(L’Autore è Commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)
Il rapporto media-minori rappresenta una delle tematiche più importanti per l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sin dalla sua nascita, certificata dalla Legge Maccanico oltre vent’anni fa, l’Agcom si è sempre occupata di questo tema sensibile in tutte le sue dimensioni rilevanti: dall’analisi alle proposte, dalla vigilanza alla regolamentazione.
Nel corso di questi ventennio abbiamo assistito ad una vera e propria ‘rivoluzione della televisione’ caratterizzata, in primis dall’avvento del digitale e, più di recente, dalla piattaforma internet. Tali cambianti hanno mutato le caratteristiche strutturali che, per ben mezzo secolo, avevano saldamente caratterizzato il mezzo televisivo ‘analogico’. Attraverso la moltiplicazione dei canali, si è giunti alla frammentazione dei palinsesti (con l’affermarsi dei canali tematici e dedicati) e alla destrutturazione dei contenuti audiovisivi nonché, più di recente, alla mutata modalità di fruizione degli stessi (basti pensare all’affermarsi del video on demand). Viene dunque trasformata la figura del telespettatore che, da soggetto passivo, diventa attivo nei confronti dell’offerta televisiva. Dunque il telespettatore/utente non è più soltanto utilizzatore passivo ma può attivamente scegliere in piena libertà un determinato contenuto audiovisivo all’interno di un ‘catalogo’ e non più obbligato, ex ante, dall’editore ai contenuti di un palinsesto ‘lineare’.
Tra tutte le categorie dei destinatari del contenuto audiovisivo, il minore è il soggetto che più di altri è stato protagonista di tali trasformazioni. La rete e in particolare i social network hanno abilitato l’utilizzatore a considerarsi protagonista della scena sin anche a essere esso stesso produttore di contenuti. Si è dunque affermata una nuova figura, tanto cara alla letteratura sociologia, del ‘prosumer’ (A. Toffler, The third wave). Lo scandaglio dei paradigmi teorici e delle rilevazioni sul consumo mediatico di bambini e adolescenti nell’era di internet, rivelavano come imprescindibile la messa a fuoco del contesto sociale in cui si colloca la riflessione sulla tutela del minore. Due sono gli aspetti, uno strutturale e l’altro culturale, che emergono in questa prospettiva in base ai quali viene sottolineata la discontinuità tra l’idea di tutela aggiornata alla normativa attuale e la sua implicazione nel sistema comunicativo digitale. Nello specifico l’elemento strutturale rimanda alla pluralità e diversificazione dei contenuti mediali; l’aspetto culturale riguarda, invece, l’approccio al minore, in considerazione dell’evidenza in base alla quale il soggetto da tutelare è oggi tecnologicamente esperto, tendenzialmente più degli adulti. Le tecnologie digitali, quando usate dai giovanissimi, giocano un ruolo decisivo nel ricalibrare i rapporti di forza tra le generazioni. I primi soggetti coinvolti in questo processo di riconfigurazione del ruolo di mediazione sono i genitori, i parenti e comunque gli adulti. È possibile che ci siano genitori in grado di interferire nello sviluppo dei loro figli anche sul versante dell’alfabetizzazione alle tecnologie. Ma è statisticamente più probabile il contrario: e cioè che su questa dimensione specifica i minori corrano veloci e soprattutto da soli. Di conseguenza, è quanto mai opportuno comprendere i meccanismi di socializzazione precoce alle tecnologie digitali anche perché siamo in una fascia d’età in cui si riduce l’impatto delle variabili di contesto.
La domanda, che oggi diventa centrale porsi, consiste nella comprensione di quali siano gli elementi profondi che determinano e ‘spiegano’ la forte connessione tra i giovani e le forme di comunicazione mediate dal digitale. È un rapporto che, soprattutto per i soggetti meno attrezzati dal punto di vista delle competenze e della literacy (e dunque in possesso di scarse quote di capitale sociale e culturale) assume troppo spesso i tratti dell’esclusività, a dispetto di una certa retorica sulla capacità di sfruttare pienamente le potenzialità della digitalizzazione.
In tale contesto, si inserisce il Libro Bianco media e minori 2.0 dell’Autorità (disponibile sul sito www.agcom.it). Si tratta di un aggiornamento del precedente report (pubblicato nel 2013) che nasce dalla necessità dell’Agcom di misurare la ‘nuova’ fruizione del mezzo televisivo da parte del minore, con un focus sul consumo dei new media. Ciò che emerge dall’analisi svolta è che il minore ha cambiato pelle, divenendo soggetto tecnologicamente esperto e dotato di uno strumentario tecnologico personale che autogestisce e utilizza nell’intero arco della giornata.
Naturale corollario di tale risultato è la necessità di ripensare – dal punto di vista del Regolatore – l’approccio nei confronti del minore, giacché l’amplissimo margine di autonomia che caratterizza l’uso attuale delle tecnologie, depotenzia il ricorso a strategie proibizionistiche e comunque di stampo autoritario. In questo ambito, risultano indicativi anche gli esiti delle ricerche sulla pirateria che documentano, tra l’altro, l’assenza quasi totale di preoccupazione per i risvolti penali dell’illecito.
Il primo Libro Bianco ha analizzato le regole europee dettate dalla nuova Direttiva sui servizi di media audiovisivi. In quel contesto, il lavoro svolto si concentrò sull’analisi dell’offerta televisiva su tutte le piattaforme trasmissive quali digitale terrestre, satellite e cavo con una piccola finestra sui nuovi media (Web Tv e video on demand, solo per citare quelli più noti). L’analisi effettuata dal nuovo report, parte proprio dalle conclusioni a cui giunse il precedente che avevano mostrato la sostanziale insufficienza del modello di tutela tradizionale dell’infanzia e dell’adolescenza di fronte alla trasformazione dei mezzi di comunicazione. Le conclusioni suggerite dal primo Libro Bianco mostravano che l’impianto della tutela – ancora sostanzialmente in vigore – risentiva della sua cristallizzazione sulla televisione tradizionale di derivazione analogica. In realtà emerge chiaramente che è la rete a coagulare la gran parte delle attività comunicative esercitate dai minori o da una fascia rilevante di essi. Tuttavia appare evidente che internet è connotato da una complessità non paragonabile a quella della televisione, in primo luogo perché veicola messaggi diversificati e destinati ad una pluralità di usi. Ne deriva che l’espressione ‘contenuti digitali’ non costituisce più una classificazione univoca, ma piuttosto una sintesi semantica che raccoglie ‘oggetti’ profondamente diversi e di difficile classificazione. D’altronde è la stessa idea di contenuto nell’era digitale ad associarsi a un concetto di fruizione personalizzata/individualizzata.
Tra gli aspetti più rilevanti dell’analisi svolta dall’Agcom, emerge una centrale dicotomia tra ciò che prevedono le norme in materia di tutela dei minori e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. La normativa vigente prevede che il bambino e l’adolescente debbano essere tutelati dalla fruizione di contenuti nocivi nei servizi di media audiovisivi: ma la persona minorenne con internet entra quotidianamente in contatto con una pluralità di contenuti mediali diversi da quelli veicolati dai media. Con l’ingresso nella rete, il contenuto assume gradi di ‘autonomia’ molto elevati, risultando sia declinabile in formati diversi che adattabile alle scelte e ai tempi di fruizione degli utenti (appunto attraverso il video on demand). Il contenuto è diventato, pertanto, un prodotto crossmediale caratterizzato da modalità di fruizione individuali o sociali diversificate nel tempo e nello spazio.
Viviamo in un mondo che ci sta sempre più abituando ad un cambiamento repentino grazie al digitale e alla rete internet. Tale cambiamento è talmente veloce che il legislatore non riesce a prevenire, per tempo, le situazioni degne di tutela giuridica. Ecco perché il soggetto Regolatore deputato alla tutela del minore deve, in linea con quanto suggerito dall’Unione europea, avvalersi di procedure di autoregolamentazione e di co-regolamentazione attraverso la partecipazione attiva di tutti gli stakeholders, sia tradizionali (le emittenti televisive) che recenti (i service provider della rete). Ma soprattutto, occorre prendere coscienza dello squilibrio attuale di regole tra piattaforme tradizionali e digitali. Sul tema dei minori non vi possono essere scuse o argomentazioni che legittimino e incentivino il Far Web. Solo tramite un confronto per così dire ‘live’ con tutti i protagonisti del settore, e con una loro adesione corale a regole comuni, sarà possibile colmare le lacune fisiologiche del legislatore e dunque garantire una adeguata forma di tutela del minore.
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