Nella lunga stagione di reclusione e didattica a distanza il sistema scolastico italiano ha offerto una prova di capacità di adattamento e di resilienza superiore a qualunque attesa, specie data l’imprevedibilità dell’accaduto. L’indispensabile ricorso alle tecnologie per la teledidattica, lungi dal rappresentare la risorsa quotidiana su cui basare la normalità dello scambio educativo, ci ha dimostrato quanto sia necessario un cambiamento radicale nel modo di fare scuola, sia dal lato dei docenti e dunque dell’insegnamento, sia dal lato degli studenti e dell’apprendimento. Convertire la scuola al digitale è indispensabile per sviluppare nuovi modi di pensare ma anche per ideare pratiche finalizzate alla collaborazione e ad un uso intelligente delle tecnologie che sempre più pervadono la nostra vita.
L’idea di digitalizzare la scuola non è nuova, ma è resa non più rinviabile dalla lunga incertezza che abbiamo vissuto, e anche in considerazione di possibili nuove restrizioni; per di più essa rivela una speranza concreta dagli investimenti ad hoc previsti nel PNRR. È il momento quindi di mettere in cantiere una serie di ristrutturazioni per fornire una soluzione duratura all’interruzione o rimodulazione della didattica in presenza.
In tal senso, una proposta di riforma digitale della scuola dovrà contenere soluzioni metodologiche e di processo che possano adattarsi al nuovo contesto sanitario, e dunque sociale. Ciò investe, chiaramente, sia la gestione della riorganizzazione delle attività nella crisi, che proposte a lungo termine relative alla fase di superamento dell’epidemia. Occorre, dunque, sottrarre il termine ‘digitale’ al lessico emergenziale, perché solo così la scuola può diventare davvero il tempo e il luogo di un’educazione che faccia diventare vivente il messaggio della società della conoscenza.
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