Sono stato uno dei ventiquattro senatori della minoranza del Partito Democratico che non partecipò al voto sull’Italicum, mentre alla Camera dieci componenti, sempre della minoranza dem, della Commissione Affari Costituzionali furono sostituiti, una quarantina di deputati del Pd votarono contro (o non risposero alla chiamata) la fiducia posta dal governo sulla legge elettorale e il capogruppo Roberto Speranza si dimise da capogruppo.
A due anni di distanza, la Corte Costituzionale ha confermato la fondatezza di molti nostri rilievi a cominciare dal ballottaggio e, se mi è consentito, anche la giustezza della difesa intransigente dell’idea che, a maggior ragione dopo la bocciatura del «Porcellum», si dovesse ricercare un corretto equilibrio tra le esigenze della rappresentanza e quelle relative alla stabilità dei governi.
In una visione sistemica, e al netto quindi di chi ha contrastato con ragioni dimostratesi fondate l’iniziativa del Governo, per le forze politiche e per il Parlamento la pronuncia della Corte Costituzionale sull’Italicum rappresenta, però, una sconfitta tanto netta quanto amara.
Per la seconda volta consecutiva, in materia elettorale la Corte è stata chiamata a svolgere una funzione di supplenza della politica e dei partiti e finendo anche per caricare il giudizio della Corte di aspettative eccessive e finanche forzatamente «creative».
Eppure già nelle motivazioni della sentenza 1/2014 sul «Porcellum», la Corte aveva richiamato una sua precedente pronuncia (sentenza 429/1995) in cui si ricordava giustamente come l’Assemblea Costituente «pur manifestando con l’approvazione di un ordine del giorno, il favore per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei Deputati, non intese irrigidire questa materia sul piano normativo, costituzionalizzando una scelta proporzionalistica o disponendo formalmente in ordine ai sistemi elettorali, la configurazione dei quali resta affidata alla legge».
Di conseguenza, nel rispetto delle funzioni e dei ruoli affidati dalla Costituzione, la «determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa» (Sentenza 242/2012, ordinanza 260/2002 e sentenza 107/1996).
«Non c’è, in altri termini – è scritto, sempre nelle motivazioni della sentenza 1/2014 – un modello di sistema elettorale imposto dalla Corte Costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico».
Detto in altri termini, seguendo un famoso detto popolare, adesso, nell’attesa della pubblicazione delle motivazioni della sentenza sull’Italicum, è necessario che ognuno faccia il suo mestiere: la Corte ha fatto il suo, ora tocca al Parlamento.
Un Parlamento dovrebbe, quindi, ripartire da qui, dalla ‘via maestra’ dell’approvazione di una legge elettorale «omogenea e coerente» tra Camera e Senato, evitando le furbizie di ‘scorciatoie’ tutte tese a massimizzare i benefici di una parte a scapito dell’interesse generale.
Andare a votare con l’Italicum corretto dalla sentenza della Corte Costituzionale e con il cosiddetto «Consultellum» al Senato, rasenta l’avventurismo istituzionale e di tutto l’Italia in questa fase ha bisogno meno che di comportamenti improntati all’irresponsabilità.
L’esigenza di operare fattivamente per arrivare in tempi rapidi all’approvazione di una nuova legge elettorale è stata autorevolmente e giustamente ribadita, in più occasioni, dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel tradizionale discorso televisivo del 31 dicembre 2016 ha sottolineato che «occorre vi siano regole elettorali chiare e adeguate perché gli elettori possano esprimere, con efficacia, la loro volontà e questa trovi realmente applicazione nel Parlamento che si elegge. Queste regole, oggi, non ci sono: al momento esiste, per la Camera, una legge fortemente maggioritaria e, per il Senato, una legge del tutto proporzionale. L’esigenza di approvare una nuova legislazione elettorale mi è stata, del resto, sottolineata, durante le consultazioni, da tutti i partiti e i movimenti presenti in Parlamento».
Nel solco di questa indicazione, appare quindi assolutamente indispensabile seguire, con determinazione e generosità, la via maestra dell’approvazione di una nuova legge per l’elezione della Camera e del Senato.
gianfranco pasquino dice
L’intervento del Sen. Fornaro, persona competente, suggerisce che il Parlamento ha molto da fare in materia elettorale. Sarebbe utile ascoltare da tutti i partecipanti, cominciare dallo stesso Fornaro, non per il loro sistema preferito, ma per le motivazioni relative ai vantaggi che vorrebbero conseguiti.