Questi lunghi mesi di COVID 19 ci hanno insegnato molte cose, fra queste il fatto che un Sistema Sanitario Nazionale pubblico è un bene comune essenziale che può fare la differenza in termini di presa in carico, mortalità e morbilità.
Il COVID 19 pone l’urgenza di ripensare il Sistema Sanitario Nazionale, pur nelle sue articolazioni regionali senza però stravolgerlo nei suoi elementi fondanti, che nei decenni passati sono stati dimenticati.
Da dove partire?
Oltre a seguire le misure del Ministero della Salute per contenere il Coronavirus nella fase 2 e 3, diventa strategica la messa a punto di linee di indirizzo centrali e coordinate con le Regioni per evitare nuovi processi di frammentazione che la pandemia ha svelato in tutta la sua assurdità.
È necessario un maggior coordinamento fra scelte nazionali e locali ed è urgente ripensare la riforma del titolo V anche alla luce degli errori in sanità di questa fase.
Per i caratteri globali e sistemici del COVID, ma non solo, è fondamentale il rilancio della prevenzione che si basa sulla rimozione dei rischi. Quella di maccacariana memoria (Maccacaro 1979) risulta essere un pilastro essenziale. La prevenzione diviene poi centrale anche in relazione alla complessità delle malattie e al loro carattere di cronicizzazione. Solo la rimozione dei fattori di rischio e il cambiamento degli stili di vita garantirà una salute migliore per tutti.
Un ulteriore elemento su cui puntare è l’incremento della Health Literacy, intesa quale capacità degli individui di acquisire conoscenze e abilità personali tali da contribuire al miglioramento della salute dei singoli e della collettività, mediante il cambiamento degli stili di vita, delle proprie condizioni di vita. Una adeguata Health Literacy consentirà agli individui di fare scelte migliori.
La forte interdipendenza fra ambienti di vita e di lavoro, così come i caratteri dell’epidemia che stiamo vivendo, pongono come prioritaria la promozione della salute nei luoghi di vita e di lavoro. Sono gli ambienti di lavoro che necessitano di un radicale intervento per la garanzia della salute dei lavoratori, per cicli produttivi sani e che producono benessere. Oltre all’incremento di professionisti dedicati è fondamentale introdurre metodologie, pratiche di coinvolgimento e di attivazione dei lavoratori su questioni che sono vitali per la loro sopravvivenza e per la stessa economia.
La sfida da raccogliere sarà però l’incremento della medicina territoriale e delle cure di prossimità, che in questi decenni hanno visto un forte declino e in alcune regioni un vero e proprio smantellamento. Bisognerà aumentare gli organici, ma è fondamentale ricomporre la frammentazione fra i diversi sistemi di cura, ospedalieri e territoriali, per delineare un sistema organico.
Il riferimento torna ai distretti socio sanitari, alle case della salute nei progetti originali. Sistema che sarà chiamato ad operare per incrementare e garantire il ruolo attivo sia dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta e degli altri medici di medicina generale e di tutti i professionisti del sociale. Essi sono l’interfaccia effettiva e il punto di snodo fra specialistica e cittadini. La medicina associata contribuirà a favorire tale ruolo.
Dobbiamo ricordare i costi umani elevatissimi e le vere e proprie stragi che si sono verificate nelle RSA a causa dei molti errori nella gestione dei contagi, la non adesione a misure protettive del personale e degli ospiti se non in una fase tardiva. Risulta strategico garantire la continuità assistenziale e di ricovero fra territorio e ospedale.
L’ incremento della diffusione delle nuove tecnologie e della telemedicina è un altro aspetto su cui puntare.
In questa fase storica abbiamo verificato come le nuove tecnologie possono essere strumenti utili e utilizzabili in tutti i contesti a partire da quelli sanitari. Si pensi ai lavoratori con il cosiddetto lavoro leggero, gli insegnanti con le lezioni da remoto; i professionisti della salute con la telemedicina, ecc. È possibile e auspicabile una reale diffusione delle nuove tecnologie in tutti i territori e in tutte le strutture della salute.
La telemedicina utilizzata in molti paesi africani, e scarsamente presente nelle nostre strutture pubbliche, consente un effettivo monitoraggio delle condizioni cliniche dei pazienti e un loro controllo da remoto. La telemedicina particolarmente utile per pazienti COVID risulta essere importante per tutti coloro, come gli anziani, che sono affetti da pluri-patologie e che non necessitano del ricovero (spesso fonte di infezioni ospedaliere) ma che non possono gestire da soli la propria condizione di salute perché privi di reti di cura.
La robotica poi dovrà diventare parte del sistema per operazioni semplici o routinarie. Ovviamente il monitoraggio da remoto dei pazienti fragili non dovrà sostituire l’assistenza domiciliare, bensì saranno risorse da integrare e rinforzare.
Le pandemie aumentano le disuguaglianze sociali in salute quindi oltre a prevedere misure di sostegno a partire da quelle economiche per le persone e i nuclei in difficoltà non andranno sottovalutate le disuguaglianze derivanti dalla carenza di risorse tecnologiche. Proprio per evitare l’incremento di tali disuguaglianze occorre mettere i cittadini nelle condizioni di poterne usufruire equamente (wifi gratuito per docenti e studenti, computer, babysitter per favorire la conciliazione tempi di vita con tempi di lavoro, sostegno di vario tipo per famiglie con basso capitale economico e culturale ecc.).
Il monitoraggio della salute della popolazione è un altro aspetto di vitale importanza, sia in tempo di pandemia che per assumere decisioni e misure adeguate ai bisogni della popolazione e alle priorità dei territori. La strutturazione di un sistema di monitoraggio e di big data, richiede il potenziamento degli osservatori epidemiologici, la creazione di strutture capaci di fare sistema fra centro e periferia per una programmazione degli interventi a carattere nazionale ma che rispetti e valorizzi le specificità territoriali.
Molti altri gli aspetti su cui sarà utile intervenire, a partire da una rivisitazione del sistema ospedaliero, per rilanciare e valorizzare a pieno il nostro Sistema Sanitario che ha mostrato una resilienza inimmaginabile, restano però fondamentali i principi di base della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (833/78): prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, il territorio con i suoi servizi territoriali e le specificità territoriali quale ambito privilegiato di produzione e tutela della salute, con l’individuo al centro.
Antonio Maturo Docente di Sociologia della salute, Università di Bologna dice
Sono molto d’accordo con la collega Mara Tognetti. Del resto è evidente come le regioni più ‘neoliberiste’, Lombardia in primis, si sono dimostrate poco ‘responsive’ nell’affrontare il Covid. L’ ‘ ospedalocentrismo’ correlato alla ricerca di drg remunerativi a discapito del coinvolgimento e della valorizzazione dei distretti, del territorio e della ‘community’ ha avuto effetti perversi. Su una scala più ampia. questo può essere notato anche negli USA, dove si è tentato prima con la rimozione e poi con la repressione ad aggirare il dramma Covid. Il costo dei test, almento agli inizi, ha scoraggiato le persone a prendere in mano la propria salute. Inoltre, gli USA, di nuovo sono il tragico esempio di come le diseguaglianze sociali amplificano le diseguaglianze di salute. Questo può essere notato anche nella vita domestica, riprendendo il lucido intervento di Valeria Quaglia.
E’ necessario, come propone Mara Tognetti, agire sulla health literacy per valorizzare l’empowerment dei pazienti più deboli e ‘diseguali’. Anche perchè la pandemia si teme possa ciclicamente tornare e quindi divenire ‘endemica’.
Valeria Quaglia dice
La lucida analisi proposta dalla prof.ssa Mara Tognetti mette in luce l’urgenza di ripensare il nostro Sistema Sanitario Nazionale a partire dall’esperienza dell’emergenza sanitaria in corso e dei suoi effetti sociali: si tratta di una “manutenzione”, per così dire, quanto mai necessaria, di cui si articolano efficacemente i tratti essenziali. Come è stato evidenziato, le pandemie – così come le situazioni di crisi più in generale – amplificano le disuguaglianze economiche e sociali preesistenti, pertanto mettere a fuoco gli ambiti in cui queste si realizzano si profila come un passaggio necessario per il loro superamento. A questo proposito, i primi dati che abbiamo a disposizione mettono in evidenza l’impatto differenziale della pandemia di Covid-19 su diverse categorie o gruppi sociali di persone, e tra le differenze più significative particolare rilevanza sembra assumere la dimensione di genere rispetto al rischio di contagio e di mortalità ma anche di pari opportunità.
Diverse fonti hanno infatti rilevato differenze di genere rilevanti nella proporzione di decessi causati dal Covid-19, con un netto svantaggio degli uomini rispetto alle donne. Attingendo dalla sociologia del corpo, a questo proposito possiamo riflettere, seppure in modo congetturale, sull’impatto che le aspettative sociali possono avere sulla costruzione del corpo maschile e quindi a una maggiore propensione degli uomini a comportamenti considerati “a rischio” (nel caso specifico ciò si potrebbe realizzare per esempio nella mancata adesione alle disposizioni di contenimento che far riferimento ai comportamenti individuali), a stili di vita insalubri come il consumo di tabacco o alcol che aumentano la vulnerabilità alle malattie, o alla reticenza nell’adottare pratiche di cura del corpo in quanto considerate potenzialmente demaschilizzanti. Pertanto, per ciò che concerne l’operazione di rilancio della prevenzione di cui si parla nell’articolo, nella sua realizzazione occorrerebbe per esempio considerare strategie comunicative specifiche che tengano conto di pubblici differenziati, oltre che garantire nelle scuole un’adeguata educazione di genere che fornisca modelli di maschilità alternativi;
Se, da una parte, si evidenzia uno svantaggio di salute maschile in termini di decessi legati al Covid-19, dall’altra parte si è rilevato anche uno svantaggio di salute delle donne che investe ambiti specifici. Per esempio, la maggior parte delle persone contagiate sul luogo di lavoro è donna, così come la maggior parte degli operatori sanitari che hanno contratto il virus, questo presumibilmente a causa di una maggiore presenza femminile nell’ambito del lavoro di cura. Inoltre, sono stati registrati numerosi episodi di violenza domestica ai danni delle donne, che sono aumentati in tempo di pandemia a causa della forzata convivenza durante il lockdown con uomini maltrattanti. Un altro fattore che determina una disparità a svantaggio delle donne è l’aumento del carico assistenziale, derivato dalla necessità di prendersi cura a tempo pieno dei figli a causa delle scuole chiuse e/o dei familiari non autosufficienti o con patologie croniche invalidanti a causa del venire meno del sostegno sanitario a cui si poteva fare riferimento prima della pandemia. I fattori stressogeni connessi a queste attività di cura, che si sommano in molti casi alla perdita del posto di lavoro causata appunto da esigenze di assistenza familiare, ha inevitabilmente conseguenze sulla salute mentale e fisica delle donne, implicazioni di cui occorre tenere conto nella messa a punto di tutte le politiche pubbliche orientate a sostenere e promuovere eguaglianza delle condizioni di salute e le pari opportunità per tutte e tutti.
jean-olivier dice
La complessità dei temi messi a fuoco da Mara Tognetti è notevole: rinnovo radicale della “medicina del territorio”, coordinamento dei diversi livelli pubblici di decisione, nuova organisazione istituzionale al di là dell’aziendalizzazione che apra uno spazio alle partecipazioni professionale e civica (la “democrazia sanitaria” in francese), una sanità digitalizzata decentrata lontana dalla logica centralizzata ed estrattiva delle piattaforme commerciali…La pressione pubblica del dopo-Covid per una rifondazione del sistema dovrà diventare permanere nel tempo per ottenere risultati ma anche per verificarne l’attuazione: un pò come i movimenti per la riforma degli anni 1960-70? Una sfida storica nel campo teorico (migliori modelli) e al livello empirico (rapporti di forza tra gruppi sociali tradizionali e nuovi coinvolti nelle politiche sanitarie). Una sfida storica dunque.
Roberto Polillo coordinatore forum Tina Anselmi dice
Nella storia della medicina le pandemie hanno rappresentato eventi che segnano un prima e un dopo:
drammatica riduzione della popolazione (come avvenne con la peste nera) ma anche modificazioni dell’organizzazione del lavoro e talvolta anche maggiore competitività dei lavoratori per la scarsità della forza lavoro rimasta disponibile
COVID 19 segna già un prima e un dopo e ne fà fede la messa a disposizione di oltre 8 miliardi di euro per rilanciare la sanità da parte del governo, invertendo una tendenza al de-finanziamento perseguita per 15 anni.
Risorse necessarie ma non sufficienti senza una visione di discontinuità con il passato e senza una proposta di cambiamento
Le indicazioni contenute nell’articolo riescono a delineare un percorso di ristrutturazione del nostro SSN in cui i vecchi temi della partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche vengono integrate con le opportunità che la modernità ci offre: telemedicina, big data, implementazione di sistemi intelligenti
E ancora la necessità di rivedere la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni tra centro e periferie; periferie che tuttavia sono diventate a loro volta centro soffocante per le autonomie locali, i comuni singoli o associati, in una sorta di gioco dell’oca in cui si ritorna sempre a una condizione di non condivisione tra i soggetti a cui la Costituzione affida la tutela della salute
Su questi temi si è costituito un forum di discussione dedicato a Tina Anselmi che ha già prodotto una programma di dieci punti di riforma del nostro SSN
Con grande piacere noto in questo articolo una sostanziale condivisione con le nostre tesi, mentre alcuni argomenti trattati nell’articolo e da noi non altrettanto bene messi a fuoco, rappresentano un indicazione per approfondire le nostre tesi