Dopo tanti tentativi di riformare il Terzo Settore avviati e non conclusi negli ultimi 20 anni è arrivata in porto una normativa che affronta in modo sistematico la regolamentazione di questa area operativa che si colloca fra Stato e Mercato e che ha assunto una dimensione rilevante e crescente nel tempo.
A dire il vero l’esigenza di normare il settore è ancora più remota se si pensa che le norme codicistiche sono del 1943 e solo con legislazioni speciali si sono avuti interventi normativi negli anni ’90, peraltro seguendo esigenze del momento e non affrontando la materia in modo organico.
La nuova normativa, nata dalla legge delega 6 giugno 2016 e sfociata nei decreti legislativi del 3 luglio 2017, ha ‘quasi’ centrato l’obiettivo in quanto ha sì normato il Settore ma non ha attuato la riforma civilistica pur prevista dalla legge delega. Non si è potuto compiere quel passo con l’adeguamento del libro I del codice civile per diverse ragioni. Innanzitutto un primo limite della legge delega consisteva nell’escludere dalla riforma i partiti politici, i sindacati, le associazioni di categoria e le fondazioni bancarie; in secondo luogo la lettera della delega non era così chiara e si poteva incorrere nel rischio di eccesso di delega con il rischio di vanificare la riforma. Ecco che allora è rimasto l’impianto civilistico – che è stato integrato solo con norme sulle operazioni straordinarie – ed è stata prevista una nuova normativa unitaria per gli Enti di Terzo Settore (ETS), nuova figura che accomuna tutti quei soggetti che, operando in settori di utilità sociale, sono anche agevolati in vari aspetti. In sostanza gli enti non profit possono non aderire alla nuova normativa restando regolati solo dalle norme civilistiche e fiscali generali; i sindacati i partiti politici e le associazioni di categoria oltre che le fondazioni bancarie restano regolati dal codice civile e dalla leggi speciali; gli altri enti che aderiscono alla nuova normativa hanno una normativa organica e possono fruire delle nuove agevolazioni introdotte.
Una normativa speciale è quella delle imprese sociali che, pur essendo ricomprese fra gli enti di Terzo settore come categoria, sono imprese e hanno una regolamentazione speciale dettata da apposito decreto delegato.
Le novità significative sono dunque quella della definizione e articolazione del nuovo soggetto «Ente di Terzo Settore», che risulta più inclusivo della vecchia configurazione delle Onlus, in quanto sono molto allargati i settori operativi. È questa la previsione del D.Lvo 3 luglio 2017 n.117 istitutivo del Codice del Terzo Settore.
Al nuovo soggetto sono demandati obblighi di trasparenza e nuove regole di governance, a fronte dei quali sono previste agevolazioni e semplificazioni fiscali. Sono identificati e definiti gli Enti di Terzo Settore(ETS), le attività di interesse generale che possono svolgere, i vincoli e gli obblighi gestionali e le agevolazioni. È prevista l’istituzione del Registro del Terzo Settore a cui occorrerà si iscrivano gli enti che scelgono tale configurazione. Resta salva la facoltà per i soggetti che non vogliono aderire a tali norme di mantenere lo stato non profit, senza gli obblighi ma anche i vantaggi degli ETS, mantenendo la forma di ente non commerciale.
Per la prima volta si definisce per legge il Terzo settore, per ora oggetto prevalentemente di indagini sociologiche, indicando quali enti e soggetti lo compongono.
Il nuovo Codice riordina tutta la normativa riguardante gli enti del Terzo settore, che saranno iscritti al «Registro unico nazionale del Terzo settore», unico registro pubblico, monitorato e gestito dalle Regioni ma su un’unica piattaforma nazionale, che farà capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’iscrizione al registro sarà vincolante per accedere ai benefici previsti dalla Legge e il Codice prevede diverse misure di promozione e sostegno per gli enti iscritti, oltre che attività di monitoraggio, di vigilanza e di controllo.
È da notare che la nuova normativa comunque sarà operativa solo dal momento dell’istituzione del Registro degli ETS e dopo che l’Unione europea avrà condiviso la normativa, considerandola non contraria al divieto di apportare aiuti di stato. È quindi prevedibile che per avviare la nuova normativa occorreranno almeno uno o due anni.
La seconda novità importante è la nuova regolamentazione delle imprese sociali che è avvenuta con il D.Lvo 03/07/2017 n.112 recante la disciplina dell’impresa sociale. Pur essendo classificata fra gli Enti di Terzo Settore, per l’impresa sociale è stato emanato uno specifico decreto, anche in considerazione della natura commerciale dell’istituto. Come è noto tale forma giuridica è stata prevista dalla legge n.118 del 13/06/2005 e dal D.Lgs n.155 del 24/03/2006, reso operativo dal 2011 con i decreti attuativi, ma di fatto tale istituto non è mai decollato, anche in considerazione dell’assenza di norme agevolative. Con la nuova normativa si colma tale lacuna e oltre alla migliore definizione del soggetto vengono introdotte significativi strumenti di incentivazione. Ora la materia è regolata ex novo dal D.Lgs 3 luglio 2017 n.112.
Si definiscono «impresa sociale» «tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti in forma societaria, che esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività». Il decreto amplia i campi di attività delle imprese sociali, allargandole a settori come il commercio equo, l’alloggio sociale, il microcredito, l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e l’agricoltura sociale. Una novità significativa è la possibilità di partecipare a queste organizzazioni sia per i soggetti del terzo settore che per i soggetti profit, imprese o amministrazioni pubbliche, seppure in forma limitata e senza svolgere funzioni di controllo, nonché la possibilità, seppur parziale, di redistribuzione degli utili.
La Legge prevede vantaggi fiscali. Tra i più significativi incentivi si ricordano in particolare i seguenti:
- detassazione degli utili e degli avanzi di gestione reinvestiti nell’attività;
- detrazione Irpef del 30% delle somme investite dal contribuente nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni e che siano costituite da non più di trentasei mesi (l’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1 milione di euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni);
- esclusione dal concorso alla formazione del reddito dei soggetti passivi Ires del 30% delle somme investite nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni e che siano costituite da non più di trentasei mesi (l’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1,8 milioni di euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni);
- esclusione dell’applicazione nei confronti delle imprese sociali delle disposizioni relative alle società di comodo, alle società in perdita sistematica, agli studi di settore, ai parametri e agli indici sintetici di affidabilità fiscale.
La norma è operativa da subito e, data la vastità dei campi operativi ammessi e le agevolazioni introdotte è da prevedere che si assisterà ad un rilevante incremento dell’uso di tale forma operativa.
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