Il vincitore era annunciato e non si attendevano soprese. Quello che molti attivisti della prima ora speravano, però, non si è avverato. L’ala più movimentista, quella che non ha mai accettato l’istituzionalizzazione del MoVimento che invece si riflette splendidamente nella figura di Di Maio, sperava in una candidatura più di lotta che di governo. Tuttavia, il più famoso combattente del MoVimento, Alessandro Di Battista, ha più volte annunciato che non si sarebbe candidato, ormai fiaccato dagli anni in parlamento. Quelli che sembravano i possibili sfidanti del giovane e sorridente grillino napoletano, e cioè Roberto Fico e Nicola Morra, hanno deciso di non combattere in campo aperto.
Non restava quindi che l’amara soddisfazione, per i grillini ‘duri e puri’, di vedere il candidato premier designato non stra-vincere. I forti rallentamenti della piattaforma Rousseau, che hanno costretto il MoVimento prima ad estendere il voto di quattro ore, poi a prolungarlo anche nella mattinata del venerdì, lasciavano sperare in una partecipazione molto elevata. In realtà, i numeri annunciati dal leader del MoVimento non sono stati all’altezza delle aspettative. I votanti sono stati 37.442 a fronte di oltre 140.000 iscritti. Poco più del 25% degli iscritti, quindi, ha ‘cliccato’ per votare il proprio candidato premier. Luigi Di Maio ha vinto con l’82,6% dei consensi. Non molti, considerato che gli altri candidati erano degli illustri sconosciuti.
Le regole per l’elezione erano state pubblicate circa una settimana prima. Avevano diritto ad un voto, conformemente a quanto stabilito dal ‘Non Statuto’, gli iscritti al sito www.movimento5stelle.it entro la data del 1 gennaio 2017, abilitati ad accedere a Rousseau, maggiori d’età e che avessero certificato la propria identità tramite il caricamento di un documento. Le regole per le candidature erano molto più stringenti. Ancora una volta, potevano candidarsi tutti gli iscritti al sito, che avessero esperito un mandato da portavoce (con termine naturale entro il 28 febbraio 2018) e che non si fossero dimessi durante l’esercizio del mandato, non avessero cambiato gruppo consiliare e/o parlamentare, fossero in possesso dei requisiti previsti dal Regolamento per le cariche elettive (residenza, impegno a portare avanti programma e valori del MoVimento, assenza di condanne penali, limite dei due mandati, ecc.), non fossero mai stati iscritti ad alcun partito (e alla massoneria) e non avessero mai partecipato a elezioni di qualsiasi livello con forze politiche diverse dal MoVimento 5 Stelle.
Certamente, l’aver stabilito tempi e modalità tanto stringenti, non aver permesso confronti pubblici ed aver di fatto impedito una regolare campagna elettorale non ha lasciato alcuna possibilità ai candidati meno noti ed ha reso evidente che la concezione di democrazia (diretta?) del MoVimento nasconde qualche falla non di certo secondaria. Se a questo aggiungiamo che, secondo i sondaggi, il potenziale bacino elettorale del MoVimento conta quasi 10 milioni di elettori, ma solo il 2% di costoro ha deciso di far sentire la propria voce attraverso la piattaforma Rousseau, balza all’occhio il fallimento di quell’utopia originaria basata su cittadini informati, consapevoli, pensanti e, soprattutto, votanti. Infatti, solo lo 0,3% dei potenziali elettori del MoVimento ha stabilito chi sarà il leader e candidato premier. Con buona pace dell’‘uno non vale uno’. Di più: il confronto con elezioni che si sono svolte negli anni scorsi sottolinea la (relativa) ‘sconfitta’ di Di Maio. Il secondo turno delle elezioni per la selezione del candidato Presidente della Repubblica, avvenute nel gennaio 2015, aveva visto una partecipazione molto più elevata (avevano votato ben 51.677 iscritti, su un totale di iscritti di certo inferiore a quello odierno). Il 17 novembre 2015, 40.995 iscritti avevano ‘cliccato’ per il cambiamento del simbolo del MoVimento, una decisione non certo di primaria importanza. Il 28 ottobre 2016, ben 87.213 su 135.023 iscritti avevano votato per la proposta di riforma del Non Statuto. Infine, all’inizio di dicembre 2016, ben 40.977 iscritti avevano partecipato alle votazioni per uno dei punti del programma ‘energia’ del MoVimento, ben di più, quindi, dei votanti per il candidato premier. Una partecipazione in drastico calo, dunque, che fa il paio con quella dell’elettorato in generale e che ancora una volta sottolinea la ‘normalizzazione’ del MoVimento. Che si tratti di disaffezione o, come direbbero i pentastellati, di normale disinteresse per la figura del più importante dei portavoce, perché, appunto, ‘uno vale uno’, questi dati dovrebbero far riflettere il nuovo capo politico del MoVimento 5 stelle.
Cosa può voler dire, in termini di legittimazione in vista delle future elezioni politiche, il risultato non proprio confortante in termini di partecipazione e di voti a favore di Di Maio? Primo, che tre quarti dei pentastellati hanno deciso di non votare minando alla base la legittimazione che si sperava plebiscitaria del vicepresidente della Camera dei deputati. Secondo, che quasi un votante su cinque ha scelto altri candidati e questo dato, vista la scarsa notorietà degli sfidanti, non supporta di certo la sbandierata unità all’interno del MoVimento. Terzo, ma non meno importante, che probabilmente Di Maio sarà in grado, come sperano i fondatori del MoVimento, di raccogliere preferenza sia a destra che a sinistra, un tatticismo che però poco rispecchia gli originari principi del MoVimento.
vincenzo dice
Gentilissima Regalia
sintetizzo i miei concetti su tre punti come da lei fatto.
Primo: I cosiddetti pentastellati sono già stanchi perchè non vedono fatti e/o reale gestione democratica del movimento/partito e la dimostrazione è già la disaffezione al cosiddetto voto on line. Direi minimale.
Secondo:nessun movimento è unito e questo men che meno
Terzo:il raggranellamento di voti in tutte le direzioni che forse porterà Di Maio è intriso di vecchia politica che proprio quella che fintamente cercano di rifuggire.
Che piaccia o no essere onesti non basta perchè si deve anche essere capaci.
grazie per il suo articolo ed un caro saluto