Se si fa un breve giro on line alla ricerca di iniziative scientifiche e/o politiche in senso ampio che, in casa nostra e in altre parti del mondo, sono o sono state in cantiere in questo 2023 per ricordare, non soltanto a livello di semplice e formale omaggio, l’importanza della ricorrenza – in data 10 dicembre – del settantacinquesimo compleanno della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU), non ci si imbatte certo in un profluvio di eventi. Paragonando poi semplicemente dal punto di vista numerico le iniziative in oggetto con quelle che si erano svolte sul piano interno e internazionale cinque anni fa, in occasione dei settant’ anni della DUDU, il confronto diventa ancora più ‘impietoso’ e al ribasso per quanto riguarda il presente. Già allora studiosi e commentatori a vario titolo avevano sottolineato, in Italia e altrove, come il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale cadesse in un periodo non troppo favorevole per ogni aspirazione all’universalità, dato che la parola-chiave del momento appariva piuttosto il ‘sovranismo’; un termine nuovo dietro il quale potevano a volte nascondersi antiche e ambigue sembianze di nazionalismo. Un nazionalismo dei nostri giorni certamente diverso da quello del primo Novecento, apertamente ostile alla democrazia e alla eredità del liberalismo; spesso però, quello odierno, pericolosamente incline alla negazione del ruolo delle istituzioni sovranazionali e, nei casi più gravi, non troppo sensibile all’idea della centralità e universalità dei diritti umani. Atmosfera questa, come denunciato da più parti, sfociante all’occasione in un linguaggio quotidiano della politica carico di ‘umori’ non proprio favorevoli, per usare un eufemismo, al tema dei diritti.
Nulla a che vedere, in questi primi decenni del XXI secolo, con l’idea – che alcuni studiosi avevano accarezzato nello scorcio finale del XX secolo – secondo la quale i diritti umani possano essere salutati come elemento destinato a porsi sempre più al centro del dibattito pubblico, quasi una sorta di «galassia ideologico-normativa in rapida espansione» (Antonio Cassese). Che su scala globale si debba parlare ora di una fase semmai di riduzione e contrazione dei diritti umani, con segnali di progressivo peggioramento in tante parti del mondo, è fenomeno ormai sotto gli occhi di tutti; basti pensare per quanto riguarda i diritti delle donne a quanto avviene in Afghanistan e in Iran. Qualche rischio i diritti delle donne sembrano correre in anni recenti anche in Occidente e persino all’interno di Paesi membri del Consiglio d’Europa e della stessa Unione Europea, laddove, per esempio, ci sono alcuni Stati che non esitano a porre in atto forme di secessione rispetto alla loro originaria adesione alla Convenzione di Istanbul del 2011, nella fattispecie la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.
Dignità della persona, uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne, lotta contro ogni discriminazione: basterebbero questi elementi basilari della DUDU per far sì che, guardandosi intorno in giro per il mondo, non ci sia gran che di cui cantare vittoria quanto al raggiungimento effettivo degli obiettivi indicati. Non volendo affatto entrare nell’ampio dibattito che vede in campo gli opposti schieramenti di coloro che nutrono accenti entusiastici o, per contro, fortemente critici sulla portata effettivamente universalistica della Dichiarazione Universale – problemi che toccano il fondamento stesso dei diritti umani, la loro universalità, la loro violazione e/o applicazione selettiva ed ‘esportazione’ da parte dell’Occidente – varrebbe la pena forse avanzare qualche considerazione e interrogativo intorno all’attuale discorso pubblico in Italia e in occidente: se tale Dichiarazione vi abbia tuttora un terreno fertile o se assistiamo invece, a una inversione di rotta. Fin dal primo decennio del XXI secolo l’attacco alle Torri gemelle, le guerre in Afghanistan e in Iraq, l’esplosione di una gravissima crisi economica dai devastanti contraccolpi anche nei Paesi avanzati, sullo sfondo di accelerati e spesso squilibranti processi di globalizzazione, hanno innescato, secondo l’analisi di alcuni osservatori, una sorta di duraturo ripiegamento di larghi strati della popolazione europea e americana sulla linea degli interessi nazionali. E tale ripiegamento del discorso pubblico in generale, nell’età dei social media, sembra andare di pari passo con la polarizzazione delle posizioni politiche e con una specie di balcanizzazione del discorso pubblico stesso.
A conclusione di un saggio dedicato alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel discorso pubblico italiano (1948-2018), Stefano De Luca commentava amaramente, già in occasione di un convegno internazionale sul settantesimo della DUDU, che lo spazio per gli ideali generosi «si è oggettivamente ristretto» e che spesso si confrontano «normativismi troppo esigenti (sempre a rischio di irrealismo e ipocrisia) e iper-realismi che sconfinano nel cinismo e nella xenofobia» (cfr. la raccolta di saggi di diversi autori su La Dichiarazione universale dei diritti umani. Storia, tradizioni, sviluppi contemporanei, Viella 2020). Se e in che misura si siano ulteriormente ristretti, su scala interna e internazionali, negli anni 2018-2023, gli spazi di una politica che, non assatanata dai sondaggi e dalla rincorsa del contingente del giorno dopo giorno, sappia volare alto e tradurre realisticamente nei fatti gli ideali della Dichiarazione Universale, sta a ciascuno di noi giudicare.
Fiorenza Taricone dice
Fiorenza Taricone
Condivido la abbondanza di ipocrisia abbondante, ma quella di continuare a ignorare che di una mancata universalità dei diritti le donne muoiono in buona parte del mondo, cosiddetto avanzato; di avanzato c\’è solo la riflessione teorica, cui non segue l\’indignazione per la totale privazione dei diritti cosiddetti universali, che evidentemente continuano ad appartenere ad un solo genere, smentendo l\’universalità. O forse le mutilazioni genitali femminili, le carcerazioni delle oppositrici che lottano per diritti minimi, per esempio vivere, non sono numericamente degne di essere dichiarate universali? eppure si contano a milioni.
Gianfranco Pasquino dice
quanto inutile il commento di Marco Tarchi al post molto informativo e efficace di Raffaella Gherardi. Possibile è discutere anche dell’ipocrisia dell’ideologia dei diritti umani, ma è una ipocrisia ben posta e feconda.
Marco Tarchi dice
Quanto mi manca Danilo Zolo, con le sue argomentate e acute denuncie dell’ipocrisia dell’ideologia dei diritti umani…