Nate dalle ceneri dei referendum del 1991 (sulla preferenza unica) e, soprattutto, del 1993 (che trasformò la legge elettorale del Senato in una legge propriamente maggioritaria), le leggi 276 e 277 del 4 agosto 1993 davano vita ad un sistema elettorale misto ribattezzato da Giovanni Sartori “Mattarellum” dal nome del suo relatore, l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Oggi, quasi 24 anni e due leggi elettorali dopo, da più parti si auspica la reviviscenza di tale sistema. Ma come funzionava il cd. Mattarellum? In questo primo intervento sul tema dal forum di Paradoxa cercherò di illustrarne i meccanismi e le particolarità, oltre ad alcuni effetti. Interventi successivi punteranno l’attenzione su aspetti più specifici in relazione ad altre componenti del sistema politico. Stay tuned!
In quanto sistema misto, il Mattarellum prevedeva due metodi di attribuzione dei seggi su basi diverse: una maggioritaria ed una proporzionale. 475 seggi alla Camera e 232 al Senato (e cioè il 75%) erano attribuiti con sistema maggioritario uninominale a turno unico. In ogni collegio, vinceva il seggio il candidato che otteneva la maggioranza relativa dei voti. Il restante 25% (e cioè 155 seggi alla Camera e 83 seggi al Senato) veniva invece assegnato con sistema proporzionale. Le similitudini tra i due rami del Parlamento, tuttavia, finiscono qui. Le altre caratteristiche del Mattarellum, sebbene spesso sottovalutate, differivano tra Camera e Senato, con esiti non trascurabili.
Per prima cosa, gli elettori avevano a disposizione due voti per la Camera dei Deputati (uno per la parte maggioritaria ed uno per la parte proporzionale) ed un solo voto per il Senato (per il candidato nella parte maggioritaria, che non poteva presentarsi in più di un collegio). Ciò comportava principalmente due conseguenze: primo, gli elettori potevano esprimere un voto disgiunto, votando strategicamente per l’uninominale e sinceramente per il proporzionale, solo alla Camera; secondo, al Senato venivano eletti i migliori candidati perdenti all’uninominale e quindi, affinché i voti non andassero persi in caso di non vittoria all’uninominale, i candidati di un partito in ogni regione dovevano essere tra loro collegati in vista del recupero proporzionale.
Secondariamente, i seggi proporzionali erano distribuiti, alla Camera, su 26 circoscrizioni con metodo Hare (e resti più elevati), mentre al Senato su base regionale con metodo d’Hondt. Ciò garantiva esiti maggiormente proporzionali nel primo caso, essendo la formula Hare estremamente proporzionale, soprattutto se comparata alla formula d’Hondt, la meno permissiva tra le formule proporzionali. Tuttavia, il meccanismo dello scorporo totale al Senato, che vedremo successivamente, permetteva la rappresentanza anche dei partiti più piccoli.
In terzo luogo, per la parte proporzionale, alla Camera erano previste liste bloccate e una soglia di sbarramento del 4% a livello nazionale, mentre al Senato non era prevista alcuna soglia, nemmeno a livello regionale, e una sorta di “graduatoria” dei candidati perdenti nella parte maggioritaria (ordinata secondo le percentuali ottenute nei rispettivi collegi) sostituiva le liste bloccate della Camera.
Infine, le due leggi elettorali prevedevano entrambe un meccanismo chiamato “scorporo” che aveva il fine di non sovra-rappresentare i partiti che avevano già ottenuto seggi nella parte uninominale, ma che veniva però messo in pratica in maniera diversa per l’elezione dei due rami del Parlamento. Alla Camera, lo scorporo era “parziale”: ciò significava che, al momento del computo dei voti per la quota proporzionale, ad ogni lista venivano attribuiti tanti voti quanti quelli ottenuti nella parte proporzionale, meno, per le liste che avevano ottenuto seggi nella parte uninominali, un numero di voti pari al secondo classificato in quel collegio uninominale più uno. Se il candidato vincente all’uninominale era collegato a più liste, lo scorporo avveniva in proporzione al numero di voti ottenuti da ciascuna lista. Al Senato, invece, lo scorporo era “totale”: tutti i voti che non erano serviti per eleggere un candidato (quindi tutti i voti, tranne quelli del candidato vincitore all’uninominale) venivano sommati su base regionale, partito per partito.
Con il Mattarellum gli italiani si recarono alle urne tre volte: nel 1994, nel 1996 e nel 2001. Nel 2001, per eludere, alla Camera, l’effetto compensativo della quota proporzionale, i partiti maggiori fecero ricorso alle cd. “liste civetta”. Vennero cioè appositamente create e presentate delle liste senza una reale forza elettorale alle quali i candidati nella parte uninominale dichiaravano il collegamento. In questo modo, lo scorporo avvenne ai danni di queste liste minori (Paese Nuovo per il centrosinistra e Abolizione Scorporo per il centrodestra), con poche probabilità di superare la soglia del 4% a livello nazionale, e senza intaccare quindi i voti ottenuti dalle liste maggiori con il voto nella parte proporzionale. Curiosamente, il trucchetto si ritorse contro la coalizione di centrodestra: l’abuso delle liste civetta impedì infatti a Forza Italia di ottenere tutti i seggi che le sarebbero spettati se non avesse fatto ricorso alle liste civetta. La lista di Forza Italia, infatti, aveva diritto a 62 seggi, ma disponeva di soli 55 candidati in quanto gli altri erano stati collegati ad abolizione scorporo. Al problema di questi 7 seggi, si aggiunse quello degli eletti in più di una circoscrizione. Ne conseguì una legislatura senza plenum.
Quali furono gli effetti del Mattarellum sul formato del sistema partitico? Indubbiamente, il sistema “misto-compensativo” non riuscì a ridurre la frammentazione. Secondo Sartori, se il sistema proporzionale in vigore fino al 1992 aveva prodotto 5/6 partiti rilevanti, il Mattarellum li triplicò. E questo non fu dovuto alla parte proporzionale, bensì alla quota maggioritaria, che concedeva ai piccoli partiti un significativo potere di ricatto. Da questo punto di vista, quindi, il Mattarellum non ebbe successo. Tuttavia, esso fu in grado di dare il via ad una stagione caratterizzata da coalizioni pre-elettorali, competizione bipolare e di alternanza al governo.
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