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La vittoria di Alessio e di uno stato civile. A proposito di disforia sessuale

14 Marzo 2019 di Luisella Battaglia 1 commento

La sentenza del tribunale di Genova che ha consentito ad una diciassettenne – Alessia – di cambiare sesso e diventare per l’anagrafe Alessio, sottoponendosi a un intervento chirurgico, sostenuto economicamente dallo stato, al fine di assicurarne il benessere psico-fisico è di notevole significato civile. Siamo dinanzi a un caso palese di disforia sessuale, cioè ad un disturbo della differenziazione sessuale che comporta uno sviluppo disarmonico delle diverse componenti del sesso biologico che può condizionare anche la strutturazione dell’identità sessuale e l’assunzione del ruolo di genere. Ogni intervento medico deve pertanto avere come obiettivo quello di armonizzare elementi di disarmonia sul piano fisico-psichico e sociale ed essere guidato dal principio del miglior interesse del minore, il che prevede un adeguato sostegno psicologico anche della famiglia e una consulenza appropriata da parte di un’équipe multidisciplinare al fine, auspicabilmente, di operare una scelta condivisa.

Nella sentenza si affronta, quindi, una questione di estrema delicatezza in quanto si pone al centro della riflessione una serie di elementi di particolare rilievo etico e giuridico. Proviamo brevemente ad elencarli: l’identità sessuale del minore nelle diverse componenti, fisica, psichica e sociale; le complesse decisioni di intervento sul suo corpo e sulla sua psiche da parte del medico; le modalità di consulenza ai genitori e allo stesso minore quando ha raggiunto un sufficiente grado di consapevolezza; le implicazioni personali, sociali e giuridiche per il soggetto.

La sentenza ha il merito di tener conto di tutti questi aspetti. Innanzitutto pone del tutto opportunamente al centro l’equilibrio psico-fisico del minore, citando documenti clinici precisi e dettagliati relativi alle problematiche psico-sessuali che hanno accompagnato il suo percorso fin dall’infanzia, sottolineando, inoltre, come la richiesta sia stata presentata dai genitori con la consulenza di un legale, tenendo imprescindibilmente conto della volontà del soggetto, e certificando il rispetto delle leggi italiane, della costituzione e della Corte dei diritti fondamentali della U.E. sul consenso informato che deve nascere da una consulenza adeguata che offra informazioni complete ai genitori e al minore. Basti ricordare, su quest’ultimo punto, che la Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina (1997) prevede la necessità di tener conto, insieme con l’età e la maturazione, della volontà del minore. Anche se formalmente l’espressione della volontà spetta ai genitori che ne hanno legale responsabilità, il consenso sostanziale del minore – che è il soggetto centrale del rapporto terapeutico – va ricercato e adeguatamente sostenuto. Oggi, alla luce della recente evoluzione delle conoscenze scientifiche, il quadro di identificazione dei disturbi della differenziazione sessuale appare estremamente composito, data la crescente consapevolezza che la sessualità di una persona non è riducibile a un solo aspetto ma ha componenti fisiche e psichiche di assoluto rilievo. Di fronte a tale complessità, un documento del Comitato Nazionale per la bioetica, I disturbi della differenziazione sessuale nei minori: aspetti bioetici (2010) raccomanda l’incentivazione delle ricerche in tale settore, il rispetto del principio di equità nell’accesso alle più avanzate metodiche diagnostiche e terapeutiche e la promozione della formazione del personale sanitario che sappia, oltre alle competenze scientifiche e tecniche, porre una specifica attenzione alla dimensione psicologica nei confronti del paziente e della famiglia. A leggere la storia di Alessio, una storia caratterizzata da attenzione, rispetto, accoglienza da parte dei genitori, dei compagni di scuola, dei professori, degli amici, un passo importante in questa direzione sembra davvero compiuto. 

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Commenti

  1. Francesco D’Agostino dice

    22 Marzo 2019 alle 14:13

    Ho due forti perplessità::
    1, l’età di Al3 saio
    2. L’illusione che un intervento chirurgico sia non solo risolutivo, ma soprattutto utile. L’identità ha radici non solo anatomica/esterne, ma anatomico/interne, ormonali, del DNA, neurologiche, psicologiche e psicoanalitiche, culturali. L’operazione chirurgica opera su di una sola dimensione, quella ritenuta prevalente solo dai medici. Più problematicità sarebbe auspicabile.

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