Il 9 settembre u.s. «la Repubblica» riportava una notizia, non poco inquietante: «Casa Pound e Forza Nuova scompaiono dai social proprio durante il dibattito sulla fiducia al governo Conte. Sono stati infatti cancellati da Facebook e Instagram i profili ufficiali dei due partiti e quelli di numerosi responsabili nazionali, locali e provinciali, compresi quelli degli eletti in alcune città italiane. Oscurate le pagine di Gianluca Iannone, Simone Di Stefano e Roberto Fiore. Spariti dagli schermi decine di account vicini alle due organizzazione di estrema destra. A cominciare dalla pagina principale, ‘Casa Pound Italia’, certificata da Fb con tanto di spunta blu: ha 280mila follower. Restano attivi invece i profili di Twitter».
Mai avuto un feeling con Casa Pound e se mi capitasse di ascoltare i suoi affiliati cantare qualche inno del ventennio fascista (o, peggio, nazista) mi allontanerei inorridito. Un disagio minore, ma non leggero, aggiungo subito, provo ogni volta che sento intonare, in cerimonie pubbliche, Bella ciao o altri canti della Resistenza. Sono allergico ai simboli – e canti e suoni sono tali al massimo grado – che dividono la comunità politica, minacciando di morte gli avversari ideologici degradati a nemici assoluti. Parole come All’armi siam fascisti, terror dei comunisti oppure ormai sicura è già la dura sorte del fascista vile e traditor si possono ascoltare nei chiusi recinti dei partiti e delle sette ma non si possono imporre a tutti – come accadeva ieri durante il fascismo e oggi nelle scuole e nelle piazze italiane. La Repubblica dev’essere un’istituzione che unisce e affratella e, pertanto, i suoi riti vanno accompagnati da brani come Fratelli d’Italia o Va’ pensiero eseguiti da cori ai quali tutti si possano partecipare commossi.
È indubbio che associazioni come Casa Pound o Forza Nuova non mirano affatto a creare una memoria condivisa ma solo a resuscitare vecchie fratture storiche e ad attivare sentimenti di odio verso il sistema politico sorto sulle rovine del fascismo. Ma l’altera pars non è stata da meno nel ‘seminare zizzania’: i suoi storici, i suoi ideologi – dal Partito d’Azione al PCI – hanno costantemente delegittimato l’operato dei costruttori dello stato nazionale (la conquista regia, la colonizzazione del Sud, l’estraneità delle masse al processo unitario etc.) screditando parole come ‘patria’, ’nazione’ etc. al punto da farle apparire patetici fantasmi del tempo che fu.
In democrazia ciascuno ha il diritto di pensare, dire e scrivere quel che vuole purché non contravvenga alle leggi e non inviti a bruciare la casa dei congiurati che hanno assassinato l’ottimo Cesare. «Uccidere un fascista non è un reato» era uno slogan degli anni di piombo, che mi pare non comportasse pene severe per chi lo scriveva sui muri o lo gridava in riunioni di attivisti.
Navigando su Youtube si trovano apologie insopportabili (per un liberale, of course) del compagno Stalin e altrettante deliranti esaltazioni dei regimi totalitari di destra. Pietanze mediatiche difficili da digerire, sicuramente, ma che senso ha invocare la mannaia della censura? La XII Disposizione finale e transitoria della nostra Costituzione vietava, giustamente, «la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista» ma le leggi successive andarono ben oltre: stabilirono un reato – l’apologia di fascismo – davvero difficile da definire. Ha senso trattare come un delinquente chi rimpiange l’Italia delle camicie nere, la sua classe dirigente, le sue realizzazioni sociali, la sua gestione del territorio, il suo corporativismo? Se la democrazia liberale, specie nelle sue configurazioni odierne, non piace e si vuole sostituire ad essa un diverso regime politico, resta solo il ricorso alla maniera forte, alla chiusura dei blog, all’espulsione da Facebook, alla perdita della cattedra? Non soltanto in gastronomia ma anche in etica e in politica, de gustibus non est disputandum: se una minestra non piace, farla ingurgitare con la forza, ovvero ricorrendo a sanzioni liberticide, non ricorda l’olio di ricino del ventennio?
A scanso di equivoci, anch’io ritengo un nemico potenziale e pericoloso della ‘società aperta’ il mondo che gravita attorno a Casa Pound ma se i follower sono 280mila ci sarà pure una ragione.
Su «Primato nazionale» si leggono analisi di politica interna e internazionale per me discutibili e faziose ma alle interpretazioni storiche e sociologiche che non convincono si replica con puntuali argomentazioni: non certo togliendo la parola ai dissidenti. Oggi in Italia ci ritroviamo una classe dirigente ottusamente giacobina (Laura Boldrini ed Emanuele Fiano ne rappresentano il top) che volentieri espellerebbe dalle scuole e dai circuiti massmediatici chi rifiuta la vulgata antifascista o esprime riserve sull’accoglienza o si preoccupa della salvaguardia dell’identità nazionale. Sennonché, i nemici si combattono con le opere, mostrando nel quotidiano l’eccellenza della ricetta liberale. E se gli antidemocratici no pasaran, a fermarli non saranno la zombica Anpi, i tribunali, gli anatemi dei Gad Lerner, la pedagogia repubblicana e giacobina (che aleggia nelle parole alate di Sergio Mattarella) ma la ‘qualità della vita’, le opportunità e le libertà assicurate a tutti, la civiltà di una convivenza che non si affida agli apparati polizieschi e censori per assicurare il rispetto della legge e dell’ordine bensì ai valori interiorizzati dai cittadini.
Liborio Mattina dice
L’intervento di Cofrancesco, che leggo solo ora, mi ricorda la teoria degli “opposti estremismi” tanto in voga in un certo periodo della nostra storia repubblicana e tanto volutamente inadeguata a cogliere la drammatica connivenza di alcuni apparati dello stato che portarono alla strage di stato.
armando dice
e della chiusura di Vox Italiae, il movimento di Fusaro, quindi non certo fascista, cosa si pensa? va bene anche quella, o anche quella fa parte di una , ormai, vera e propria guerra culturale che vuole chiudere ogni voce dissenziente rispetto al mainstream liberista?
armando ermini dice
Un caposaldo del liberalismo è la libertà di esprimere le proprie idee, per quanto siano giudicabili sbagliate o stupide o peggio. Quindi la tutela delle minoranze, che devono essere libere di dire sciocchezze, senza che ciò sia seguito da comportamenti di fatto che infrangono la legge e che, quindi, vanno perseguiti. Senza di ciò siamo nell’ambito dei reati di opinione che poi diventano gli psicoreati. Una vera e propria aberrazione e una contraddizione in termini col liberalismo. Detto questo il punto è che facebbok è un soggetto privato che agisce e decide secondo sua convenienza e convinzione, quindi il suo atto è giuridicamnente legittimo. Ma questo ci chiama tutti in causa perchè tutti affidiamo la diffusione di idee e opinioni a un soggetto privato, che certamente offre minori garanzie di un soggetto pubblico (che può essere chiamato a renderne conto) quanto a imparzialità, correttezza e completezza. Si inizia con Casa Pound, bersaglio facile, poi si passa all’omotransfobia ed a tutto ciò che non è allineato al politicamente corretto imperante. Chi poi esulta per questa decisione potrà avere presto a pentirsene. Il vento può cambiare.
Carmelo Vigna dice
Il post del collega Cofrancesco mi lascia profondamente perplesso. Il minimo che si possa dire è che si tratta di un intervento poco opportuno.
I cenni sprezzanti a Gad Lerner e a Mattarella poi non mi paiono proprio di stile… liberale
Dino Cofrancesco dice
Vorrei capire se, al di là della critica estetica (lo ‘stile liberale’), il collega Vigna è d’accordo o no sulla condanna di ogni censura del pensiero. Quanto a Lerner mi lascia indifferente la sua nazificazione di chi non la pensa come lui ma non posso dimenticare il twitter in cui si rammaricava che al tempo del terremoto in Nord Corea Salvini non si fosse trovato nella sua patria d’elezione. Anch’io ho un profondo rispetto per Mattarella ma quando il 25 aprile delegittima il revisionismo storiografico sul fascismo, facendo proprie le tesi anpiste, l’eufemismo ‘parole alate’ è il meno che si possa dire… senza mancare di riguardo alla più alta carica dello Stato.
Carmelo Vigna dice
Dino, sono d’accordo sulla condanna d’ogni censura alla libertà di pensiero. Ci mancherebbe!
Ma difendere proprio Casa Pound – invocando la libertà di pensiero (e lanciando nel contempo strali a Lerner e Mattarella) – si finisce volens nolens per difendere non la libertà di pensiero, a me pare, ma (di fatto) la libertà di violenza. Che è altra cosa, come converrai. E per nulla liberale. Ho espresso la mia perplessità, perché chi non ti conosce, leggendoti, rischia fortemente di fraintenderti.
Ferdinando Mach dice
Facebook , colpita in casa per abuso di posizione dominante , cerca di rifarsi la verginità in Italia . Conviene attrezzarsi culturalmente per non farsi abusare , perchè la legge , se arriverà , sarà tardiva e inefficace . Tempi duri per la libertà e per l’economia sociale di mercato .
Solo il terrore di perdere tutto , libertà e democrazia , farà rinsavire la maggioranza degli elettori .
Primo palcoscenico , la Gran Bretagna .
Per una volta non siamo i peggiori della classe .