Immagini e suggestioni fra passato e presente
Mentre sta divampando in Europa la Guerra dei Trent’anni (1618-1648), Peter Paul Rubens, che ne è testimone in prima persona, dà vita, attraverso il suo grande quadro dal titolo Le conseguenze della guerra, a una delle più potenti e magistrali rappresentazioni del dramma che tutta l’Europa sta vivendo, con i milioni di morti che la guerra in atto lascia sul campo, insieme con le altrettanto numerose vittime delle epidemie e delle carestie che la guerra stessa ha innescato e contribuito a far divampare e a diffondere senza alcun argine.
Successivamente, gli storici saranno concordi nel giudicare la Guerra dei Trent’anni come la guerra più lunga e distruttiva della storia dell’Europa moderna, prima delle due guerre mondiali, e anzi qualcuno si spingerà addirittura, (al di là delle ovvie, radicali differenze degli armamenti rispettivamente in causa nell’una e nelle altre), ad azzardare un paragone con queste ultime quanto ai deflagranti effetti a ogni livello dell’una e delle altre sull’intero ordine politico e sociale, che ne risulterà squassato alle fondamenta.
Anche se Rubens colloca la raffigurazione degli effetti devastanti della guerra ben lontano da qualsiasi realistico riferimento alle forze e agli eserciti allora in campo, e la cupa scena che egli pone in risalto è posta all’interno di un universo altamente simbolico e allegorico in cui campeggia la figura di Marte, dio della guerra vincitore su Venere, dea dell’amore che cerca invano di trattenerlo, vale la pena, a mio avviso, mettere in evidenza alcuni elementi della drammatica rappresentazione data nel quadro in oggetto, elementi che rimandano immediatamente ai profondi sconvolgimenti in corso nel periodo storico in cui l’opera si inserisce.
Innanzitutto la grandiosa personificazione di Europa che si staglia con grande evidenza sulla sinistra del quadro e che il pittore rappresenta scomposta, vestita a lutto e con abiti stracciati, con il corpo carico di tensione che si torce in avanti, il viso stroncato dal dolore e le braccia drammaticamente rivolte verso il cielo, in uno slancio che non prevede alcuna aspettativa di umana possibile speranza.
Alla centrale figura di Marte che trionfa, calpestando e distruggendo inesorabilmente ogni simbolo della cultura, della scienza e dell’arte e ogni forma di umana convivenza civile, si affiancano alcune figure minori ma non meno cariche di significato. Emblematici sono in tal senso i mostri della peste e della carestia, che vengono portati alla ribalta quali calamità largamente legate alla guerra e alle sue durature eredità quanto ad effetti devastanti.
Accanto a Marte compare poi l’inquietante figura chiave della irrefrenabile Furia Aletto, che rappresenta la incontenibile discordia e che si mostra in grado di strappare via lo stesso Marte dall’abbraccio che Venere tenta nei suoi confronti. È talmente grande la sua forza trascinatrice che nulla appare in grado di resisterle: una dolente umanità viene schiacciata sul suo cammino, sullo sfondo delle più fosche tinte del quadro.
Se il miracolo della grande arte è anche quello di suscitare, al di là di ogni considerazione interna all’arte stessa e alla sua storia, emozioni e interrogativi da parte di chi ne fruisce, anche a secoli di distanza, rivisitati alla luce di un presente che è a sua volta carico delle eredità del passato, non apparirà strano che il quadro di Rubens risulti ancora oggi, 2020, estremamente vivo nei problemi che esso pone.
Nulla di paragonabile, ovviamente, fra il sistema politico sociale della prima metà del diciassettesimo secolo e quello attuale, pur se caratterizzati entrambi da radicali e accelerate trasformazioni, rispetto alle epoche immediatamente precedenti, sullo sfondo ieri di una deflagrante guerra al centro dell’Europa e oggi di una gravissima pandemia che investe il mondo intero.
Rispetto alle considerazioni sopra accennate, a proposito della drammatica personificazione di Europa da parte di Rubens, viene innanzitutto da chiedersi se la sua Europa vestita a lutto avrebbe oggi qualche possibilità di essere rappresentata altrimenti, a partire da ultimo dai concreti segni di vita palesati a seguito della pandemia che la sta attraversando (e i cui contraccolpi sono generatori a loro volta di mostri con i quali occorrerà misurarsi da vicino).
E inoltre: quali sono oggi le nuove vie che l’irrefrenabile Furia Aletto, immagine dell’aspetto ferino e incontenibile di una conflittualità fine a se stessa, inventerà e percorrerà senza tregua per seminare solo distruttiva discordia anche di fronte ai pericoli che mettono a rischio l’esistenza stessa dei singoli e delle istituzioni?
Giovanni Moro dice
molte grazie, proprio un bell’articolo