Grande attenzione è stata data alla sequenza di immagini relative all’incontro fra i ministri degli esteri della Francia, Jean-Noël Barrot, e della Germania, la verde Annalena Baerbock e il nuovo capo della Siria Al Jolani. Giustamente. Però, troppi commentatori, fra i quali segnalo Antonio Polito (Le strette di mano contano, in «Corriere della Sera», 4 gennaio 2025) non hanno saputo ‘leggere’ correttamente e ‘comprensivamente’ quelle immagini finendo per darne un’interpretazione gravemente distorta. L’immagine che è circolata di più ritrae Al Jolani che stringe la mano di Barrot, ma non quella di Baerbock. Tuttavia, è importante sottolineare che, primo, non c’è nessun suo rifiuto perché Baerbock non ha dato il minimo segnale di stendere la sua mano con una qualche aspettativa. Secondo, e di conseguenza, la Ministra tedesca, alla guida dei Verdi quanto mai sostenitori della parità di genere, non manifesta nessuna delusione. Al contrario, mentre, terzo, guardandola Al Jolani si porta la mano destra sul cuore, Baerbock congiunge le sue mani a mo’ di saluto. Nessuno sgarbo e nessun risentimento, ma un interrogativo: come si salutano uomini e donne nei contesti islamici?
Concludo sul punto suggerendo di allargare la sequenza e di notare che non c’è nessuna premessa di un’accoglienza meno che formale e nessun seguito di comportamento scortese, infatti, Al Jolani fa cenno a Baerbock di sedersi alla sua destra. Chi ricorda la sedia platealmente e deliberatamente negata dal presidente turco Erdogan alla presidente della Commissione Europea, von der Leyen, certamente un atto offensivo, deve prendere atto della notevole diversità di comportamenti.
Le immagini rivelano e il body language ha un suo pregnante significato. Accusare Al Jolani di un comportamento che sminuisce la donna in quanto tale mi sembra sbagliato, prematuro e controproducente. Sbagliato perché, visibilmente, non è stato così e tale non intendeva essere. Prematuro perché almeno finora non hanno fatto la loro comparsa disposizioni discriminatorie di stampo afghano. Controproducente perché le critiche ‘occidentali’ potrebbero essere interpretate come espressioni preconcette di ostilità ai nuovi governanti. Invece, mi parrebbe politicamente più saggio offrire un’apertura di credito politico a Al Jolani e ai suoi collaboratori più moderati (qualsivoglia significato possa avere questo aggettivo non solo nel mondo islamico).
Negli stessi giorni, Al Jolani ha dichiarato «Cristiani parte integrante della Siria, ammiro il Papa», ma sullo sfondo quasi preannunciata sta la possibilità(/probabilità?) della introduzione in Siria, paese finora ‘laico’, della sharia. Naturalmente, la sharia farebbe strame di qualsiasi riconoscimento e qualsiasi concessione dei basilari diritti civili e politici. Opportunisticamente, Al Jolani potrebbe provvedere a eccezioni mirate per le comunità cristiane. Comunque, verrebbe posto un pesantissimo ostacolo alla transizione della Siria, non alla democrazia, ma ad una situazione nella quale le diversità non siano represse, negate, oppresse e neppure ghettizzate. La risposta a Al Jolani deve essere una sola: riconosca e accetti il pluralismo, non soltanto religioso, ma anche sociale. Se ne seguirà pluralismo politico potremo ragionarne. Sarà un bel giorno.
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