Roma, 8 gennaio 2020 – Conferenza sulla crisi della democrazia, a partire dal volume Democrazie Fake curato da Gianfranco Pasquino («Paradoxa» 3, 2019).
Da una inedita sinergia tra la Fondazione Nova Spes, che è al tredicesimo anno di pubblicazione del trimestrale «Paradoxa», e Costituente – Fondazione di Politica & Cultura – nelle persone, rispettivamente, di Laura Paoletti e Gianni Cuperlo – prende le mosse questa conferenza, ospitata proprio tra le mura della sede del PD. Attorno al tavolo della discussione e di fronte ad una foltissima platea si raccolgono, accanto allo stesso Cuperlo, Dario Franceschini, Claudia Mancina, Giacomo Marramao e Gianfranco Pasquino.
Al vaglio della critica, proprio perché in crisi, un imputato d’eccezione: nientemeno che la democrazia. Mal congegnata, mal comunicata, poco robusta a fronte degli scossoni causati dai sovranismi autoritaristici delle nuove destre, dalle svariate spinte populistico-mediatiche degli ultimi anni, così come dalla grave crisi economica del 2008, la democrazia oggi pare non godere più di buona salute, né di particolare stima agli occhi dell’opinione pubblica. Oltre a questo, a sorpresa e quasi ‘a tradimento’, si trova incalzata e resa barcollante anche da istanze che, viceversa, dovrebbero essere sue alleate: la globalizzazione, l’Unione Europea, la classe media. Quel che occorre fare, e fare quanto prima, è allora radicalizzarla, questa critica della democrazia. Andare a fondo delle cause e proiettarsi verso le conseguenze. Metterla in questione in modo strutturale: come ideale, non solo come fatto. Interrogarsi fino in fondo sulla legittimità di considerarla un valore assoluto, granitico, e non piuttosto espressione di un bisogno morale: quello di attribuire eguale valore a tutti gli individui.
Francesco D’Agostino dice
Alcune osservazioni,
1. Attribuire “Eguale valore a tutti gli individui” non è uno specifico della democrazia, ma anche (e soprattutto) del liberalismo e della Chiesa cattolica (almeno da quando ha elaborato una sua “dottrina sociale” (e probabilmente anche dell’Islam, ma qui bisognerebbe approfondire);
2. La crisi della democrazia dipende anche da:
2a. Non essere riuscita a recuperare l’unico vero valore fondante dell’aristocrazia (che di fatto, ahimè, è storico, ma che nel suo principio starebbe nell’ individuare gli “Aristoi” , i migliori , per affidare ad essi e ad essi soltanto le cariche pubbliche);
2b. Oppure, peggio ancora, dal fatto che molti teorici della democrazia ritengono meritevoli di biasimo, o meglio di disprezzo, coloro che stanno “dall’altra parte” e hanno in tal modo contribuito a quei vistosi spostamenti di voto che conosciamo da diversi anni;
3. Infine, considerare la democrazia (che è essenzialmente una “forma di governo” ) come l’espressione di un “bisogno morale” è una prova di quanto spazio continuino ad avere oggi, come in passato, come sempre, le “anime belle”. Essere realisti (saper cioè cogliere i “segni dei tempi” come disse Papà Giovanni) è in modo migliore per comportarsi moralmente: non auspicare, sospirando, un mondo in cui tutti vorremmo vivere, ma che nessuno è in grado di costruire.
Francesco D’Agostino