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L’impatto sociale dei vaccini

21 Ottobre 2021 di Mara Tognetti Bordogna Lascia un commento

Da sempre i vaccini suscitano paure, incertezze, resistenza, avversità, o grandi aspettative. Si è verificato nei secoli passati e ora lo stiamo vivendo con i vaccini anti COVID-19. Sentimenti amplificati e alimentati da una comunicazione mediatica, ma anche politica, anche di tipo strumentale, supportata dalle nuove tecnologie e da un uso non sempre appropriato dei social. Inoltre la comunicazione spesso affrettata ‘dei cosi detti esperti’ e in non pochi casi inappropriata o smentita ha contribuito a sviluppare sentimenti contrastanti, amplificati anche dalla enorme possibilità di acquisire ‘informazioni’ dal web.

Il proliferare di notizie, le cui fonti sono sovente non attendibili, contribuisce a creare un mondo dell’informazione fuori controllo che riduce o annulla il lavoro di coloro che cercano di informare correttamente. Tutto ciò porta a valutare i vaccini più sulla base dei propri riferimenti individuali che vengono rafforzati via social, specialmente se le posizioni sono critiche, piuttosto che sugli esiti reali o su prove scientifiche.

La campagna di vaccinazione in corso, più delle altre, non costituisce però un mero atto sanitario, essa ha implicanze sociali, economiche, relazionali, individuali e collettive, nazionali e globali, assai rilevanti. Molte dunque sono le dimensioni sottese ai vaccini e alla vaccinazione che debbono essere prese in considerazione cosi come sono diversi gli effetti sociali che essi determinano.

Partiamo prendendo in considerazione l’aumento dell’incertezza e della preoccupazione dei possibili rischi, delle paure, anche se questo è l’esito numericamente minore della campagna vaccinale, ma ‘più rilevante per i media’, che alimenta l’errata percezione del rischio.

La dimensione della paura e la paura di vaccinarsi ricorrendo a prodotti nuovi, messi a punto in tempi brevissimi, dagli esiti collaterali non sufficientemente noti, sono aspetti da considerare dando loro però il reale peso, così come va considerata la paura, che altri manifestano, di entrare in relazione con chi non si è vaccinato.

Paure e rischi, effetti collaterali, come per tutti i vaccini, ma in questo caso la velocità della messa a punto dei diversi preparati, i tempi di sperimentazione ridotti anche se rilevanti sul piano numerico, i possibili rischi collaterali non ancora noti sufficientemente a cui si sono aggiunte campagne di disinformazione e il ruolo mediatico ‘dei presunti no-vax’, ma anche della stampa, hanno amplificato le preoccupazioni, le resistenze e le avversità.

Come è stato fatto notare l’esitazione di fronte ai vaccini costituisce un problema di salute pubblica (V.Carrieri, R. Lagravinese, G. Resce, Il rifiuto dei vaccini si può prevedere, in «Lavoce.info», 28/9/2021), ben noto e rispetto al quale la stessa OMS era già intervenuta, annoverando tale questione fra quelle più rilevanti per la salute pubblica mondiale. In letteratura (ECDC, Let’s talk about hesitancy, Stoccolma, 2016; O. Dincer, R.Gillanders, Shelter in place? Depends on the place: Corruption and social American states,in «Social Science &Medicine», vol 269, 2021; M.Hornsey et al., Vaccine hesitancy is strongly associated with distrust of conventional medicine, and only weakly associated with trust in alternative medicine, in «Social Science &Medicine», 2020) sono poi state descritte alcune caratteristiche individuali riconducibili proprio all’esitazione come: basso reddito, scarsa istruzione, alcuni orientamenti politici e religiosi, bassa fiducia nelle istituzioni, ed ancora la bassa percezione di sicurezza dei vaccini stessi, la mancanza di informazioni, scarsa efficacia percepita dei vaccini, teorie cospirative. Secondo lo studio citato (Carrieri et al, 2021) la persistenza di tale fenomeno si verifica a prescindere dal tipo di vaccini considerati e quindi l’esitazione vaccinale è solo parzialmente riconducibile al fatto che si tratta di un vaccino presente sul mercato farmaceutico da poco.

Paure, preoccupazioni e scelte che riguardano un numero assai limitato di persone e di figure sanitarie. Infatti secondo quanto riportato dal Presidente FNOMCEO «i medici non ancora vaccinati sono una minima parte: attualmente ne risultano sospesi, per questo motivo, poco più di 700 su 460000 iscritti agli albi. E molti, almeno 250, hanno già regolarizzato la loro posizione. Anche tra i sospesi, quelli che hanno una posizione dichiaratamente no-vax sono, a loro volta, una minoranza, circa un centinaio» (F. Anelli, Covid. Minacce no vax al presidente Omceo di Trento Marco Ioppi. La solidarietà di Segnana e Fnomceo, in «Quotidiano Sanità», 27/9/2021).

Consideriamo ora invece gli effetti sociali positivi derivanti dalla vaccinazione in corso che non sono pochi.

Innanzitutto il valore sociale delle vaccinazioni riguarda sia il singolo individuo che la collettività. Anzi possiamo evidenziare che attraverso un’azione dei singoli si solidifica la salute collettiva. Come noto ottenere una elevata copertura vaccinale, per la maggior parte delle malattie, permette di contenere la circolazione del microrganismo responsabile e, di conseguenza garantire la protezione di una comunità, compresi i non vaccinati, non solo ‘i cosidetti no vax’ ma anche coloro che per motivi sanitari non si possono sottoporre alla vaccinazione.

Tale impatto positivo sulla salute della popolazione oltre a contenere i danni della malattia o delle sue complicanze determina altresì una riduzione dei costi sia diretti che indiretti, a partire da quelli sanitari fino a quelli economici. Si riduce l’affollamento delle strutture ospedaliere, cosi come si riduce il numero dei malati gravi con una riduzione delle sofferenze ma anche delle spese socio sanitarie. Una minor affluenza di questo tipo di malati consente lo svolgimento delle normali attività di screening e diagnostiche, che in tempo di pandemia sono state sospese, con altri danni sulla salute della popolazione. Un contenimento delle spese sanitarie a carico del SSN ma anche una più ampia attività di prevenzione. Dato economico che va ad aggiungersi, grazie al green pass obbligatorio per molti settori, alla ripartenza dell’economia del Paese, senza sottovalutare l’impatto economico derivante dalla produzione dei vaccini stessi (M. Tognetti Bordogna, Nuovi scenari di salute, FrancoAngeli, Milano 2017).

La campagna vaccinale in corso, per le dimensioni che ha assunto e perché riguarda la quasi totalità dei Paesi del mondo ha determinato, almeno in questo ambito il superamento dei localismi in sanità, evidenziando, come la salute sia un bene pubblico a cui tutti sono chiamati a contribuire. La capacità di fare sistema dei Paesi ma anche delle imprese produttrici di vaccini, in questo caso in modo peculiare, pur in presenza di una concorrenza fra produttori, ha indotto una forte collaborazione fra produttori, anche se aiutati economicamente dai diversi Stati, che ha consentito di compiere passi da giganti nella messa a punto e produzione di vaccini innovativi.

Risposte globali come la collaborazione (più o meno spontanea e libera) di team di ricerca, di grandi e piccole imprese, di multinazionali, hanno consentito di produrre in tempi brevissimi, rispetto a quello che succedeva precedentemente, vaccini che hanno concorso assieme ad altre misure (mascherine, lavaggio delle mani, distanziamento fisico) alla drastica riduzione di esiti sanitari spesso mortali proprio a causa della sindemia in corso. I casi di contagio e di malattia grave stanno diminuendo decisamente proprio con la somministrazione di due dosi di vaccino. Cosa più importante in forza di queste misure torniamo ad essere animali sociali. Abbiamo poi potuto constatare il ruolo centrale della scienza e i suoi straordinari progressi e risultati.

La presenza dei vaccini e la campagna vaccinale ha però, come del resto l’esplosione della sindemia da COVID 19, contribuito ad incrementare le disuguaglianze di salute anche rispetto alla vaccinazione in particolare a carico dei Paesi del Sud del Mondo. Nei Paesi più poveri non ci sono nemmeno dosi sufficienti per la prima iniezione. E lo sforzo fatto da molti Paesi nella donazione di vaccini è ancora troppo limitato, inoltre ci riferiamo a Paesi che presentano enormi difficoltà logistiche per la distribuzione anche delle poche dosi disponibili.

Che fare?

La strada è ancora lunga poiché di fronte a noi vi sono ancora delle incognite importanti: che tipo di protezione dà il vaccino, quale sarà l’evoluzione del virus, riusciremo a fronteggiare tutte le criticità organizzative legate ad una campagna vaccinale mondiale? Come saranno i nuovi casi di COVID-19, che inverno ci attenderà?, e molte altre domande che troveranno una risposta nel tempo. Intanto possiamo incrementare alcune azioni. Contenere e ridurre lo scarso coordinamento fra autorità sanitarie e quelle finanziarie. Sensibilizzare e accompagnare i cittadini in questo nuovo processo sociale con interventi di promozione mirata. Dialogare con i non vaccinati. Risulta poi essenziale una comunicazione che sia capace di far comprendere, anche ai più restii, il valore della vaccinazione, anche combattendo le informazioni distorsive originate da fake news o da inadeguate interpretazioni del dato scientifico. Cosi come è necessario incrementare la promozione della salute anche con un’adeguata educazione sanitaria, continuare a credere nella scienza e in particolare in un SSN pubblico.

A conclusione ricordiamo che la vaccinazione è stata definita una delle più grandi scoperte mediche mai fatte dall’uomo, la cui importanza è paragonabile, per impatto sulla salute, alla possibilità di fornire acqua potabile alla popolazione.

vaccini

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