine etico. O meglio, è il fondamento dell’etica, come tutti sappiamo. E ricade nell’ambito più vasto delle identità culturali, o meglio – se il politicamente corretto consente di dirlo – etnoculturali. Interpretazioni diverse, e a volte opposte, di ciò che è bene e ciò che non lo è, ci sono e ci saranno, rendendo la vita delle società multietniche sempre molto conflittuale. I testardi che non vogliono ammetterlo non sono meno utopisti di coloro che non si rassegnano all’inevitabilità di questo orizzonte. Su cui le pandemie hanno ancora molto da dire. Nel “mondo post Covid-19” di cui ossessivamente ci si parla da ogni parte, cambierà tutto meno i flussi migratori e la loro accettazione? Che straordinaria eccezione…

    Rispondi

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Tema in discussione

  • L'Europa da Ventotene ad oggi
  • I voti dell'Europa
  • Democrazie e guerra
  • Presidenzialismo
  • Guerra russo-ucraina
  • Il vaccino della conoscenza
  • Rientro a scuola. La sfida al Covid
  • CoVid19. Le angolazioni della crisi
  • Fatti e disfatti
  • Unione Europea
  • Il ’68, lo Stato, la nazione
  • Comunicazione politica
  • Newsletter

    * campi obbligatori

    Commenti recenti

    • Dr. Stephen Steinlight su Le radici profonde della ‘Resistenza’ ucraina
    • Maurizio Griffo su Il Fascismo. Le verità nascoste
    • Dino Cofrancesco su Il Manifesto di Ventotene. Qualche considerazione di metodo

    GLI AUTORI

    IL TEMA IN DISCUSSIONE

    L’Europa da Ventotene ad oggi

    Il Manifesto di Ventotene. Qualche considerazione di metodo

    31 Marzo 2025 di Dino Cofrancesco 3 commenti

    Giuseppe Ieraci sul post di ParadoxaForum, del 28 marzo, Sovversivi e comunisti a Ventotene, analizzando criticamente Il Manifesto di Ventotene ha parlato di «un apparato concettuale che oggi desta perplessità: lotta e coscienza di classe, rivoluzione, collettivizzazione, proletariato, sfruttamento capitalistico, imperialismo, si tratta di un linguaggio tardo ottocentesco che era tipico dell’humus … [continua]

    Archiviato in:Il tema in discussione Contrassegnato con: politica, storia, L'Europa da Ventotene ad oggi, Ventotene

    Sovversivi e comunisti a Ventotene

    27 Marzo 2025 di Giuseppe Ieraci 2 commenti

    «La caduta dei regimi totalitari significherà sentimentalmente per interi popoli l’avvento della ‘libertà’; sarà scomparso ogni freno, ed automaticamente regneranno amplissime libertà di parola e di associazione. Sarà il trionfo delle tendenze democratiche». Sono parole di Silvio Berlusconi? Oppure di Volodymyr Zelenskyj? … [continua]

    Archiviato in:Il tema in discussione Contrassegnato con: Governo italiano, L'Europa da Ventotene ad oggi, Ventotene

    Quelli che l’Europa di Ventotene

    24 Marzo 2025 di Gianfranco Pasquino 1 commento

    «L’Europa di Ventotene», ha affermato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, «non è la mia Europa». Non avrebbe certamente potuto esserlo poiché lei non si sarebbe mai trovata fra i confinati a Ventotene, ma certamente a Roma fra i confinatori fascisti. Perché gli alleati del regime fascista che metteva in galera e confinava i suoi oppositori erano proprio i nemici dell’Europa di Ventotene. … [continua]

    Archiviato in:Il tema in discussione Contrassegnato con: Europa, democrazia, L'Europa da Ventotene ad oggi, Ventotene

    Galleria fotografica

    Questo slideshow richiede JavaScript.

    Archivi

    Privacy Policy

    Contattaci

    Nova Spes International Foundation
    Piazza Adriana 15
    00193 Roma

    Tel. / Fax 0668307900
    email: nova.spes@tiscali.it

    Statistiche

    • 192.387 clic

    Seguici

    • Facebook
    • Instagram
    • Twitter
    • YouTube

    © Copyright 2016 Paradoxa Forum · All Rights Reserved