Non è facile la vita del liberale in questi giorni. Soprattutto di chi ha una concezione realistica e storicistica del liberalismo e non ama gli appelli alla resistenza che ci vorrebbero tutti in trincea su un Aventino. A chi mi chiede cosa penso del governo legastellato, celiando, rispondo che è brutto assai, ma che i precedenti governi erano altrettanto poco belli (oltre ad essere stati in qualche modo la ‘causa’ dell’avvento dei barbari ‘novatori’). Non sogno proprio un ‘ritorno al passato’. Ma, allora, che fare? Ho deciso di dare, in questa sede, e di sottoporre ai lettori di questo blog, una risposta articolata per punti (quindi schematica e anche con un che di apodittico che generalmente non è nel mio stile). Eccola:
- Gli elettori hanno mostrato, nell’ultima tornata elettorale (ma non solo), una volontà di cambiamento radicale, che si inserisce nella generale critica, giustificata, delle élite (rappresentate dalle vecchie forze politiche e dai cosiddetti ‘tecnici’) al potere che è propria, in questo momento, di quasi tutto il mondo occidentale.
- Il governo nasce da una alleanza, per forza di cose ‘contrattuale’, fra due forze che, oltre alla volontà di rottura con le vecchie classi dirigenti, hanno pochi altri elementi in comune.
- Da qui una contraddizione o inconcludenza manifesta nelle scelte di governo. Aggravata dallo stato di vischiosità della nostra amministrazione e dalla complessità burocratica della macchina statale.
- Un’alternativa politica a questo governo, d’altronde, non esisteva all’indomani delle urne, cioè delle elezioni del 4 marzo scorso, né era minimamente immaginabile che uscisse da una tornata elettorale reiterata. Un’alternativa tecnica o presidenziale, seppur permessa dalla Costituzione, sarebbe suonata come uno schiaffo agli elettori (oltre ad essere stata bocciata dai mercati e, a quanto sembra, da interventi dell’ambasciata americana nei giorni in cui si è consumato il tentativo di Cottarelli).
- Essendo la politica, oltre che scelta fra alternativa, arte del possibile, bisogna assolutamente accettare questo governo, eletto democraticamente, non delegittimarlo moralmente.
- Le forze di opposizione, se fossero serie, dovrebbero costruire un’alternativa nel tempo e non limitarsi ad inveire o a contare su una improbabile e non democratica ‘spallata’.
- Dal canto loro, le forze governative, a cui va dato atto di aver superato le differenze e dato vita comunque al governo, devono cercare da una parte di non tradire gli elettori che le hanno votate e dall’altra di non compiere passi irresponsabili che, mettendo in crisi l’Italia, li tradirebbero comunque.
- Le forze di garanzia, a cominciare dal Presidente della Repubblica, dovrebbero dare veramente l’impressione di esser super partes: giustamente intervenendo sui principi, ma senza dare l’impressione di farlo in una sola direzione.
- Quanto ai liberali, e in genere a chi si pone in un’ottica metapolitica, essi non possono non constatare che il tasso di liberalismo, di questo come dei precedenti governi, è basso e quasi inesistente, che in generale le idee liberali non godono di particolare popolarità fra gli italiani. Essi devono perciò affrontare con realismo la situazione. I liberali e le persone di buon senso devono cioè, da una parte, ‘seminare’ affinché certe idee diventino più popolari e siano viste empiricamente (cioè senza ideologismi) come una possibile risposta a molte delle sfide che il tempo pone al nostro Paese; dall’altra, devono non porsi pregiudizialmente contro il governo (così come contro l’opposizione) ma giudicarne ogni idea o azione nella sua singolarità individuando, con principio di realtà, quegli spazi di azione per le politiche che ritengono opportune. E, soprattutto, distinguendo fra le due forze che hanno dato vita al governo, puntando sull’evoluzione liberale di quella su cui sembra di poter fare più affidamento e che comunque è più vicina (anche per composizione del corpo elettorale) alle idee liberali.
- Bisogna, in definitiva, confidare nella creazione (sicuramente non a breve) di nuovi equilibri e nuovi rapporti di potere che diano una governabilità all’Italia e mettano il Paese in grado di cominciare da affrontare, col consenso degli italiani, le scelte più difficili e i problemi più strutturali che lo attanagliano (in primo luogo, a mio avviso, il ripristino del senso della legalità o della buona amministrazione, cioè il senso dello Stato e del bene pubblico).
Enzo Palumbo dice
Leggo sempre con interesse quel che scrive Corrado, la cui opinione mi permetto di sintetizzare come segue: Lega e M5S hanno vinto le elezioni in polemica coi governi del passato, non sono barbari, lasciamoli lavorare senza pregiudizi, critichiamone semmai i singoli provvedimenti, con un occhio di riguardo per la Lega, che è più vicina alle posizioni liberali, e mettiamo meno Europa possibile nella visione del futuro. È una posizione che non condivido, e Corrado lo sa, per due motivi fattuali e non pregiudiziali e per un terzomotivo comportamentale:: 1) non è vero che i due partiti al governo abbiano vinto le elezioni insieme (ma l’uno contro l’altro) e con un unico programma (ma con due programmi assolutamente diversi e conflittuali), e in conflitto col passato (Lega e FI si sono presentati in coalizione proponendo un governo di centro-destra simile a quelli del passato); nel c. d. Contratto i due partiti hanno messo il peggio dei rispettivi programmi, mischiando sovranismo, dirigismo e assistenzialismo, stipulando un mero accordo di potere per spartirsi le spoglie dello Stato a favore delle rispetive fasce di elettorato, piuttosto che a favore di tutti i cittadini, come ogni buon governo (anche privo di esponenti liberali) dovrebbe fare. 2) dire che bisogna guardare ai singoli provvedimenti vuol dire avere una visione atomistica e non complessiva del percorso dell’attuale governo, le cui dichiarazioni, e i consequenziali atti e comportamenti, sono tutti chiaramente preordinati a mettere in crisi gli attuali assetti geopolitici, abbandonando la solidarietà occidentale, rompendo l’Europa e precipitandoci nella sfera d’influenza russa. E non ne fanno mistero, anzi se ne vantano. 3) le posizioni e gli atteggiamenti di Salvini sono quanto di più lontano possibile da posizioni liberali, un liberale se ne vergognerebbe.
MAurizio Griffo dice
L’articolo mi sembra troppo ottimistico
Dino Cofrancesco dice
Non si poteva dire meglio !