C’è bisogno oggi di intellettuali, di persone capaci di muoversi al confine tra politica e cultura: una politica senza orizzonte culturale è gestione del potere, una cultura che non rischia proposte politiche è sterile. Questa la convinzione emersa con forza dall’incontro tra Enrico Letta e Gianfranco Pasquino, moderati da Andrea Bixio, che hanno accettato l’invito di «Paradoxa» a confrontarsi sulla formazione politica dei giovani. Tra i temi toccati: l’urgenza di attivare un canale di comunicazione intergenerazionale, la specificità della crisi della politica italiana, l’impatto delle nuove tecnologie sulla politica e sui processi decisionali.
25 febbraio 2019 – Tavola rotonda sulla formazione politica dei giovani. Enrico Letta e Gianfranco Pasquino, moderati da Andrea Bixio, ne discutono a partire dai rispettivi volumi “Ho imparato” (Il Mulino, 2018) e “Giovani e futuro della politica. Oltre il disincanto” (Paradoxa 4, 2018)
Dino Cofrancesco dice
«C’è bisogno oggi di intellettuali, di persone capaci di muoversi al confine tra politica e cultura: una politica senza orizzonte culturale è gestione del potere, una cultura che non rischia proposte politiche è sterile»
Apprezzo molto l’impegno civile della nostra direttrice ma di«intellettuali, di persone capaci di muoversi al confine tra politica e cultura» non ne vedo oggi neppure l’ombra. Le ‘scienze umane’ in Italia sono state vandalizzate da scuole di pensiero che invece di conoscenze si preoccupavano soprattutto degli ‘orizzonti culturali’ sicché abbiamo oggi schiere di scienziati politici, sociologi, economisti, filosofi del diritto, storici, filosofi che–tranne qualche rara eccezione—hanno perso ogni credibilità. Un solo esempio: davanti alle farneticazioni di un Luigi Ferrajoli (scuola di Norberto Bobbio) sul diritto cosmopolitico possiamo più avere fiducia sugli intellettuali? E poi abbiamo davvero bisogno del ‘pouvoir spirituel’ degli intellò? Se penso alle ‘visioni politiche’ dei miei ex colleghi delle Facoltà di Lettere e di Scienze Politiche e a quelle del mio negoziante di ferramenta non ho alcun dubbio nell’affermare che è il secondo e non gli altri a fare ‘un uso critico della ragione’.