Le ormai imminenti e controverse elezioni negli USA, precedute da umilianti e volgari dibattiti tra i candidati, dal dilagare di fake news, da accuse tanto pesanti quanto di difficile verificabilità (come quelle di evasione fiscale) inducono molti commentatori a prevedere scenari inquietanti sul futuro della democrazia statunitense e quindi, in concreto, sul futuro dello stesso modello democratico a livello planetario.
Coloro stessi che, più di altri, potrebbero aiutarci ad aprire gli occhi e a farci capire dove stiamo andando (o precipitando), cioè gli studiosi di scienza della politica (e, per estensione, anche quelli di filosofia della politica), appaiono smarriti, incapaci di elaborare previsioni consistenti. Il fatto è che la loro categoria è lacerata ed è difficile ipotizzarne un rapido risanamento.
I politologi possono infatti essere raggruppati in due categorie contrapposte: quella di coloro che identificano il tema della politica con il tema del potere (come lo si conquista, lo si difende, lo si dilata) e quella invece di coloro che ritengono che il cuore delle tematiche politiche vada ricondotto al principio del bene comune (come lo si promuove).
I primi, in genere, adottano come loro stella polare il realismo e tanto si lasciano affascinare dal realismo che arrivano rapidamente e cinicamente a ironizzare sui diritti umani o sul pacifismo, quando, a loro avviso, le dinamiche della storia si muovano in direzione opposta.
I teorici del bene comune pensano, invece, che non sia autentica politica quella che non contribuisca a costruire il bene di tutta una comunità, senza escludere nessuno dei suoi membri. Il paradigma che li ispira è valoriale ed anche quando sono costretti a riconoscere che i valori possono essere deformati, smarriti o semplicemente equivocati, continuano a battersi a loro favore, perché dal loro punto di vista la logica dei valori, coincidendo con la logica del bene, può ammettere sì contraddizioni, ma non sconfitte (come attesterebbero i martiri, che possono essere uccisi a seguito della testimonianza in favore dei propri valori, ma che da questa prova escono sempre, paradossalmente, vincitori).
Le discussioni accanite in tema di crisi della democrazia, che stanno non solo da mesi, ma ormai da anni, occupando il palcoscenico (a livello alto) della saggistica e (a livello ben più basso) dei confronti elettorali, molto potrebbero giovarsi della distinzione che abbiamo appena fatto.
Apparentemente, tali discussioni sembrerebbero convergere nel ribadire il primato del modello democratico e la necessità di promuoverlo ed implementarlo, aiutandolo a superare le contraddizioni che, secondo molti analisti, lo starebbero soffocando.
Per i realisti, i sistemi democratici si sarebbero non idealmente, ma fattualmente dimostrati, pur tra tante eccezioni, quelli migliori per lo sviluppo dell’economia, per la promozione della pace, per la tutela delle minoranze e dei loro valori culturali, primi tra tutti quelli religiosi e linguistici. Abbandonarlo, o lasciarlo deperire, implicherebbe spalancare la porta a crisi sociali e strutturali ad altissimo livello di rischio.
Invece, per i teorici del bene comune, il primato valoriale della democrazia dipenderebbe piuttosto dal fatto che il suo radicamento personalista e il suo costante riferimento alla dignità e all’eguaglianza di tutti gli esseri umani costituirebbero l’arma migliore contro ogni forma di discriminazione, cioè contro quella che è la radice di ogni conflittualità personale e sociale.
È evidente che i ‘realisti’ assumono nei confronti della democrazia un atteggiamento freddo, intellettualmente lucidissimo, ma che non produce coesione sociale, mentre i teorici del bene comune sono convinti che il loro modello sociale sia risolutivo, ma il più delle volte non riescono ad argomentarlo bene e quindi a renderlo credibile e emotivamente condiviso.
Il risultato è che il riferimento alla democrazia, nel dibattito attuale, anche se sembra proposto proprio da tutti, invece divide più che unire, e nel dividere corrode l’unico vero paradigma politico che occupi oggi l’immaginario collettivo.
Proporre vie d’uscita da una simile, intricatissima, situazione è pressoché impossibile. Ma su un punto bisogna insistere: se non si accede all’idea che la modernità ha svuotato di senso tutti i paradigmi politici elaborati nel Novecento, tranne quello democratico, non si riuscirà mai a pacificare il mondo contemporaneo e a risanarlo dalle sue contraddizioni sociali, economiche ed ecologiche.
Per questo, la battaglia per l’identificazione di un adeguato concetto di democrazia per l’uomo di oggi è davvero una questione epocale. Anche se questo nodo essenziale della contemporaneità, quanto più viene discusso, tanto meno sembra essere percepito nella sua immensa rilevanza.
GIANLUCA SADUN BORDONI dice
Che la modernità abbia “svuotato di senso tutti i paradigmi politici elaborati nel Novecento, tranne quello democratico” è oggi un po’ meno vero che un paio di decenni fa. Il paese ormai numero uno al mondo, la Cina, è un paese autoritario. La principale democrazia del mondo, quella americana, è in grave crisi. Occorre forse suggerire un’analisi più duttile, distinguendo tra modelli autoritari comunque efficienti, come quello cinese, e inefficienti, come quello russo. E d’altro canto tra democrazie che funzionano, come quella tedesca, e altre che funzionano assai meno…
Dino Cofrancesco dice
Quid est veritas?
Francesco D’Agostino dice
Naturalmente si possono comunicare “bene” (ma non sempre ci si riesce) solo fatti “veri”, non manipolati dolosamente, è solo valori “autentici” (altrimenti è solo propaganda).
D’accordo?
Dino Cofrancesco dice
“Da un punto di vista della comunicazione, la forma letteraria del ‘Sillabo’ fu in tutto e per tutto sbagliata e disastrosa, un vero e enorme “flop mediatico”, ha scritto il cardinale Walter Brandmueller del ‘Sillabo’. I teorici del bene comune, secondo l’amico Francesco,” il più delle volte non riescono ad argomentarlo bene e quindi a renderlo credibile e emotivamente condiviso”. Insomma il vero problema è quello di una buona comunicazione. Speriamo di poterlo risolvere al più presto per la salvezza della nostra povera umanità.