A uno dei più grandi scrittori del secolo scorso, Romain Gary (1914 -1980), va il merito di aver colto, con largo anticipo rispetto a molte analisi attuali, alcuni dei più importanti problemi della politica contemporanea e di aver insieme sottolineato l’improponibilità di ogni ricetta semplificatrice /consolatoria per farvi fronte in modo adeguato.
Fin dai suoi due primi romanzi, destinati a decretarne il successo sulla scena internazionale, Educazione europea (1945) e Le radici del cielo (1956), Gary pone l’accento, rispettivamente, sottolineandone la complicazione, anche su temi politici chiave quali la costruzione dell’Europa (una volta che la tragedia della seconda guerra mondiale avrà termine) e la salvaguardia dell’ambiente, la cui distruzione, su scala planetaria gli appare il problema per eccellenza della politica di un presente/futuro già drammaticamente in atto.
Nessuna ideologia preconfezionata (Gary già denuncia il tramonto dell’era delle ideologie) né indirizzo politico contemporanei sono in grado di affrontare in profondità l’uno e l’altro problema, tanto più quello dell’ambiente la cui distruzione indiscriminata, sotto l’egida di imperativi economici meramente orientati a un falso concetto di ‘sviluppo’, è oggi ugualmente praticata a ovest e a est e nel mondo intero.
L’importante rilievo della figura di Gary, ben al di là del suo essere indiscusso protagonista della scena letteraria mondiale, è stato sottolineato da Todorov, a cavallo fra vecchio e nuovo millennio, nel suo noto volume, Memoria del male, tentazione del bene. Nell’opera appena citata, dedicata all’analisi del totalitarismo quale «grande innovazione politica» e «male estremo» lasciato in eredità dal XX secolo, Todorov presenta Gary nel novero di quegli scrittori che, pur fortemente segnati in prima persona dalla esperienza del totalitarismo, hanno saputo comunque resistere a quest’ultimo e combatterlo efficacemente da vicino nelle loro opere, non ergendosi mai a «perentori distributori di lezioni», né tanto meno presentandosi come santi o eroi.
Gary si configura in tal senso quale esponente di un atteggiamento generale di pensiero che Todorov definisce «umanesimo critico», prospettiva che, oltre che contro «il male totalitario», egli si augura possa risultare vincitrice nell’era attuale anche contro possibili e pericolose «derive del processo democratico», tenendo fermo al principio che «il futuro resta nelle nostre mani» e dunque è necessario sempre e comunque far perno su un alto senso di responsabilità individuale e collettiva di fronte ai nuovi ‘mali’ che possano stagliarsi all’orizzonte.
A questo punto vale la pena, quale elemento di riflessione attuale, a partire dalla prospettiva di «umanesimo critico» quale possibile risposta contro le degenerazioni della democrazia del presente/futuro, chiedersi se la stagione che stiamo ora vivendo abbia qualcosa a che fare con tale indirizzo teorico-progettuale, tanto più che non passa giorno che i richiami a un ‘nuovo umanesimo’, a un ‘nuovo umanesimo europeo’, alla riproposizione delle radici umaniste della modernità ecc…ecc… vengano fatti risaltare a vari livelli anche da parte di protagonisti, più o meno illustri, delle sfere della politica nostrana o dalla tribuna dei salotti televisivi e dei vari nuovi media.
Ora se appare immediatamente chiara e fuorviante, a chi abbia effettiva conoscenza della complessità del fenomeno storico dell’umanesimo (si veda il volume di Cacciari La mente inquieta. Saggio sull’umanesimo), la non riducibilità a mero afflato anticonflittuale e irenico-armonico della cultura umanistica (nel senso in cui alcuni politici e intellettuali tuttologi dal respiro assai corto la chiamano oggi in causa), sarebbe senza dubbio opportuno, a mio avviso, aprire una discussione seria e storicamente fondata sull’umanesimo, anche a livello di cultura diffusa.
Si potrebbero fare fin da subito due prime importanti scoperte: la prima che l’umanesimo così come si è affermato in Europa non accarezza nessuna vaga prospettiva nostalgica di tempi passati, la cui conoscenza è invece ritenuta utile a pensare e progettare il futuro; la seconda è che coloro che hanno inteso rilanciare con serietà la sfida dell’umanesimo nei tempi a noi cronologicamente più vicini (Gary-Todorov) lo hanno potentemente e specificamente declinato alla luce dei più pressanti e ampi problemi di una politica che occorre saper fondare in modo nuovo, nel senso di scelte responsabili da parte di individui, società e istituzioni.
Dorina Chinni dice
Già, il futuro e’ anche nelle nostre mani e dovremo averlo presente nelle azioni anche semplici, non come assillo, ma come un bel modo di essere e di fare, naturale,spontaneo e ovvio anche quando ci impegna un pò di più.
E umanesimo in pratica, di fronte a scenari diversi e spesso inimmaginati (in passato a volte volutamente svisti), cercando di perfezionare e individuare .
Certamente un impegno immane visto che fra tre ore ci saranno nuovi bisogni, catastrofi e sorprese pesanti.